Cominciamo dalle moine, noi ce le facciamo sempre quando ci incontriamo! Sono veramente contenta di intervistarti. Prima di tutto perchè tu sei non più solo una promessa del noir italiano, ma direi ormai una garanzia. E poi c’è un altro motivo, un po’ egoistico. Tu sai che io so che con te posso sbizzarrirmi nelle domande, vero?
Certo, è questo il bello. Anche per me è sempre un grandissimo piacere incontrarti.
Ormai sei al tuo quinto romanzo. Quali cambiamenti riscontri oggi, nel tuo essere scrittrice, rispetto alla tua prima produzione?
Oggi come ieri mi lascio guidare dall’ispirazione, seguo l’impulso creativo e mi faccio condurre per mano. Non riesco a definire la mia crescita perché è avvenuta in modo naturale. Un seme germogliato e fiorito dentro di me.
Domanda d’obbligo in riferimento sia a “La collezionista di sogni infranti” sia a “La casa di Amelia”: quali sono i ferri del mestiere per riuscire a contaminare un genere come quello della favola di elementi neri?
Forse una grande curiosità che mi spinge a non smettere di cercare elementi fiabeschi nella realtà che mi circonda. Non ho mai nascosto il mio amore per le favole che trovo fortemente intrise di elementi noir. La fiaba della buonanotte, quando ero piccina, rappresentava un momento introspettivo. Mi permetteva di guardarmi dentro e scavare nelle mie paure. Il lupo cattivo, l’orco e il Babau si materializzavano davanti ai miei occhi per poi scomparire come gli spiriti della notte a ogni alba. L’immaginazione mi permette di contaminare i generi, mescolarli per creare un linguaggio misto. Il linguaggio dei sogni?
Ne “La casa di Amelia” hai utilizzato personaggi ed elementi fiabeschi del passato–eroe-aiutante-antagonista-oggetto catapultandoli nell’epoca attuale. Svelaci il tuo procedimento metodologico.
Quando scrivo procedo a visioni: le scene si materializzano con colori, odori e sensazioni, così come la mente vaga da un pensiero all’altro e spesso ci ritroviamo a inseguire avvenimenti passati rimasti appiccicati a un oggetto di uso comune, a un’azione o un luogo. Gli elementi fiabeschi possono ritornare in un romanzo con problematiche estremamente moderne forse perché i mali dell’uomo sono i medesimi e dagli errori non si impara, basta sfogliare un libro di storia per rendersene conto. Anche Amelia, la dolce lolita gotica, è costretta a constatarlo.
La dimensione del suono cupo tiranneggia (e spaventa) il lettore in molte pagine. E poco conta che sia la suoneria inquietante di un cellulare, un tonfo o una voce che sembra giunta dall’oltretomba...
Tutto può diventare melodia. La nenia di un treno sui binari, il canto degli uccelli notturni, anche il tempo che passa ha un suono. Flebile ma insinuante. I miei romanzi hanno tutti una colonna sonora, come la vita. Ogni momento della quotidianità è accompagnato da una canzone, un rumore velato, un suono che ci rincorre. E spesso ogni canzone porta con sé un ricordo, felice o doloroso che sia. La dimensione del suono, a mio avviso, è molto importante per immergere il lettore nella trama. Quando il cellulare di Amelia chiama e parte la tetra sinfonia di Profondo rosso, vorrei che la si sentisse arrivare da lontano. Il suono cupo tiranneggia, è vero, ma ci sono anche dolci melodie ne “La casa di Amelia”. Quando la protagonista è malinconica e pensa al perduto amore, ai rimpianti e alle carezze mai elargite, ritornano le strofe de “Il portiere di notte” di Ruggeri e un universo di poesia la avvolge: ti porterò via, per non lasciarti più, ti porterò nel vento e se possibile più su…
Si può parlare di contaminazioni cinematografiche?
Adoro contaminare i generi, mescolarli, giocare con i differenti linguaggi. Le citazioni cinematografiche sono presenti; dai titoli di vecchie pellicole di genere a visioni come flash visivi impressi sulla carta. Un appassionato può divertirsi a scovarle e ricordare con piacere una scena o un film in particolare. Altrimenti fanno parte del linguaggio, sono note delicate di un’unica sinfonia. A volte capita che lettori attenti ritrovino atmosfere di pellicole che in realtà non ho mai visto. In questi casi mi preoccupo subito di procurarmele; diventa così un grande gioco di immaginazione.
All’inizio del romanzo Amelia è chiusa nella prigione terrifica della sua casa. Sopravvive e si lascia vincere dalle paure. É facile cadere nella tentazione di lasciarsi vivere?
Penso che lasciarsi vivere sia una delle più grandi tentazioni. Quando si è sensibili e si viene colpiti duramente dalla vita può capitare di avvertire dentro un grande desiderio di azzittire ogni cosa. Così fa Amelia: si nasconde dietro rigidi rituali, in una casa affollata dai fantasmi dei ricordi. Inumata in castello di ossessioni, vorrebbe soltanto mettere a tacere le tante voci interiori che la tormentano, ma una nuova voce si intromette aggiungendo tormento. La voce del passato mai sepolto. Che cosa hai fatto, Amelia?
La ricerca come motore. Amelia cerca la verità per dissipare le nebbie del passato. É così importante, la verità?
Come ha detto qualcuno prima di me: puoi cercare di dimenticare il passato, ma è il passato che non si dimentica di te. La ricerca della verità diventa ne “La casa di Amelia” l’unico modo per fare chiarezza e fuggire al tormento interiore. La protagonista deve compiere un viaggio, ripercorrere le tracce degli avvenimenti trascorsi, tornare dove tutto ha avuto inizio per scrivere la parola fine. Il romanzo è un continuo alternarsi di sogni, incubi, ricordi deformati dal senso di colpa e dall’angoscia. Amelia troverà la verità delle illusioni o l’illusione della verità? Lo saprete soltanto alla fine di questa fiaba nera, se avrete voglia di viverla.
Uno dei temi che alimentano il male è l’invidia. Quale frontiera viene superata quando l’invidia sconfina e diventa corrosiva per chi la prova?
La frontiera della distruzione che sfocia in autodistruzione. Odiare a tal punto qualcuno da tornare dal passato per perseguitarlo, è questo che teme Amelia. Invidiare così tanto qualcuno da sacrificare la propria esistenza per rovinare quella della vittima designata. L’invidia è il peggiore dei mali, hai scelto perfettamente l’aggettivo per descriverla: corrosiva.
Ci parli del tuo prossimo progetto?
Da creatura della notte, sono molto superstiziosa. Accennerò solo al fatto che ci saranno antologie Mondadori che contengono miei contributi, di cui una horror con una protagonista molto tenebrosa. E poi c’è un nuovo progetto, che accarezzo sottovoce.
Non potevo lasciarti con una domanda pari. Ecco quindi l’undicesima domanda. Ti chiediamo una pozione magica per un sorriso.
Ripetere davanti allo specchio cinque volte fagiolino, chissà perché, a me fa sorridere sempre.
Per un’intervista generale
rimandiamo il lettore a questo link: rubriche/6555/
Per la recensione di Stefano Di Marino (/libri/7698)
Il booktrailer di La Casa di Amelia di Barbara Baraldi
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