Ettore annuì senza troppa convinzione e quando si girò, il marinaio si era appena allontanato per andare a coricarsi. Continuò il suo giro rinfrescante.
Si capiva che i suoi pensieri erano un fluire continuo di intuizioni, di lampi, di frecce, era palese dal modo in cui, all’improvviso, alzava la testa, sorrideva e roteava gli occhi. Quelli, erano segnali di vittoria, per chi sapeva interpretarli adeguatamente.
Una persona così acuta e sensibile da intravedere quei piccoli motti di soddisfazione, però, non poteva non accorgersi che erano brevi, troppo fugaci per cogliere nel segno il proprio obiettivo. Erano sbandate positive che non riuscivano, nonostante tutto, a concludersi. Ogni ragionamento ne apriva altri, da ogni chiusura tornavano a galla strascichi di questioni irrisolte. La persona comune si spaventa, la persona comune neanche ci prova ad avvicinarsi a tali argomenti. Il genio, invece, ci sguazza dentro, si diverte, perché è abile a procedere a zig zag, perché salta da una congettura all’altra senza troppi fastidi.
Così, come saltavano i suoi pensieri, la sua andatura sembrava procedere ugualmente. Disarticolata, potrebbe essere stato il termine giusto.
Aldo e Nicola lo videro passare, seguendolo con gli occhi mentre si allontanava fra la luce e l’ombra oscillante dal rollio del piroscafo, senza che lui neanche si accorgesse della loro presenza. Non che in loro ci fosse nulla di strano messi li fuori, intenti com’erano a fumare sigarette e a chiacchierare, sembravano normali passeggeri di ritorno da qualche vacanza. Ma non era così, lo stavano aspettando, ma era presto per iniziare il lavoro. C’erano ancora alcune persone in giro per i vari corridoi, troppi occhi e orecchie a intralciare l’operazione. Avrebbero dovuto aspettare appena pochissime ore, il serramanico nel cappotto di Aldo si chiuse di nuovo, undici centimetri di sicurezza suonarono in un metallico clic.
Finsero sbadigli, fin troppo plateali, che dimostrarono le loro poche capacità di discrezione pedinatrice, ma questo non bastò a renderli riconoscibili. Lo tennero a debita distanza per tutto il tragitto fino al corridoio comune, lungo il quale si allineavano simmetricamente gran parte delle cuccette destinate al riposo dei passeggeri. Ettore era già in fondo, vicino all’entrata dei bagni comuni. Entrò.
I due si fermarono per riposare un po’, mentre alcune persone andavano e venivano da dentro le loro cabine. La mano destra di Aldo era sudata, umida e grassoccia, ma la presa era ugualmente salda come una morsa, mentre faceva ticchettare le sue unghie contro il manico del coltello. Il via vai di gente non si fermava, avevano scelto il momento sbagliato per agire, decisero, allora, di sedersi sui divanetti collocati in prossimità del piccolo atrio all’inizio del corridoio. Si sedettero e stettero in silenzio.
Ettore, ancora immerso nei suoi pensieri, si sciacquò la fronte per bene, respirò un po’ di aria salmastra, proveniente dal boccaporto provvidenzialmente lasciato aperto da un inserviente, e si diresse verso la sua cabina. La numero 12, l’ultima del piano.
Non accese la luce per non disturbare il suo compagno di viaggio, che riposava profondamente, e vide che nel sonno il suo atteggiamento era molto genuino, anche mentre compiva una azione sciocca come dormire. Nella penombra Ettore lo osservava mentre tentava di addormentarsi a sua volta. Faticò quella notte, evidentemente qualcosa lo turbava.
Erano le cinque di mattina passate da poco. Aldo e Nicola decisero di agire. Avevano spremuto le loro menti le ultime due ore per pensare come arginare la questione del compagno di cuccetta di Ettore. L’obiettivo era quello di attirare il meno possibile l’attenzione e una imbarcazione non era sicuramente il posto più sicuro per nascondersi una volta scoperti.
Tutto fu semplificato quando sentirono aprire una porta, tirarono un bel sospiro di sollievo quando lo videro uscire dalla stanza di corsa, diretto verso il bagno. Con la mano si teneva la pancia.
«Vai. Dobbiamo sfruttare questo momento. Ora è nostro.»
«Va bene, tu blocca il bagno!»
Nicola si fermò davanti alla porta del bagno, Aldo invece entrò senza fare rumore nella stanza. I due erano sincronizzati alla perfezione.
Ettore era lì, avvolto dalle spesse coperte che lo proteggevano da quel freddo di fine inverno.
Clic. La lama scatto. Aldo non si fece pregare due volte e direzionò il colpo la dove riteneva ci fosse la spina dorsale. La lama affondo facilmente.
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