Salvino Cappalonga è l'autore e il protagonista di Volto di pietra, uno dei primi libri usciti nella collana Gialloteca della casa editrice Flaccovio. L'opera parla di Borgo Maria, piccolo paesino vicino a Palermo e dell'avventura di un gruppo di amici che vengono coinvolti, loro malgrado, in omicidi ed indagini. L'avventura si concluderà con grandi rivelazioni sulla Sicilia e sulla sua storia...

Innanzitutto grazie a Salvino per aver accettato quest’intervista e per la disponibilità dimostrata

Grazie a te e a Thriller Magazine per la recensione pubblicata sul sito.

La prima cosa che mi piacerebbe chiederti riguarda proprio questo. Tu sei un insegnante di matematica, come sei diventato addirittura l'autore e il protagonista di un romanzo giallo?

Sì, sono un tranquillo insegnante di matematica e forse è proprio questo che rende la mia storia degna di essere raccontata. Sono sempre stato un tipo un po’ pigro e non credevo che potesse capitare proprio a me di essere catapultato nell’avventura straordinaria di raccontare ed essere raccontato.

Scrivere procura sensazioni di libertà, creo personaggi che poi vivono di vita propria, faccio accadere le cose e mentre succedono mi accorgo di costruire una mia personale visione del mondo. Poi precipito dentro il racconto e interagisco con le mie creature, mi scopro inadeguato e mi metto nei guai. In Volto di Pietra solo grazie agli amici sono riuscito a cavarmela.

Non vorrei sbilanciarmi troppo, ma alcune indiscrezioni dicono che tu sia riuscito ad arrivare alla pubblicazione grazie all'aiuto di tre tuoi amici che ti hanno dato una mano. Vorresti confermare o smentire e magari parlarci un pochino di loro?

La scrittura può procurare delirio di onnipotenza e io, nel mio piccolo, sento dentro di me una triplice personalità. Ti dirò, le persone che agiscono dentro di me sono molto diverse tra loro e da questa diversità, cementata dall’amicizia, traggono la loro forza creativa al momento dello scrivere. Li sento dibattere a lungo per definire personaggi, situazioni, intrecci, e poi ecco che scocca qualcosa e io scrivo.

E poi c’è stato l’editore, Dario Flaccovio, che non si è preoccupato più di tanto del fatto che Sal Cappalonga fosse un esordiente (dalla personalità dissociata) e totalmente sconosciuto. E così sono arrivato alla pubblicazione.

Mi piacerebbe tornare a un argomento che riguarda il libro, perchè è un tema in esso trattato, anche se non centrale: l'insegnamento. La vicenda narrata coinvolge molti insegnanti e viene inserita nell'ambito scolastico. Mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista sulla situazione scolastica italiana, che sta attraversando un momento particolare ricco di riforme il cui scopo sarebbe quello di migliorarla, ma che danno l'idea di creare molta confusione. Mi rendo conto che sarebbe un argomento lungo e su cui si potrebbe aprire un dibattito, ma credo sia interessante sentire il punto di vista di un insegnante.

È vero, si tratta di un argomento vastissimo. Tutti noi che lavoriamo nella scuola siamo molto preoccupati. Non è, come molta gente crede, la paura di rimettersi in discussione, di reinventarsi il mestiere, a questo siamo abituati già da molti anni. La scuola dei progetti, dell’autonomia, dei curricoli, l’abbiamo già digerita e fatta nostra e non senza sforzo. Adesso le riforme che ci vengono proposte, dietro la facciata di belle parole e buone intenzioni, nascondono soprattutto la volontà precisa di ridurre i finanziamenti, tagliare gli organici, e abbassare il livello della preparazione degli studenti. In posti come Borgo Maria, il tempo totale che un alunno trascorre a scuola è importante, vitale. Invece l’obiettivo nascosto della riforma è quello di abbassare quasi dovunque il monte ore.

Quanti ragazzi di Borgo Maria saranno dirottati a tredici anni verso quell’orrore che una volta si chiamava “avviamento professionale”? Abbiamo lavorato e sudato tanti anni per rendere possibile l’obiettivo di una scuola di massa che dia a tutti le stesse opportunità, che superi le differenze di genere, di status sociale ed economico. Non so proprio che fine farà adesso la scuola pubblica.

A proposito lo sai che la riforma della scuola secondaria abolisce la figura del co(m)presente? Temo proprio che il povero collega Calandra rimarrà senza lavoro.

Torniamo ora alle vicende di Volto di pietra e ai suoi protagonisti. Due di essi sono Pietro e Teresa, che tu reincontri dopo anni, e che involontariamente ti coinvolgono nell'avventura. Quello che mi ha colpito è il rapporto dei due con la Sicilia. Essi vi tornano dopo anni di esilio volontario a Torino ed emerge un rapporto conflittuale con questa terra a cui sono legati, ma che in qualche modo li ha feriti... Non so se tu sei al corrente dei motivi della loro fuga, ma mi piacerebbe sapere come vedi questo rapporto.

Dopo le stragi del ’92 Teresa e Piero hanno creduto che la Sicilia fosse irredimibile e sono andati via senza nostalgia. Tornano per una vacanza e si trovano coinvolti nell’omicidio di una brava persona, Ninì il pescatore. Adesso decidono di non volgere lo sguardo altrove, sentono di dovere qualcosa a questa terra, a Ninì e a tutte le brave persone che soffrono la prepotenza e l’ingiustizia. Io sono loro amico e aiutandoli finalmente mi scuoto dalla passività e dal fatalismo, da Salvino divento Sal.

In un certo senso questo rappresenta le contraddizioni che la Sicilia racchiude in sè e nella sua storia?

La prepotenza e l’ingiustizia, presenti in tutto il mondo, in Sicilia diventano particolarmente odiose perché spesso vestono i panni delle istituzioni che devono combatterle. In queste condizioni il cittadino che fa il suo dovere civico e reclama i suoi diritti diventa un “caso” e a volte un eroe. I miei amici non sono eroi, sono gente comune che una volta tanto si oppone all’idea che una ingiustizia finisca per aggiungersi alle infinite altre che hanno costruito la storia di questa terra.

E tu che rapporto hai con la tua terra?

In quanto personaggio-autore ho, con la mia terra, un rapporto di affetto che mi impegna nell’agire sociale, nel lavoro e nella scrittura. La scrittura non è però a tema, nasce dal desiderio di raccontare con la speranza che sotto l’intreccio si intraveda anche una certa passione civile. Insomma, io sono interamente quello che appaio e non intendo fare prediche al lettore, ne ho il massimo rispetto.

Parliamo ora del signor Tagliaferri, altro protagonista involontario della vicenda. Anche lui è una persona che ha deciso volontariamente di isolarsi dagli altri chiudendosi in una villa per anni. Solo l'incontro con te e i tuoi amici riesce a farlo uscire dal suo guscio, a ritrovare la voglia di vivere con gli altri, insomma anche lui va incontro ad una specie di rinascita.

Le brave persone sono costrette a giocare in difesa, si sentono isolate se vedono le istituzioni in mano ai prepotenti. Però quando tra loro si svelano e si riconoscono, acquistano la sicurezza derivante dall’essere nel giusto e provano a “resistere”, a non accettare con fatalismo l’arroganza e l’ingiustizia.

A proposito di te e del signor Tagliaferri, com'era il ristorante dove siete stati per cena, quello dove lui prenota per due? Tanto lo so che ci siete stati insieme!

Ah, delizioso! A Palermo ci sono ancora delle trattorie dove il cibo è culto e cultura. Tagliaferri è un raffinato, gusta molto e mangia poco, io sono solo una buona forchetta. Se passi da Palermo mi piacerebbe invitarti a gustare gli involtini di tenerumi, piatto rigorosamente vegetariano.

Accetto volentieri l’invito, non è escluso che passi dalla Sicilia questa estate.

Ma tornando a voi due: mi sbilancio troppo se parlo di amicizia?

Vedi, quando si vive una storia straordinaria come quella che mi è capitata, le persone che ti ritrovi accanto sono importanti. Tagliaferri è stato una scoperta per me. All’inizio lo consideravo uno snob, figurati che una delle mie tre personalità voleva ucciderlo…

Poi è scattato qualcosa, forse la consapevolezza che malgrado l’atteggiamento diverso nei confronti della vita, eravamo animati dalla stessa voglia di verità, lo stesso sdegno nei confronti di quello che stava accadendo a Borgo Maria.

A proposito, per me è significativo il fatto che siamo venuti a capo dell’enigma lavorando insieme, in squadra. Certo abbiamo corso dei rischi e forse il fatto di aver capito non ha liberato Borgo Maria dai suoi padroni, ma perlomeno abbiamo agito. È stata una bella sensazione, alla fine, te lo posso garantire.

Caro Salvino, forse per questa volta ho già approfittato troppo della tua disponibilità. Vorrei, per concludere, sapere quali sono ora i tuoi progetti. L'esperienza dell'autore ti è piaciuta? O tornerai a dedicarti ai tuoi alunni?

L’insegnamento è per me una esperienza coinvolgente perché contemporaneamente lavori, conosci i giovani, li vedi crescere e speri di contribuire a rendere il mondo di domani un po’ migliore di quello di oggi. L’attività di scrittura è un angolino nel quale da un lato trova spazio la mia voglia di raccontare e dall’altro mi consente di discutere e riflettere con gli amici che condividono la passione della scrittura. Penso ancora di scrivere se la scrittura continuerà a essere sia un modo di divertire i lettori sia un’occasione in cui le mie tre anime si arricchiscono a vicenda.

E poi… ti farò una confidenza.

Mi sono cacciato di nuovo nei guai o, meglio, sono i guai che sono venuti a cercarmi. Ho tentato di schivarli ma la tentazione della scrittura è potente. Ultimamente un certo deputato di Borgo Maria è caduto in disgrazia e nella sua caduta sta travolgendo alcune persone a me vicine…

Ma questa è un’altra storia. Che noi, tuoi lettori e amici, speriamo di poter presto conoscere, ma mi raccomando, cerca di non cacciarti in troppi guai!