In arrivo la filosofa Isabel Dalhousie…
Questo nuovo personaggio (al posto della precedente Precious Ramotwse ) di Alexander McCall Smith, accennato nel sottotitolo, lo avevo già incontrato in Il club dei filosofi dilettanti e poi ancora in Amici, amanti, cioccolato pubblicati da Guanda rispettivamente nel 2005 e nel 2006.
Praticamente una quarantenne che vive e lavora ad Edimburgo nella Scozia. Laureata in filosofia a Cambridge, dirige una “Rivista di etica applicata” e riesce a risolvere i casi tra un cruciverba e l’altro. L’azione è quasi tutta nella testa della protagonista che ricorda, guarda, osserva, medita, riflette, dubita, tentenna. E poi, magari, passa ai fatti. Intanto è ricca e generosa. Generosa senza farlo sapere agli altri perché “era convinta che non bisognasse mai parlare delle proprie buone azioni”. Addirittura mette i soldi da parte per la sua governante Grace a sua insaputa. Sa che “Se viviamo in un villaggio globale allora i confini della nostra responsabilità sono molto più estesi. La gente che muore di povertà, di malattia, chi subisce ingiustizie: tutti nostri vicini, anche se stiamo all’altro capo del mondo. Era un cambiamento di prospettiva radicale”. ”Il problema, Isabel, è che ti maceri troppo. Prendi a cuore ogni cosa. Devi essere un po’ più dura e lasciar perdere i sensi di colpa di tanto in tanto” le consiglia l’amico Jamie, ex fidanzato di sua nipote del quale si è invaghita. E a proposito della nipote si preoccupa di lei perché incapace di distinguere “gli uomini per bene da quelli da evitare”. Sa perfettamente di riflettere troppo “Ecco, a volte mi sento come quelli che devono controllare dieci volte di avere spento il forno, o che continuano a lavarsi le mani per liberarsi dei germi. Una delle conseguenze dei filosofi è che ci si fa coinvolgere”, ma poi non ne può fare a meno. Ama i concerti, le buone letture, va pazza per i poeti, in particolare per Auden.
In L’uso sapiente delle buone maniere di Alexander McCall Smith, Guanda 2008, che ora recensisco, la ritrovo addirittura con un bambino avuto proprio (udite, udite…) dall’ex fidanzato della nipote (che non l’ha presa tanto bene anche se era stata lei a lasciarlo) e quindi con tutte le incombenze del suo nuovo status di mamma, aiutata (fin troppo) da Grace.
Il nuovo caso che la vede sotto le spoglie di indagatrice parte dalla scoperta di un quadro (vero o falso?) di un autore morto affogato suicida (oppure no…) davanti alla costa di Jura, un piccolo paese di una piccola isola delle Frisone, dove c’è pure la stanza in cui Orwell scrisse “1984”.
Non troverete morte, sangue e violenza in questo libro e dunque, lettori miei, siete avvisati. Lungo il percorso misterioso che riguarda il quadro in questione si muove tutta la realtà della vita di ogni giorno e tutto il mondo sotterraneo della nostra Isabelle: il suo licenziamento come direttrice della rivista, i dubbi sul suo rapporto con Jamie (che poi sono gli stessi che ha il suo fidanzato), il difficile rapporto con la nipote Cat, qualche ostilità verso Grace che sembra volerle prendere il posto di madre. C’è poi il suo lavoro di direttrice che la porta a contatto con articoli del tipo “L’idea di perversione sessuale come strumento d’oppressione”, o “Etica del fingersi gay senza esserlo”, oppure “Le virtù necessarie in tempi difficili” tanto per darvi un’idea (sembrano scelti apposta per farci sorridere…).
Abbondano riflessioni sulla società, sui cambiamenti della città di Edimburgo (e anche sulla Scozia, mi pare), sulle “buone maniere di un tempo” ormai spazzate via, e ancora riflessioni sulla vita, sull’amore, sulla fede, e vengono fuori ad ogni piè sospinto le speranze, i dubbi e le incertezze di Isabel.
Che poi sono le speranze, i dubbi e le incertezze di tutti noi.
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