Un successo a livello internazionale. Centinaia di migliaia di copie vendute. Decine e decine di ristampe. Questo e molto altro è La ragazza che giocava con il fuoco, secondo volume dell'ormai famosa Millennium Trilogy di Stieg Larsson.

Sulla scia del successo di Uomini che odiano le donne, questo secondo episodio, uscito in Italia con Marsilio lo scorso anno, ha raccolto i consensi dei fan dell'autore, prematuramente scomparso nel 2004, e prosegue le avventure di Mikael Blomkvist e Lisbeth Salander, già protagonisti della prima storia.

Questa volta il giornalista Mikael Blomkvist è alle prese con una nuova, scottante, inchiesta, dedicata al traffico di prostituzione e al mercato del sesso, che vede coinvolti politici, poliziotti e uomini in vista nel panorama svedese. Il giornalista che sta seguendo le ricerche viene, però, brutalmente assassinato con la sua compagna: sulla scena del crimine le impronte di Lisbeth Salander, che diventa la principale ricercata per omicidio. Da questo momento prende il via una vera e propria "caccia alla donna" da parte della polizia, di Mikael, che crede nell'innocenza della ragazza, e di una banda di criminali che vuole la sua morte.

Difficile riassumere brevemente le 754 pagine del romanzo, molto difficile, perchè la trama si dipana in un susseguirsi di intrecci e sotto intrecci, di elementi paralleli, flash back e digressioni, che uno dopo l'altro conducono verso la conclusione.

E' facile, d'altra parte, trovare un aggettivo con cui definire, in una sola parola, La ragazza che giocava con il fuoco: troppo. Troppe pagine, troppi personaggi, troppe digressioni, troppi caffè. Nonostante la trama appassionante e godibile, infatti, l'autore non riesce a essere snello e incisivo, penalizzando così la leggerezza del romanzo e non riusciendo a gestire fino in fondo il quadro intricato che ha deciso di creare. Nel complesso perciò la sensazione è quella di un'opera appesantita, a tratti ridondante, che avrebbe sicuramente goduto di uno sfoltimento di circa 300 pagine.

Solo Lisbeth Salander, personaggio complesso e articolato, è il muro portante dell'intera vicenda: le sue sfaccettature, le sue peripezie, i suoi movimenti sullo sfondo di una Svezia che non è il paese perfetto che spesso si crede, regalano spessore a una trama a tratti sfilacciata e ristagnante.

Altri due sono, inoltre, gli elementi a carico di questo romanzo, che inducono a riflettere sul valore complessivo di questa trilogia tanto osannata. Innanzitutto La ragazza che giocava con il fuoco non è un libro che possa essere letto e goduto da chi, per un qualsiasi motivo, non abbia in precedenza seguito le vicende del primo volume. E' vero che il romanzo fa parte di un progetto più complesso e articolato, ma un'opera in quanto tale dovrebbe avere una sua autonomia, che in questo caso è minata da tanti riferimenti, richiami e accenni al primo volume, che purtroppo il breve riassunto delle prime 150 pagine non chiarisce completamente.

Infine l'impressione è che l'autore abbia davvero messo troppa carne al fuoco, episodi appena accennati, richiami senza riscontri, storie cominciate che non trovano uno sfogo. Forse in realtà il progetto è quello di tirare poi tutte le fila con il terzo e ultimo episodio, da poco in libreria, ma la vera grandezza di un autore si riconosce anche nel suo sapersi arginare e sacrificare, se necessario.

Nel complesso, perciò, La ragazza che giocava con il fuoco è sicuramente un buon thriller, che si posiziona nel panorama del genere con una sua dignità letteraria, ma lontano dal capolavoro innovativo e sconvolgente, che potrà essere ricordato, una volta passata l'ondata del successo editoriale.