É un ex picchiatore neofascista e un ex legionario in Africa l’uomo che, negli anni ‘70, scrive questo libro. Dalla sua attività di squadrista lo separano infatti una quindicina d’anni di galera, cui fu condannato per aver ucciso un giovane a Roma, senza motivo, e la consapevolezza di una rinascita ideologica meditata in carcere sugli studi di Marx, Lenin, Gramsci e Foucault. Divenuto docente di sociologia nell’Università di Teramo, Giulio Salierno, deceduto nel 2006, è ricordato anche per aver condotto la lotta contro le istituzioni manicomiali e totali e promosso la riforma del sistema carcerario.

Autobiografia di un picchiatore fascista è un romanzo dedicato a un’umanità nostalgica del fascismo e della parabola repubblichina, a giovani che si invaghiscono delle teorizzazioni di Julius Evola. É la testimonianza diretta di un ragazzo che sceglie di dedicare la propria vita alla violenza politica e all’omicidio ma è anche un manuale pratico e teorico di alto valore storico per gli studi biografici sul neofascismo. Un’esistenza, quella raccontata, segnata dall’adesione incondizionata (e non troppo valutata) al movimento ultrareazionario: secondo la logica dell’occhio per occhio dente per dente rimandata a un principio di vendetta, l’idea fissa del protagonista era uccidere Walter Audisio, nome militare del colonnello Valerio, ovvero colui che, stando alla versione ufficiale, avrebbe ucciso Mussolini a Dongo.

Il libro è stato pubblicato per la prima volta per gli Struzzi Einaudi nel 1976, ed è stato ora rieditato da Minimum Fax, a distanza di più di trent’anni. Per quanto lo si contesti nell’interessantissima prefazione di Sergio Luzzatto, mi sento di dire che quest’operazione editoriale dimostra l’attualità di una questione con cui abbiamo a che fare anche ai giorni nostri: Luzzatto ha ragione quando parla di un tempo perduto, «un tempo in cui le distinzioni valevano ancora». Ma è anche vero che

quando si leggono, tra le righe, affermazioni come: «La violenza è nostro diritto» si approda subito, col pensiero, a certe manifestazioni di violenza gratuita, di aggressività, di sublimazione ideologica che molto spesso si leggono sulle pagine dei nostri quotidiani, quando non s’incontrano direttamente per strada.