Le principali collane da edicola Mondadori hanno preso la sana abitudine di dare più spazio agli autori italiani. Questa volta, per il Giallo, è il turno di Giovanni De Matteo col racconto Logica del dominio, contenuto all’interno del Giallo 2969, dedicato a Richard Powell, col romanzo Via col piombo.
Scritto da un autore solitamente votato alla fantascienza, ma che non disdegna di sconfinare nel noir (come già ampiamente dimostrato con Sezione π², premio Urania 2006; ammesso che, come vedremo fra poco, esista davvero un passaggio di frontiera), il racconto è un feedback letterario alla strage di Castel Volturno del 18 settembre 2008, in cui persero la vita Samuel Kwaku, 26 anni e Alaj Ababa, del Togo; Christopher Adams e Alex Geemes, 28 anni, liberiani, Kwame Yulius Francis, 31 anni, e Eric Yeboah, 25, ghanesi; vittime dell’assurda violenza dei clan campani.
Cosa ti ha spinto a scrivere di camorra? E' stato solo un moto d'indignazione o cos'altro?
Non è di Gomorra che tratta (anche se in una versione intermedia del racconto avevo inserito un riferimento diretto all'opera di Saviano, che si è giustamente trasformata in un fenomeno culturale che non mostra segni di cedimento), ma di Italia, e di quella parte del nostro paese che tu conosci bene quanto me: una terra di nessuno dominata da una logica che è la negazione di ogni diritto civile, diritti sui quali - almeno idealmente - le istituzioni di uno stato democratico sarebbero fondate. Ci sono territori del paese (non più angoli, ormai, come ci è stato fatto credere per qualche tempo, ma settori rilevanti per il loro peso demografico ed economico), in cui l'unico legame della gente del posto con il resto dei suoi concittadini della Reppublica è rappresentato dalle trasmissioni televisive. Quando viene meno l'accesso alla cultura, quando l'informazione che ti piove addosso è solo propaganda monopolizzata dai signori del territorio o filtrata dalla lunga consuetudine a un certo stato di cose, ogni speranza di riscatto si trasforma in un miraggio, una chimera irraggiungibile. È di questo che ho voluto parlare con Logica del dominio.
Andando nello specifico del racconto: secondo te, cosa di questa brutta storia di razzismo e criminalità, (magari fosse solo una brutta storia) non emerge dalla cronaca ufficiale?
Col tempo, grazie alla tenacia e alla serietà di professionisti del settore (oltre ai nomi noti, penso anche e soprattutto al giornalismo d'inchiesta di Giuseppe D'Avanzo), ma anche all'iniziativa di semplici comunità - elettroniche e non - di giovani indignati, la verità è venuta a galla. Ma per tutte le prime fasi delle indagini non dimentico che l'attenzione degli inquirenti era ancora rivolta agli ambienti della criminalità, diluendo quella che è stata a tutti gli effetti una carneficina di gente inerme, una strage di innocenti, nell'ambito di un improbabile regolamento di conti. Si parlava di mala nigeriana quando nessuna delle vittime freddate all'Ob Ob Exotic Fashions di Castel Volturno proveniva dalla Nigeria. Erano tutti lavoratori, qualcuno esiliato politico, come sarebbe stato accertato nel seguito. Ma fino alla settimana dopo la carneficina, non ce ne sono stati nemmeno comunicati i nomi. Come se a morire non fossero stati nemmeno degli uomini. E per tutto questo ancora non ho letto da nessuna parte delle scuse alla memoria delle vittime. L'informazione e la magistratura hanno dimostrato in questo caso tutti i loro limiti e una comune, preoccupante lentezza. Ma non me ne stupisco: sono il riflesso della medesima lentezza alla comprensione dei tempi che cambiano che affligge la media di questo paese. Ecco, in effetti anche in questo Bassitalia non è poi così diversa dal resto dell'Italia. Non più, almeno. Purtroppo, però, invece di un travaso di linfa vitale dalla società all'anti-società, si è assistito al processo inverso. E' il tessuto sociale sempre più disgregato del resto del paese ad assomigliare sempre di più a quello delle terre di nessuno del Sud, che ben si sono prestate nella loro storia all'attecchimento dell'illegalità e della criminalità organizzata.
Dalla fantascienza al nero, andata e ritorno. E fermate intermedie. Nel tuo Sezione Pi-Quadro hai mischiato il noir con la sf. Per questo racconto hai distillato un solo registro? O più semplicemente: tu, scrittore di sf, come ti sei trovato a scrivere una storia puramente criminale?
Da un certo punto di vista, la crime fiction non si distanzia poi molto dalla science fiction. I generi parlano un linguaggio molto vicino e non è un caso che grandi scrittori di SF si siano cimentati nel passato anche nella detective story (pensiamo ad Asimov e Brown), che pietre
miliari della SF siano giocate sui registri del poliziesco (lo straordinario L'uomo disintegrato di Alfred Bester, non a caso apparso in Italia per la prima volta in appendice al Giallo Mondadori, prima ancora che su Urania), e che negli ultimi tempi, diciamo a partire dagli anni '80, le contaminazioni siano diventate ancora più frequenti (pensiamo ad esempio al forte influsso del noir e dell'hard-boiled su tutto il cyberpunk e non solo, da Neuromante in avanti). Inoltre, dal mio punto di vista, la scrittura tende sempre a configurarsi come un procedimento scientifico, e anche questo è un elemento importante che il giallo condivide con la fantascienza. In altre parole, è sempre la lente del genere che ci permette di filtrare il paesaggio esterno, andando a nutrire la nostra visione del reale. Non mi piace ripetermi, ma sono davvero convinto che, in tempi come questi che ci troviamo ad attraversare, la fantascienza ci fornisca gli occhiali giusti per guardare il mondo, il nero le cuffie per ascoltarlo.
Camorra, cronaca, letteratura; un nome sorge spontaneo: Roberto Saviano. Testo libero.
Una cosa che mi ha colpito del destino toccato a Gomorra è la presa di distanza di un certo numero di esponenti del mondo delle lettere, della società civile e addirittura delle istituzioni. Senza fare nomi (i loro volti e le loro firme campeggiano sulle pagine dei giornali), c'è chi si lamenta per l'immagine che il libro offre dell'Italia all'estero, chi lo valuta come atto di denuncia senza alcun rilievo letterario, chi soltanto come una macchina economica che ha fatto la fortuna del suo autore. Queste reazioni, che ormai hanno coperto tutto il periodo dall'uscita del libro a oggi, mi sorprendono perché non si discostano poi molto - nemmeno nei modi e nella for ma - da quelle formulate dai ragazzi per le strade di Casal di Principe o di Aversa. Mi stupiscono perché testimoniano dello stato in cui versa la coscienza civile dell'Italia, che è il frutto di nient'altro che della percezione del mondo dei suoi cittadini. Una percezione distorta da anni e anni di indifferenza, pessima amministrazione pubblica, consuetudine al malaffare. Personalmente, non mi trovo nemmeno poi tanto d'accordo con chi considera il libro un punto di rottura nella letteratura italiana. Ma se fosse per me lo farei adottare come libro di testo nelle scuole medie
non solo di Bassitalia. Se una via verso il riscatto esiste, non può che prescindere dalla sconfitta dell'ignoranza. E per questo, come già ho fatto altrove [Sezione Pi-Quadro, NdR], ringrazio Saviano.
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