Parliamo in termini di shining. Da cosa è stato colpito, Andrea Cotti, per volerti, di nome e di carattere, protagonista di due suoi romanzi (“Un gioco da ragazze”, Colorado Noir e “L’ora blu” scritto a due mani con Gianfranco Nerozzi, Aliberti)?
Spero inizialmente dalla mia professionalità e, successivamente, dal mio essere, diciamo me stesso, sempre. L’incontro avvenne qualche anno fa in occasione di “Palla lunga e Pedalò” un manifestazione sportivo- letteraria che si svolgeva a Cesenatico. Io ero stato chiamato da Paola e Silvia, le organizzatrici, e dopo avere ottenuto tutte le autorizzazioni mi presentai nella mia qualità di Ispettore della Polizia Scientifica. Si trattava di un gioco, con protagonista il pubblico, che vedeva interessati, oltre ad Andrea Cotti, anche Carlo Lucarelli e Maurizio Matrone. La mia attività consisteva nel descrivere, con l’ausilio di comparse, il mio vero lavoro per far sì che i concorrenti potessero, con le loro domande, sentirsi degli “investigatori perfetti”.
Andrea, per la verità, ama ricordare che durante un pranzo, mentre osservavo un bicchiere di cristallo in controluce, io abbia esclamato “ che bella impronta…!”. Ecco in quel preciso istante credo che sia scattata, per Cotti, la scintilla.
Ancora shining. Quali devono essere le qualità di un poliziotto e quale il suo shining, la sua energia, la sua luccicanza?
La prima qualità che un poliziotto deve avere è una capacità di osservare non disgiunta dall’onestà. Non sempre chi svolge la mansione di poliziotto lo fa per convinzione assoluta, in tanti imparano ad amare questo lavoro un po’ alla volta, con il passare dei giorni. L’energia e la voglia di fare prendono il sopravvento se ci sono delle motivazioni forti e se al tuo fianco ci sono dei “capi” che ti sanno valorizzare. Insomma, se non ci si sente soltanto un numero non si ha paura di niente, ed ecco che l’energia non viene a mancare.
Quanto dell’ispettore capo della Polizia di Stato e del dirigente della Scientifica di Forlì confluisce nel Carmelo Pecora scrittore? C’è qualcosa del poliziotto che vorresti tenere fuori dalla pagina ma-nonostante questo- vi s’intrufola contro la tua volontà?
In questa prima fase, di quella che sta diventando una passione sempre più forte, c’è tantissimo del poliziotto Pecora, del resto per 30 anni ho fatto il tutore dell’ordine, solo il caso e gli amici con la loro insistenza mi hanno fatto scoprire questo mondo straordinario. Non so se voglio veramente tener fuori dalle mie pagine quello che sono realmente, anche perché, so per certo, che il più delle volte le mie idee non collimano con quelle della maggior parte dei poliziotti ed è per questo che voglio far capire a chi mi legge e mi ascolta, che in seno alla polizia ci sono tante persone “normali” che vivono i problemi quotidiani come qualsiasi cittadino, e che non tutti i poliziotti sono come quelli descritti, per esempio a Genova, durante quelle tragiche giornate. Bisogna far capire, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che tra i poliziotti ce ne sono tantissimi che si indignano per certi comportamenti.
Qual è la grande differenza tra l’investigatore reale e quelli che pullulano in televisione o al cinema?
Quelli che non sbagliano mai che sono sempre belli e perfetti, prima, durante e dopo ogni intervento? Che solo a guardare un capello o una macchia di sangue scoprono i colpevoli senza la necessità di indagare? Io conosco tanti colleghi che, con dedizione, si impegnano quotidianamente sacrificando gli affetti familiari e a volte non gli vengono attribuiti nemmeno i giusti meriti. Altro che ambienti patinati e confortevoli…Vi faccio degli esempi: dopo un qualunque sopralluogo di polizia scientifica la polverina che noi spargiamo per rilevare le impronte latenti rimane addosso per molte ore,(non sempre si utilizzano le tutine bianche), quando noi andiamo in mezzo al fango ci sporchiamo veramente, le nostre autovetture non sempre sono efficienti, i materiali a volte scarseggiano. Insomma, siamo persone normali, come dicevo prima, ecco la differenza principale tra noi e quelli che vediamo rappresentati. Però devo anche ammettere, anche se da telespettatore distratto, che alcune serie televisive si avvicinano abbastanza alla realtà.
Durante la tua carriera in Polizia, quali sono stati i momenti più difficili e quali, invece, quelli più gratificanti, quelli che ti hanno confermato che sì, ne valeva la pena dedicarle una parte importante della tua vita?
I momenti più difficili paradossalmente li ho vissuti quando ad avere la peggio sono stati altri colleghi. Come dimenticare i tanti attentati e le tante vittime che ci sono stati in 30 anni? Alcuni anche conoscenti. Come posso dimenticare le lacrime versate già all’inizio della mia carriera per gli attentati subiti quotidianamente dai miei colleghi e come fare a dimenticare uomini come Falcone e Borsellino, trucidati insieme alle loro scorte? Quei momenti non si possono cancellare, e sono stati proprio momenti come quelli che mi hanno permesso di continuare il mio lavoro con passione.
Poi invece, da poliziotto maturo, arrivano i fatti del G8 di Genova che mettono a dura prova le mie convinzioni, il mio essere stato in prima linea per la smilitarizzazione, per la sindacalizzazione e, diciamo pure, per rendere più democratica la vita al nostro interno. Ci stai male ma ti auguri che sia stata solo una brutta parentesi e continui, proprio per far si che fatti come quelli non possano più verificarsi.
“9 maggio ‘78. Il giorno che assassinarono Aldo Moro e Peppino Impastato” (ed. ZONA), ha vinto il Premio speciale Costa d’Amalfi ed è stato trasposto in un reading spettacolo, “L’urlo di maggio”. Risolvimi un dilemma. Perchè, nonostante il disinteresse conclamato verso la nostra storia più recente, quando escono libri che affrontano tematiche così importanti, riscuotono un grande successo, come se il pubblico fosse proprio lì lì ad aspettarli?
Non so se riesco a risolvere il tuo dilemma, ma spero che la risposta sia: grazie alla voglia di conoscenza. Da quando ho l’opportunità di incontrare delle persone, mi accorgo che si conosce poco della nostra storia recente, mi sono chiesto anch’io perché ci si ostini a non parlarne compiutamente, è come se si avesse chissà quale vergogna. Soprattutto quando incontro i giovani vedo la loro assoluta mancanza di notizie su quello che è stato un periodo cruciale per la vita di tutti noi.
La risposta che mi sono dato è che nel nostro Paese si ha la tendenza a far dimenticare i fatti salienti che hanno contraddistinto il nostro recente passato. Non sta a me indicare a chi o a cosa attribuire la colpa di tutto ciò. O se una colpa c’è. Poi però non ci deve meravigliare se arriva un revisionista qualunque che, approfittando di questa assenza di notizie, tenta di capovolgere gli avvenimenti della nostra storia.
Dallo stesso romanzo, “9 maggio ‘78. Il giorno che assassinarono Aldo Moro e Peppino Impastato”, emerge un pensiero univoco per due omicidi -quello di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana e quello di un giovane militante di sinistra e speaker radiofonico di Cinisi, Peppino Impastato- di due persone di estrazione ideologica differente. L’elemento coraggioso è proprio la tua capacità di travalicare le etichette per leggere la vicenda umana nella sua complessità etica. Ci racconti come è sorta l’idea di questo nesso tra i due omicidi?
Intanto l’idea di scrivere questo racconto è nata dal fatto che io, come spiego nel libro, ero stato uno dei primi poliziotti in divisa ad arrivare in Via Caetani, luogo del rinvenimento del cadavere dell’Onorevole Aldo Moro. La storia dal mio punto di vista era semplice, bastava ricordare. Da Siciliano, sapevo che quel giorno non era noto soltanto per l’uccisione di quella personalità politica, ma che, quel 9 maggio a Cinisi, anche Peppino Impastato era stato trucidato dalla mafia. Mi sono documentato fino al punto di immedesimarmi nella sofferenza di questi due personaggi e così quasi spontaneamente è nato il libro. Mi ha colpito soprattutto il coraggio di entrambi, certo su posizioni diametralmente opposte. Insomma il coraggio di battersi per le proprie idee che ritengo ancora fondamentale nella vita di una persona onesta.
Nell’antologia “La legge dei figli” (ed. meridianoZero), cui hai partecipato con un racconto insieme ad altri autori, siete partiti dagli articoli della Costituzione per dimostrare quanto l’ottemperanza alla stessa non sia più scontata. Ritieni che questa mancanza di rispetto verso ciò che sta alla base della nostra democrazia sia un processo portato avanti in maniera subdola o palese? La gente comune protesta o è rassegnata?
Anche in questo caso la mancanza di conoscenza è alla base di tutto. Quanti di noi conoscono la Carta Costituzionale, quanti di noi sanno che all’interno di quegli articoli c’è la base della convivenza civile di un popolo? Pochi, questo è il dramma. Quegli articoli poi sono quotidianamente disattesi e, a volte, i primi a non osservarli sono proprio coloro che le leggi le fanno o che devono farle rispettare, così i cittadini si sentono quasi autorizzati ad un comportamento che non abbia più come base comune il rispetto. Vedo in giro, purtroppo, molta rassegnazione, non dispero però in uno scatto d’orgoglio.
Quando trovi il tempo per scrivere? Raccontaci una tua giornata-tipo.
Generalmente il pomeriggio e poi sera tardi, qualche volta impegno qualche ora notturna, ai miei ricordi.La mia giornata tipo forse può apparire noiosa, se tutto procede senza intoppi e senza che succedano fatti di particolare gravità, la mia giornata lavorativa inizia alle otto e si conclude alle 14. Ma, se come dicevo ci sono avvenimenti importanti, bisogna intervenire ed in questo caso non si hanno orari.
Nel pomeriggio il più delle volte faccio compagnia a mia moglie Alessandra che gestisce una edicola, un lavoro molto impegnativo. Ho sempre con me il computer portatile e nei momenti tranquilli riesco ad estraniarmi e scrivere anche lì. Anche se l’età avanza, non mi voglio arrendere all’evidenza e due volte a settimana sono impegnato in campionati di calcio e calcetto, con i miei amici. Vedo sempre meno TV e questo ritengo sia uno dei lati positivi di questa mia nuova passione.
Ci parli del tuo prossimo progetto?
Il prossimo progetto, sulla falsariga di 9 maggio racconterà un tragico avvenimento del nostro paese. Diciamo la giusta prosecuzione della mia vita di poliziotto e ancora un libro per aiutare a non dimenticare…
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