1°)
« Me la vedo brutta. »
Nelle vicinanze, il piccolo Stephen. Ignaro di quanto stesse accadendo; nondimeno (anzi, proprio per questo) terrorizzato. Il figlio di Giocasta, sempre in agguato, urlava dentro il piccolo essere, essendo questi incapace di elaborare il lutto conseguente la perdita della madre.
Solo immaginata. Frutto immaturo del connubio fra un talento naturale a fantasticare orrori, e una frase ambigua, male interpretata.
Marca il subconscio.
In realtà, la genitrice stava semplicemente camminando su uno specchio.
2°)
« Babbo, com’è cattiva, la mamma… » lamentò il piccolo Stephen.
« Zitto e mangia. » replicò brusco, mister King.
3°)
« Babbo, com’è bianca, la mamma… » constatò il piccolo Stephen, preoccupato.
« Zitto e scava. » invitò mister King, risentito.
4°)
« Babbo, perché mi addobbi l’albero di Natale per ferragosto? » chiese il piccolo Stephen, giustamente incuriosito.
« Perché a Natale non arrivi: hai il cancro. » informò, riluttante, mister King.
(Diagnosi rilasciata al padre di Stephen da medico accorto, che aveva intuito le potenzialità “letterarie” del pargolo. Il clinico sperava che, nel tentativo di risparmiare al medesimo i dolori di una morte terribile, il genitore ricorresse all’eutanasia immediata. Successive diagnosi rivelarono che il piscialletto era sano come un pesce. Purtroppo: opinione dell’Autore del presente delirio, che odia l’horror in quasi tutte le sue declinazioni. Fa eccezione per il divino Cavallo Vapore – H.P. – Lovecraft).
5°)
« Stephen, » ordinò al figlio l’indolente mister King « vai a prendermi il materiale per lucidare i metalli, e tira giù dallo scaffale la coppa che ho vinto al torneo di scientific big broom (Nota del traduttore squinternato: scopone scientifico). Si sta ossidando. »
Compiere la prima parte della missione, fu semplice.
Per raggiungere il trofeo, fu necessaria la scala. Giunto all’ultimo gradino, il piccolo si accorse che, allungando un braccio, a malapena giungeva a toccare il pesante oggetto. Si alzò sulle punte dei piedi, lo afferrò, ma gli sfuggì e gli cadde in testa…
Esperienza che fu utile alla sua carriera prossima ventura di scrittore.
Aveva imparato che le coppe dei padri ricadono sui figli.
6°)
(Segnato dalle esperienze – vedi sopra)
« Ho pensato » informò la maestrina con la penna rossa (l’inalberava per ricordare a tutti le sue discendenze Sioux: suo nonno era Toro Seduto, sua nonna Vacca Sdraiata, suo padre Vitello in Ginocchioni. Madre WASP) « che dovremmo raccogliere una somma di denaro da devolvere in beneficenza. Potremmo inviarla alle Autorità preposte, per aiutare i bambini pidocchiosi di Stalingrado… »
Gli scolaretti, piccoli pidocchi rivestiti americani, mentalmente agitarono le loro testoline bionde: “Manco pa’ a’ capa” (frase idiomatica imparata da alcuni coetanei, i cui genitori erano nati in Italia, a sud del Garigliano); “rinunciare alle nostre paghette?”
« … non pretendo » proseguì la docente (“I know my chicken”) « che ale… ali… » (intendeva usare il termine forbito: “alieniate”; purtroppo, allappa la lingua) « cacciate i vostri soldi. Basterebbe che raccoglieste del metallo, che potremmo vendere ad un robivecchi… »
Orgoglioso per il contributo che si accingeva a dare alla causa, il giorno successivo il piccolo Stephen giunse a scuola trascinandosi dietro un polmone d’acciaio.
« Dove lo hai trovato? » gli chiese l’insegnante, esterrefatta.
« Era a casa. È del nonno. »
« E lui, cosa ha detto, quando lo hai preso? »
« Argrrrrrr…. »
Alberto Eva nasce a Firenze nel 1940. Anno che, in una autobiografia di qualche anno fa, così definisce: "... bisestile: preannuncia sciagure. Infatti: l'Italia si imbarca nella solita sciagurata guerra". Tralasciamo per mancanza di spazio il resto: dieci righe di puro umorismo e di umanissima satira. Aggiungiamo solamente che Eva (cognome "primigenio"!) è dal 1978 uno dei protagonisti della rinascita del giallo italiano: anno, il 1978, in cui vinse il Gran Giallo Città di Cattolica col romanzo Ve lo assicuro io (pubblicato nel 1980 nel Giallo Mondadori). Seguono Per così poco..., 2000; La sentenza, 2002; e Citofonare Daniela o Cecilia, 2003, scritto insieme a Linda di Martino. Numerosi racconti pubblicati in raccolte collettive, alcuni premiati. In uscita, pubblicato da Del Bucchia Editore, un suo romanzo inedito.
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