Il sottotitolo di questo romanzo breve di Massimo Carlotto è "un noir mediterraneo". Non ci sarebbe niente di strano, il noir mediterraneo è una sensibilità che attraversa ampiamente tutti gli scrittori dei paesi che si affacciano su questo mare (tanto che in Sardegna esiste un festival dedicato proprio a loro). L'aspetto inconsueto di Cristiani di Allah è però che la vicenda è ambientata nel 16° secolo. Un efficace affresco storico (a tratti alienante, come del resto nelle migliori opere di Valerio Evangelisti, in cui la diversità di una cultura antica è almeno tanto "aliena" ai nostri occhi quanto quella di una società di un altro pianeta) che però riesce contemporaneamente a essere moderno, anzi, attuale, e soprattutto molto credibile.
I "Cristiani di Allah" del titolo sono i vari rinnegati che dal mondo cristiano sono passati a quello mussulmano, talvolta per fede, più spesso per convenienza o per costrizione. Il romanzo in particolare segue la vicenda di due corsarsi ex lanzichenecchi, che condividono anche l'essere amanti: tre volte rinegati, dunque, in quanto apostati, pirati e omosessuali. La loro storia personale, molto umana e toccante, si intreccia con eventi più grandi di loro, dall'assedio della flotta di Carlo V ad Algeri ai giochi di potere della Sublime Porta, dallo scontro di fazioni all'interno della città alle feroci usanze schiavistiche in voga a quei tempi. Ne emerge un quadro sconvolgente eppure poetico, un ritratto a tinte nette che davvero non sembra un romanzo in costume quanto piuttosto un noir vero e proprio, in cui la criminalità organizzata è intrecciata inestricabilmente alla società e attecchisce fino nell'animo dei personaggi.
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