Marco odiava la sua vicina. Sì, la odiava. Ora ne era certo. Tutti gli sforzi per reprimere questo sentimento, per nasconderlo a se stesso, non avevano fatto altro che renderlo palese. Odiava la sua

vicina. E tutto quello che la riguardava, lontanamente o no.

L'odio tra loro regnava da tempo immemorabile: da un paio di generazioni almeno. Ogni figlio, ogni figlia portava dentro di sé e trasmetteva ai nuovi nati tutte le imprecazioni e le maledizioni che

aveva conosciuto fin da subito e con i quali ormai aveva imparato a convivere, come un modo automatico di pensare, quasi naturale.

I bisnonni si odiavano, i nonni si odiavano per via dell'odio tra i rispettivi genitori; e così di seguito fino alla generazione di Marco e della sua vicina. E anche Marco non faceva eccezione: pure lui

aveva conosciuto fin da bambino l'odio di chi era venuto prima di lui, le maledizioni, gli auguri di una rapida dipartita, serena e silenziosa, che portasse finalmente la pace nelle vite di tutti.

Purtroppo, come tutti, anche Marco aveva dovuto fare i conti con l'amarezza: perché si era sempre trovato di fronte l'irrealizzabilità dei suoi sogni, la vanità delle sue speranze, la fallibilità dei suoi

tentativi di stare finalmente bene.

Fino a quando...

Marco si era come sentito che sarebbe stata una giornata nuova: una strana serenità lo pervadeva, gli rendeva limpida la mente. Si sentiva riposato, come non lo era stato da tanto tempo ormai.

Con una certa allegria, molto bizzarra, uscì di casa e si recò al lavoro. Nella sua strada incrociò la vicina. Giornata rovinata.

Nessuno sguardo tra di loro, nessuna occhiata, anche distratta. Marco tirò avanti facendo appello a tutti i suoi sforzi. Ora la vicina era dietro di lui. Non la vide più. Sospirò di felicità. Sorrise.

A un certo momento un tonfo. Si voltò di scatto. La sorpresa lo fece arretrare di un passo.

La sua vicina era a terra e si tastava il cuore con aria dolorante. Si contorceva leggermente, in mezzo alla via.

Marco rimase assolutamente immobile.

Mille pensieri gli turbinarono nella testa. La sua vicina stesa a terra. Un colpo al cuore. Ne aveva già sofferto altre volte. La via deserta. Nessuno con lei. Nessuno nella via, nessuno in casa.

Anche se fosse riuscita a raggiungerla, nessuno l'avrebbe aiutata.

Un vero colpo di genio, lasciarla sola con quella spada di Damocle sul suo capo. Ora la spada l'aveva colpita. E c'era solo lui con lei.

Solo lui.

La vicina era stremata, respirava a fatica. Doveva correre all'ospedale. Altrimenti...

Altrimenti...

Marco sorrise. Finalmente le maledizioni avevano funzionato.

Finalmente i suoi sogni si erano realizzati. Finalmente avrebbe regnato la pace.

Ma una morsa al cuore lo stringeva a sé. Era una vita umana. Era una persona. Non poteva lasciarla al proprio destino. Aveva il dovere di salvarla.

Marco scosse la testa, esitò, tremò, scosse di nuovo la testa, guardò in alto verso le nuvole, a lungo, e sospirò di nuovo.

Chiamò l'ambulanza, poi riattaccò con un altro sospiro. I minuti passavano e non si vedeva nessuno. Le strade erano assolutamente deserte e silenziose. Non si udiva nemmeno l'eco lontana di una sirena.

Finalmente la vicina smise di respirare. La mano si pose immobile sul cuore, l'altro braccio ricadde pesantemente sulla strada. Era morta.

Erano trascorsi ventisei minuti da quando Marco aveva chiamato l'ambulanza.

“Oh, che sciocco!” esclamò come se la vicina lo ascoltasse. “Mi sa che ho sbagliato a dire il nome della via! Ho spedito l'ambulanza da un'altra parte!”

Rise, rise come non mai, e continuò a ridere fin quando non raggiunse il suo ufficio. Il lavoro di quella mattina fu assolutamente il più divertente che avesse mai svolto.

Quando si venne a conoscenza del suo errore, lo si attribuì a una perdita di razionalità, a una mancanza di lucidità come capita sempre in avvenimenti di quel genere.

Era tutta colpa di un errore umano.

“Cosa non fanno il dolore e la disperazione” commentò un cronista locale narrando l'episodio.

Alessandro Maxia è nato a Cagliari nel 1987. È appassionato da sempre di lettura e scrittura. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati da giornali locali. Unica sua convinzione: migliorare sempre, perché c'è ancora molto da fare.