Diavolo d'un Pigozzi!
Ecco a voi Rosso come il sangue di Stefano Pigozzi, Mondadori 2008. Avevo promesso che avrei letto il suo libro come riparazione al mio sbaglio sulla fotografia in copertina (mi sembrava che fosse lui) e mantengo la promessa. Uomo d'onore sogno. Pur essendo un amante di gialli meno forti. Ma è bene nella vita essere curiosi di tutto e di tutti come ho insegnato ai miei ragazzi per quaranta anni filati. E questo vale anche per me. La copertina, mi dispiace, ma anche senza la faccia di Pigozzi, mi pare bruttina. Questione di gusti. Inizio allucinante e martellante con quel Lollo Lollo Lollo che lo avrei strozzato. E infatti fa una brutta fine. Poi piano piano la storia si dipana mettendo in luce gli intrecci ed agganci che uniscono i vari filoni che hanno come protagonisti principali Angelo Schwarz (agente speciale della DIGOS), Anna Ascari (avvocato) e Aleksej Dutrinov (gangster della mafia russa). Con tutto il carico di violenza e brutalità, di inganno, furbizia, raggiro, diffidenza e via di seguito che caratterizza il "genere". E lo spicchio di luce umana di Zoya (e non vi dico chi è) a gettare un può di sentimento buono in questo covo di serpi. Accanto a questa situazione "personale" ce ne sono anche altre collocate in qua e là al momento giusto per attenuare e ammorbidire i momenti più duri e feroci. Con scambi passato-presente che illuminano e rendono più complesse e più vere le varie personalità. E con la tendenza al dolore e alla sofferenza che ritrovo anche nel cosiddetto giallo, noir e thriller. La sfiga va di moda e ci ho anche scritto un pezzo per quanto riguarda le donne poliziotto. D'altra parte il lettore si sente in parte rassicurato se trova uno più sfigato di lui. Qui abbiamo anche il cancro che divora, matrimoni saltati, la sindrome di Down e insomma un bel fardello di problemi. La trama si snoda attraverso rapimento su rapimento, tradimento su tradimento, piani cambiati allìultimo minuto, ancora morti, violenza e sparatorie con Zoya al centro del terremoto. Atto finale a Mosca e Angelo Schwarz che se la vede brutta. Risparmiate le solite scene di sesso con qualche spunto in qua e là tanto per ricordarci che esiste anche quello. Io, da lettore inaffidabile per questo tipo di romanzi, un po' di ridondanza (stilistica e di contenuto) ce la trovo. Alla fine mi risulta un po' stancante. Migliore risultato con cinquanta pagine di meno. Ma capisco che si possa dire esattamente l'opposto.
Perfetto (o quasi) invece il racconto Il sorriso del Diablo a dimostrazione, sempre e solo per me, che la rabbia e la violenza vadano contenute in uno spazio più ristretto. Detto questo un complimento all'autore non glielo toglie nessuno.
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