Segno distintivo della prosa pirotecnica di Kurt Vonnegut è l'ondeggiare tra i recessi della memoria in un modo che, oggi, definiremmo ipertestuale. Se nel suo capolavoro Mattatoio n. 5 la cosa era giustificata da elementi della trama (l'improbabile contatto con alieni quadridimensionali in grado di sovvertire la percezione del proprio tempo personale), in Un pezzo da galera l'espediente è perfettamente integrato nell'avvolgente racconto delle memorie di una vita. Il romanzo è del 1979 e la vita è quella di Walter F. Starbuck, maldestro omino laureatosi ad Harvard che non ha altra ambizione nella vita se non quella di essere un anonimo ingranaggio del sistema statale. Così sarà, infatti, per la maggior parte della sua vita, finché lo scandalo Watergate non travolgerà anche lui, ultima ruota del carro ma non per questo meno colpevole, e gli farà scontare molti anni di galera. Sarà dunque questa la fine del sogno americano? Be', ma certo che no, dannazione. Per una serie incredibile di coincidenze Starbuck entrerà infatti nella RAMJAC, colossale trust imprenditoriale più volte adombrato nel corso della storia e che solo nel finale rivelerà tutti i suoi misteri.

Su questa trama tutto sommato molto semplice, Vonnegut costruisce una biografia talmente realistica che si stenta a non crederla vera. Ci sono, indubbiamente, elementi più o meno autobiografici (e chi conosce Vonnegut non potrà non notarli), nonché richiami alla storia ufficiale, come appunto il caso Watergate: il risultato finale è comunque quello di un mosaico che mescola alla perfezione il reale e l'immaginato.

L'interesse, più che sugli eventi in sé, è centrato soprattutto sui personaggi e sulle storie che questi hanno da raccontare. Si diceva all'inizio dell'ipertestualità: Un pezzo da galera è anche un festoso buffet di generi letterari, dove i diversi intarsi presenti nel romanzo spaziano dalla cronaca documentaristica del caso di Sacco e Vanzetti ai racconti di fantascienza dell'alter ego di Vonnegut, l'onnipresente Kilgore Trout; dalle storie di guerra durante il secondo conflitto mondiale e il processo di Norimberga fino alle stralunate storie d'amore con le uniche quattro donne che Starbuck abbia mai amato. Appare palese come Vonnegut adori prendere il largo a ogni passo e raccontare con la sua prosa esuberante gli aneddoti, le storie parallele e gli incredibili recessi nascosti della vita di ogni giorno, tutte situazioni spesso grondanti di humour nero, descritte in tono beffardo e senza far mai mancare una solenne sferzata ai potenti di ogni tempo e paese.

Un'opera insomma affascinante e avvolgente, che nel momento stesso in cui strappa un sorriso al lettore riesce anche a inquietarlo sottilmente e a porgli il fatale dubbio: e se il sogno americano che ci hanno sempre raccontato fosse davvero così?