Volto di pietra è il primo romanzo di Sal Cappalonga, uno pseudonimo che in realtà nasconde tre autori, due professori ed un musicista, alla prima esperienza editoriale.

Salvino è uno dei personaggi del romanzo, che come prima prova degli autori lascia assolutamente ben sperare.

Ancora una volta, la Flaccovio, scommette su un libro originale e divertente, che nasce da un’esperienza particolare e nasconde molti lati misteriosi. E direi che, ancora una volta, la casa editrice vince la scommessa.

Siamo nel mese di settembre a Palermo, una coppia di ex insegnati sta per concludere le proprie vacanze nella propria città di origine, da cui è emigrata dieci anni prima.

Alla vigilia della partenza, però, durante la festa dei santi patroni, Teresa e Piero, questi i loro nomi, si trovano involontariamente coinvolti in una serie di fatti di sangue che li costringe a prolungare le vacanze e a riprendere i contatti con un passato che avrebbero voluto cancellare.

Comincia così un susseguirsi di eventi che portano all’uccisione di un cane, di un vecchio pescatore, di un preside e di due piccoli malviventi, eventi collegati tra loro da un sottile filo di mistero.

Teresa e Piero indagano sulla vicenda, aiutati dal vecchio amico Salvino, da Saverio Tagliaferri, personaggio dalla vita misteriosa e dalle strane abitudini, che si rivela un importante collaboratore.

I due riescono così a ricostruire una vicenda intricata che lega l’America e l’antico popolo degli etruschi, gli interessi di un politico corrotto e la storia…

L’aspetto veramente positivo di questo romanzo è il grande quadro d’insieme che gli autori riescono a dare della vicenda. I tasselli vanno a comporsi in un quadro sempre più grande, inseriti in una Sicilia folkloristica e misteriosa. Non spicca un vero e proprio protagonista dell’opera, ma i personaggi lavorano in squadra, rivestendo ciascuno una posizione di rilievo e creando un legame di complicità e amicizia molto particolare.

Un aspetto originale è anche quello che riguarda le forze di polizia. A differenza di molti romanzi di questo genere, il cui protagonista è un commissario, qui le forze dell’ordine hanno un ruolo estremamente marginale. Il commissario Alaimo, anzi, risulta un personaggio piuttosto ottuso, incompetente e antipatico. Egli è comunque usato dagli autori per creare alcune scene umoristiche e divertenti legate al suo cattivo carattere.

L’unica nota di demerito al romanzo è come in alcuni punti si senta la leggera differenza di stile nella scrittura. Forse si tratta più di una sensazione che di un vero e proprio dato di fatto, ma soprattutto nella prima parte del libro, si nota in alcuni punti un distacco stilistico e ritmico, che interrompe il fluire della vicenda.In generale, comunque, il romanzo è sicuramente una valida prova per tre autori esordienti e forse, in futuro, i lettori vorrebbero leggere una nuova avventura di Salvino Cappalonga.