È strano trovarsi a cominciare una recensione, dopo averne cominciate tante, ed essere in difficoltà nel definire un romanzo. Eppure è proprio quello che succede con Milano è un'arma di Francesco Gallone. Perché? Perché questo romanzo, opera prima di un giovane autore milanese, è una sorpresa.
Nulla è quello che ci si aspetta: Cristiano Camporosso non è un valoroso difensore della legge, l'incendio del centro sociale Kontenitore non è l'inizio di un'indagine da giallo, i buoni non sono integerrimi eroi e i cattivi non sono malviventi incalliti.
Tutto è altro, si svela tra le pagine, sopra le righe, tra le vicende dei protagonisti, capitolo dopo capitolo, ora dopo ora. E dopo aver voltato l'ultima pagina ci si chiede che cosa si sia letto.
Un giallo? Certo, ci sono un crimine, due morti, un poliziotto. Un noir? Sicuro, dominano i toni scuri, le indagini interiori, l'irrequietezza dell'animo. Un thriller? L'azione non manca.
Milano è un'arma, in realtà è tutto questo, ma anche molto altro. Agli elementi più classici dei generi cari a queste pagine, si aggiungono molte altre sfumature. L'autore è abile nel plasmare, unire, osare, spingere ed esagerare, creando un mondo sopra le righe, fortemente legato a una dura realtà, ma allo stesso così esasperato da divenire surreale.
Risultato? Un effetto straniante nel lettore, che si trova sempre spiazzato, stupito, incredulo, in una continua conferma del detto "le apparenze ingannano".
E sopra tutto Milano. Una Milano bella, affascinante, spregiudicata. La vera, indiscussa protagonista femminile del romanzo. Una città che è una contraddizione, una passione, una donna, ma anche una sconfitta, un dolore, una dura consapevolezza.
Un'ambientazione che in realtà prende vita, che accoglie eventi, personaggi, storie, ma che, allo stesso tempo, osserva, si trasforma, accompagna i passi. Una Milano dei giorni nostri, in cui si consumano eventi degni dei più caldi Anni di Piombo, in cui la Brigata Camporosso cerca il proprio riscatto.
Il romanzo, come è abbastanza naturale per un'opera prima, nasconde alcuni punti deboli, soprattutto in certi snodi, che restano slegati e poco fluidi. Paragrafi interessanti e dalle grandi potenzialità, ma forzati nell'inserimento e fautori perciò di interruzioni nell'economia e nella tensione narrativa. Allo stesso modo alcuni personaggi secondari restano appena abbozzati e paiono così un'opportunità sprecata. Su tutti merita una citazione Baldasar Blanco, affascinante cattivo di bianco vestito, così candido da sembrare irreale, ma che resta sospeso in un'apparazione sporcata dalla fretta e dalla fatica narrativa.
Nel complesso, comunque, Milano è un'arma è un buon romanzo, che consacra alla scrittura un giovane promettente e che conferma, ancora una volta, la capacità della casa editrice di investire con successo e coraggio in opere innovative e originali, alla ricerca di sempre nuove sfumature giallo/noir.
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