Impiegato dell’anno per la sua efficienza e velocità presso l’ufficio postale dove lavora e amato dalla bella Lin, il giovane Kwan (Kerttikamol Lata) sembrerebbe un ragazzo come tanti; la morte dello zio Tawee, suo sarto di fiducia, arriva però a sconvolgere l’apparente equilibrio della vita del ragazzo, poiché ormai non c’è più nessuno in città in grado di confezionargli su misura delle camicie “speciali”. Kwan è infatti nato cone tre braccia, e benché la madre ormai morta gli dicesse sempre che quello fosse un bellissimo dono del destino, quando anche Lin lo lascia perché sempre più imbarazzata dalla sua diversità, Kwan comincia a dubitare del proprio status di persona speciale. Perché non essere come tutti gli altri e poter magari riconquistare la fiducia, se non addirittura l’amore? Così, deciso a farsi amputare il terzo braccio, Kwan parte per Bangkok. Inizia qui una lunga serie di avventure, legate soprattutto all’incontro con la bella Na (Supaksorn Chaimongkol), che Kwan salva da un poliziotto molesto. Anche Na è diretta a Bangkok, dove spera di ritrovare il marito, e anche lei ha qualcosa di “speciale”: un seno molto evidente che attira l’attenzione degli uomini. A suo modo emarginata e fraintesa da tutti per il suo fisico appariscente, additata come una merce da sfruttare e disprezzare, la ragazza mostra di non avere alcun pregiudizio nei confronti di Kwan. Ma paradossalmente è proprio Kwan a non riuscire ad accettare Na, che diversamente da lui non fa nulla per nascondere il suo “difetto”. Ma la diversità è davvero qualcosa di cui vergognarsi, o piuttosto un tesoro da custodire? Na sembra non avere dubbi, tanto da chiedere a Kwan di rinunciare all’operazione, ma il ragazzo dovrà affrontare i propri pregiudizi e le false aspettative della ragione, prima di capire da che parte è la verità. Arrivati a destinazione, i due si separano per fare i conti con se stessi e con il miraggio di una salvezza: Na vedrà il marito prestigiatore esibirsi felice con la sua assistente-amante, mentre Kwan capirà cosa vuol dire cancellare dal corpo una parte di sé, quel braccio che si ostina a non voler morire, tanto da tornare a casa con lui come una pianta sempreverde da tenere in giardino. Ma, una volta giunto al paese, Kwan troverà davvero quel rispetto e quella fiducia che la normalità dovrebbe teoricamente garantire?
Con Handle Me With Care, Kongdej Jaturanrasmee realizza un road movie che scandisce la maturazione del protagonista, la cui diversità è come i materiali fragili da maneggiare con cura: se messa da parte, sa come esplodere e rendersi viva (come nella bella scena del pugno in ospedale, dove il braccio negato reclama con forza la sua presenza), ma se evidenziata, può accrescere l’abisso di solitudine che separa l’individuo dai propri simili. Nel complesso piuttosto riuscito, nonostante una storia tutto sommato non particolarmente originale e atmosfere a volte forzatamente commoventi (ad esempio la sequenza della telefonata tra Kwan e Na, uno alla cabina e l’altra al cellulare, a pochi metri di distanza uno dall’altro), Handle Me with Care risulta un film gradevole e insolito per il panorama thailandese, in gran parte monopolizzato dall’horror e dalla commedia.
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