Ecco qualche spunto…

Recensire una bella storia così densa e complessa come Quello che ti meriti di Anne Holt, Einaudi Stile Libero 2008, non è facile. Questa volta mi limito a qualche spunto preso durante la lettura (anche perché è arrivata l’estate e il caldo mi rende più pigro): Rapimento di Emilie Selbu.

Dialogo tra la psicologa Johanne Vik e l’anziana Alvhild Sefienberg che vuole conoscere la verità sull’assassino stupratore Aksel Seier (spariti documenti sul suo caso, fu rilasciato all’improvviso…) avvenuto 30 o 35 anni addietro.

Rapimento di Kim Sande Oksey.

Psicologia di Emilie già grande, si preoccupa del bimbo che poi verrà ucciso. Commozione, tenerezza.

Intervista di J.V. alla televisione.

Nella mente dell’assassino.

Dialogo tra Vik e suo ex marito (separati) Jsak Aanonsen, lei troppo seria, lui troppo bambino, hanno una figlia di nome Kristiane. Separazione o divorzio ormai un cliché della letteratura poliziesca.

Dialogo tra il commissario Yngvar Stubø (sua descrizione pag.44 da sfruttare) e Vik.

Dialogo tra il detto commissario e il medico “Nessuna causa di morte conosciuta”. Intrigante per il lettore.

Alvhiòld “In pratica il mio scopo è stabilire fino a che punto l’interesse esterno influisca sul modo in cui il sistema legale tratta casi del genere”. Dubbio sulla certezza del processo norvegese.

Dentro l’anima di Tønnes Selbu, padre di Emilie, vedovo. Ancora dolore e commozione.

Tassello dopo tassello, frammento dopo frammento, si ricostruiscono le storie dei vari personaggi: il commissario ha perso la moglie e la figlia per un incidente, ha un nipotino di nome Amund. Dell’assassino sappiamo che veste molto elegante (Emilie nota che ha una bella giacca e dei bei pantaloni), ha avuto un trauma da piccolo, ha un figlio più piccolo di Emilie, lavora in una segheria e in seguito arriveremo anche alla scoperta del nome e cognome.

Si succedono altri omicidi, Sarah Baardsen di otto anni e poi Glenn Hugo di undici mesi, l’assassino lascia sempre un biglietto che dà il titolo anche al libro “Adesso hai quello che ti meriti”.

Vik ritrova Aksel negli Stati Uniti, nota qualcosa di strano nella sua casa che non c’entra, in seguito si ricorderà di certe lettere posate su una scacchiera (gli scacchi sono dappertutto!) i cui francobolli risultano piuttosto interessanti.

Arrivano gli inevitabili colpi di scena come i probabili assassini che poi non lo sono, arresto e fuga dell’indiziato Laffen Sørnes (il classico sfigato della società). Comprensione, pena.

Rapporto tra Vik e il commissario sempre più stretto (gli ricorda la moglie morta), padri che non sono padri naturali, pornografia.

Colloquio fra Yngvar e l’assassino con la sensazione per il commissario di essere sulla giusta strada, intreccio fra la storia vecchia e nuova.

Discussioni sul profilo dell’assassino. Anche questo un cliché del genere ma condotto con competenza e intelligenza.

Ottimo finale con i vari intrecci che si ricompongono in modo quasi naturale. Scrittura adeguata. Così come la psicologia dei vari personaggi.

Ottimo libro.