Come si diceva una volta, tanto tanto tanto, tempo fa (che poi non è vero perché ultimamente è riapparsa…) “se Atene piange Sparta non ride”? Se Gomorra brucia le speranze di una rinascita italiana su larga scala, la Spagna, su scala più piccola, non se la passa meglio, almeno a vedere il debutto cinematografico di Jorge Sánchez-Cabezudo col suo La notte dei girasoli. Thriller sì, ma anche un ritratto impietoso di come possono andare la cose quando la miscela di partenza assembla uno stupro, un senso di vendetta, un poveraccio capitato in mezzo per sbaglio, un poliziotto tutto d’un pezzo e un altro a morale variabile con la complicazione che il primo è il suocero del secondo.
Niente paura, non siamo in piena deriva “deontologica” pronti a spiattellare quello che accadrà (non siamo ancora arrivati a questo punto…). Molto più semplicemente rendiamo conto dei fatti, quelli che il film propone senza nascondere nulla attraverso sei capitoli (“L’uomo del motel”, “Gli speleologi”, “L’uomo del cammino”, “L’autorità competente”, “Amós il pazzo”, “Il caimano”) e che uno dopo l’altro vanno a costruire, partendo da un paesino qualunque ad un passo dal diventare “forse” celebre per via di una grotta che potrebbe contenere qualche traccia preistorica, un ritratto inquietante sul male che non è mai stato così banale (sonnecchia davanti alla TV …), sull’avidità che a sua volta trova terreno fertile nell’insoddisfazione, sulla paura che assumersi le proprie responsabilità comporta.
Ben scritto senza dubbio, anche se l’espediente di tornare sul medesimo episodio narrandolo da un punto di vista diverso (carnefice prima, vittima dopo…) inizia oramai a sembrare un abuso bello e buono. Ritmo un po’ lasco ma anche una implacabile conclusione che lascia aperte molte riflessioni, ad iniziare da quella che suona pressappoco così: “cosa avremmo fatto al posto loro?
Chi può se lo veda, non se ne pentirà…
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