Paddy aveva ragione, il posto era bello, un letto di foglie e rami in mezzo ad alberi che avevano un'aria saggia; mi sedetti su una pietra e guardai Fuad, ancora con la manica arrotolata e il segno dell'ago nella pelle.

Ma lui era pulito, vero Emma?

Aveva ragione Paddy, lui era pulito.

– Overdose.

Mi girai piano e vidi il poliziotto che mi aveva dato la caramella accosciato vicino.

– No.

Mi guardò stupito.

– Non si drogava. Mai.

– C'è sempre una prima volta e può anche andare male.

Mi passai una mano tra i capelli e mi accorsi che, nonostante l'aria fresca, ero sudata.

– No.

Mi alzai e andai da Paddy.

Se ne stava in piedi, immobile, sembrava che averci portato là avesse prosciugato tutta la sua forza e la sua volontà.

– Ascoltami.

Alzò la testa, ma non so se mi vide.

– Adesso ti porteranno alla centrale, non ci son santi, ma ti mando un avvocato, un amico di papà mio e ti tiriamo fuori, giuro. È occultamento di cadavere, ma poi hai confessato e non ci saranno problemi. Forse diranno che l'hai ucciso tu, per gelosia o che ne so, ma ci pensiamo dopo, adesso tu stai tranquillo e non dire niente e aspetta buono l'avvocato, hai capito? Ti prego dimmi che hai capito.

– Ho capito.

Mi alzai sulle punte dei piedi e lo baciai, lo strinsi più forte che potevo, poi cedetti al braccio di Catia che mi portava via.

– Non è stato lui – tirai su col naso.

– Lo so.

– E Fuad non si drogava.

– Lo so.

– E io lo trovo quel bastardo.

– So anche questo.

Mi ficcò in una macchina e mi portò a casa.

* * *

Io lo trovo quel bastardo.

Continuai a pensarlo tutta la notte, mentre telefonavo all'avvocato, mentre buttavo la cena fredda e dimenticata, mentre non ascoltavo Catia che mi diceva che era meglio se provavo a dormire.

Lo trovo quel bastardo e lo inchiodo.

Ma prima c'era Paddy. Paddy che aveva scoperto il cadavere dell'uomo che amava e che lo aveva portato via, nascosto, in un irragionevole tentativo di protezione; lo vedevo mentre attraversava cinquecento metri di prato con una carriola e nella carriola Fuad, freddo, a parte la mano che gli aveva stretto per ore, quella doveva essere rimasta per forza calda, forse era calda ancora. Pensai a cosa avrei fatto io se Andrea fosse morto.

Certo che lo trovo.

Mi feci un caffè, poi un altro e un altro, finché non mi telefonò l'avvocato per dirmi che Paddy era a casa e respirai. Mi buttai sul letto e non tanto per dormire, ma per riordinare le idee.

Se trovi l'inizio del filo, il nodo lo sciogli, diceva papà mio.

Ma quale poteva essere l'inizio? I problemi di Fuad all'università? Mi rigirai e guardai la luce dell'alba che cominciava a filtrare fra le tende, non riuscivo a credere che un gruppetto di ragazzi viziati potessero uccidere qualcuno solo perché non seguiva le regole. O forse sì. Forse trasgredire le regole è un peccato mortale.

La sirena di un'ambulanza mi fece scattare seduta sul letto, la sveglia mi diceva che erano le sette. Dovevo essermi addormentata.

Fu in quell'attimo, ancora avvolta dai fumi di un sonno che non mi aveva fatto riposare per niente, che vidi qualcosa che poteva essere l'inizio.

Le intuizioni, coccola, ascoltale, porca miseria.

Per strada chiamai Andrea che a quell'ora andava a lavorare e io potevo telefonargli senza la paura che sua moglie gli saltasse intorno. Mi aspettava e rispose subito.

Avrei voluto solo cose belle da dirgli, solo fargli sentire quanto lo amavo, quanto lo volevo, quanto lui era tutto per me e invece gli raccontai quello che era successo e lui mi ascoltò.

Ti amo, mi disse, prima di riattaccare e io mi sentii salva, non so da cosa, ma salva.

Ero lì, ferma in mezzo alla strada, in mano un cellulare muto, un amico morto, un altro che non sapevo se sarebbe mai più riuscito a vivere, una storia brutta che forse non si poteva risolvere. Ti amo. Forse ce l'avrei fatta, ce l'avremmo fatta tutti. Forse.

Strinsi i denti e ripresi a camminare.

– Ho visto una cosa.

Catia si sedette davanti alla mia scrivania e mi porse una tazza. Bevvi senza battere ciglio, glielo dovevo, dopo quello che aveva fatto la notte prima.

– Ho visto qualcosa che potrebbe essere importante – ripetei.

– Cosa?

– Un biglietto, nell'ufficio di Paddy. Forse è solo un appunto come un altro, ma mi è tornato in mente stamattina.

– Qualcosa di Fuad?

– Sì. Dentro un quaderno di schizzi c'era un foglietto con un nome e un orario, le quindici e trenta, credo, ma non mi ricordo.