Ci sono libri che sono più importanti di se stessi; libri cioè la cui uscita in libreria costituisce un evento non tanto per la qualità letteraria intrinseca del testo, quanto per le conseguenze che questa pubblicazione porta con sé nel panorama culturale. Controinsurrezioni può essere fatto rientrare molto agevolmente in questa categoria.

Intanto per la sua struttura: è un raro caso di bestia a due teste, formato da due racconti di due autori diversi e da altrettante introduzioni che si specchiano e si motivano vicendevolmente. Gli autori in questione sono Valerio Evangelisti, meglio noto per essere il papà letterario dell'inquisitore Eymerich, e Antonio Moresco, voce visionaria e innovativa delle lettere italiane; e anche questo accostamento è già di per sé un manifesto d'intenti, perché mescola in modo provocatorio (provocatorio, almeno, per la comune concezione degli steccati della narrativa) un autore "popolare" e uno "alto". Terzo elemento di rottura: il tema. Che qui è dato dal Risorgimento. D'accordo, c'è in effetti negli ultimi mesi un fiorire di interesse attorno alla storia ottocentesca d'Italia, né si può pensare che questo sia solo una manovra commerciale in vista del 150° dell'unità nazionale che si festeggerà nel 2011; più facilmente, certi temi e certe inquietudini sono nell'aria, anzi, nell'etere dell'inconscio collettivo, e certi scrittori particolarmente sensibili sono in grado di captarne i segnali, quasi fossero delle antenne. Il Risorgimento viene affrontato in Controinsurrezioni sotto una luce decisamente anti-oleografica, molto lontana dall'immagine rassicurante e monolitica che possono averci consegnato i libri di scuola. Si è trattato in fondo di un periodo turbolento, ricco di contraddizioni e soprusi, e - come ogni evento che attiene alla storia umana - dalla complessità poliedrica.

I due autori ci mostrano così, con stili e tecniche diverse (Evangelisti con un collaudato racconto storico, Moresco con una sceneggiatura a metà tra il cinematografico e l'operistico che ammicca addirittura a Karel Capek!), lati nascosti del bienno 1848-49, che nemmeno ci saremmo immaginati di poter sfiorare: un dolore e una materialità che rendono il Risorgimento molto più vicino al presente di quanto potessimo pensare. La lettura scorre via veloce, e lascia nel lettore la voglia di saperne di più, di masticare ancora questa carne cruda; ma questo volumetto ha solo aperto la pista, ed è lecito aspettarsi che altri autori raccoglieranno la sfida di far luce sul passato del nostro paese.