Erano quattro ore che giocavano. Non si ricordava nemmeno come era cominciato. Solo una vaga reminescenza. All’improvviso era scoppiato un temporale, un lampo accecante, la finestra aperta dal vento che fischiava. E l’apparizione dell’uomo, o meglio della figura. Non l’aveva sentita bussare alla porta, non gli sembrava di avere aperto. Si era come materializzata, si era seduta davanti alla scacchiera che teneva sempre sul tavolo da gioco pronta con tutti i pezzi. Aveva scelto il nero. Ed era cominciata quella strana partita con uno sconosciuto tutto imbacuccato in un mantello scuro. Non gli sembrava nemmeno che muovesse i pezzi che avevano, come dire, quasi un’anima propria e si spostavano da soli. Almeno così gli pareva. Da qualche tempo la testa aveva cominciato a fare cilecca e gli altri giocatori del circolo di scacchi se ne approfittavano per vendicarsi delle loro passate sconfitte. La testa, già la testa. Anche questa volta incominciava a fargli male, un dolore continuo, martellante dentro l’occhio destro che si irradiava sull’intera fronte. Sempre più forte. Infiammazione del nervo ottico, aveva diagnosticato il dottore, sorridendo. Niente di preoccupante. Per lui. Ma non per la sua testa e la sua vista che gli si annebbiava. Maledetti medici che non ci capivano nulla! Ormai la partita era agli sgoccioli. Aveva lottato con tutte le sue forze per arginare l’attacco dei pezzi nemici, ma ora il suo Re era rimasto solo accerchiato dalle Torri e dalla Regina nera. Fece un ultimo disperato tentativo per salvarlo. Invano. Prima di prendere matto rivolse gli occhi verso l’ombra scura.
“Ma tu chi sei?” chiese con un filo di voce.
La figura nera alzò il cappuccio rivelando un teschio lucente.
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