I Vostri consigli a un autore esordiente?
Due, innanzitutto. Il primo è: leggere, leggere più che si può. Il secondo l'ha dato un autore che si chiama Craig Clevenger a un aspirante scrittore: “Scrivi fino a farti sanguinare gli occhi".
Un esordiente come deve presentarVi un manoscritto?
Io tendo a chiedere le prime 20-30 pagine del testo e una sinossi, per capire se si tratta di un romanzo che può potenzialmente interessarmi.
Come può orientarsi un esordiente nella selezione delle case editrici a cui inviare il proprio lavoro?
Cercando di capire quali sono le loro linee editoriali, girando per librerie e facendo ricerche in rete.
Vi sentite di indicare qualcosa di particolare a un emergente circa la revisione dei suoi testi?
Non sono indicazioni che si possono dare in generale. Ogni testo è un caso a sé.
Quando è il momento per un autore esordiente di spedire la sua opera agli editori?
Non saprei. Quando ritiene di aver raggiunto la necessaria maturità di scrittura.
Ritenete che sia fondata l'utilità dei corsi di scrittura?
Se sono seri, qualcosa la possono insegnare.
E il ruolo delle Agenzie Letterarie nel panorama editoriale italiano quale è? C'è da fidarsi?
Anche qui, di quelle serie tendenzialmente sì. Un editor tende a guardare con maggior attenzione un dattiloscritto inviato da un'agenzia che conosce e di cui si fida, rispetto a uno inviato direttamente da un autore sconosciuto.
Cosa consigliereste di leggere a un autore esordiente per migliorare la sua formazione?
Gli consiglierei di leggere e rileggere i suoi autori preferiti, fino a impararne a memoria interi brani, per impadronirsi delle sue tecniche di scrittura.
Domanda cruciale: Scrittori si nasce o si diventa? In breve quanto conta il talento di base rispetto a quanto si può eventualmente acquisire in seguito a livello di tecnica?
Soprattutto nel caso della narrativa di genere, che ha una forte componente artigianale, molto si può imparare con lo studio e la pratica, ma il talento è la terra fertile senza la quale nessuna pianta può crescere.
Si dice che l'aver vinto dei concorsi letterari a volte sia un'arma a doppio taglio nei confronti delle case editrici. E' vero? Insomma, giova o gioca a sfavore?
Che i premi addirittura giochino a sfavore non credo. Ma a parte quei pochi veramente qualificati e di prestigio, come il Calvino, non contano in maniera decisiva. Per esempio, Enzo Fileno Carabba, di cui ho pubblicato Pessimi segnali, ha esordito in campo letterario con Einaudi proprio grazie alla vittoria, giovanissimo, del premio Calvino.
Tra centinaia di manoscritti che una casa editrice esamina, quali sono i particolari che possono significare la differenza?
Gli stessi che fanno la differenza tra i libri pubblicati: qualità della scrittura, originalità e solidità della trama ecc.
Vi è mai capitato, come dire, di non dare considerazione a una giovane promessa, che poi magari è stata “scoperta” e lanciata da altre case editrici concorrenti?
Mi è capitato, ma finora non con autori che hanno poi avuto particolare successo. Del resto, in questo mestiere l'errore è sempre in agguato. Il talento letterario si manifesta in modi e forme così vari e diversi che è impossibile che una singola persona sia in grado di riconoscerlo sempre e comunque. Io mi consolo pensando che André Gide ai suoi tempi aveva rifiutato il manoscritto della Recherche di Proust per la NRF, e non era l'ultimo dei cretini.
Si comincia a pensare che dopo il primo successo molti autori emergenti, dopo la prima pubblicazione, siano destinati a un flop quasi predestinato. Quanto influenza questo sulle Vostre scelte editoriali?
Si dice spesso che per uno scrittore il libro più difficile è il secondo. Ma non vedo soluzione al problema, a meno di non passare direttamente al terzo...
Siete dunque alla ricerca più di un valido professionista, altamente motivato, e capaci di vendersi bene, piuttosto che di un diletttante entusiasta. Me lo conferma?
Per quanto mi riguarda, io sono soltanto alla ricerca di testi validi, chiunque li abbia scritti.
Autori continui, regolari, costanti, che scrivono con regolarità e che si suppone possano crescere fino a raggiungere un alto livello di professionalità e di bravura. Potrebbe essere questo l'identikit del Vostro autore ideale?
No, non per forza. A patto che scriva romanzi straordinari, per me un autore può anche essere il ritratto dell'incostanza e della sregolatezza.
E quando ne incontrate uno da cosa siete in grado di riconoscerlo? E soprattutto siete veramente certi di essere in grado di riconoscerlo?
In materia di letteratura la certezza non esiste. Comunque a me la prima cosa che colpisce nella lettura di un dattiloscritto è la consapevolezza nell'uso del linguaggio, la padronanza dei toni e dei registri espressivi e stilistici.
Una volta che avete individuato un autore promettente fino a quanto e come siete disposti ad investire su di lui?
Non fino a ipotecare la casa...: -)
Eppure nonostante tutto sugli scaffali delle librerie ancora si continuano a vendere solo e soltanto i bestsellers di autori affermati, questa tendenza non si prevede invertibile, o forse qualcosa sta cambiando?
Mah, veramente gli scaffali delle librerie italiane negli ultimi tempi sono stati invasi soprattutto da Io uccido di Faletti e i Cento colpi di spazzola di Melissa P., due opere di esordienti. E pure Dan Brown prima di pubblicare Il Codice Da Vinci era sostanzialmente uno sconosciuto. Il problema è il tipo di testi che di solito si affermano a quei livelli, non se gli autori sono già affermati o meno.
Ultimamente quali sono gli autori esordienti sui quali avete deciso di investire particolarmente?
Per ora nella mia collana noir, Marsilio Black, non ho pubblicato esordienti italiani. Uno dei prossimi titoli che farò è un'opera seconda, Anche una sola lacrima di Franco Limardi.
Quante persone si occupano della lettura dei materiali pervenuti in redazione e che procedure seguono per l'esame, la valutazione e il responso finale?
Relativamente a Black, una persona: io. Cerco di leggere tutto quello che mi arriva, anche se i tempi sono spesso molto lunghi, e rispondo direttamente a quante più persone mi è possibile.
Spesso gli editori parlano degli autori esordienti come di un "male necessario", possiamo capire che alcuni autori possano essere particolarmente invadenti, o permalosi in caso di un rifiuto, ma continuiamo a pensare che gli autori esordienti, bravi o meno bravi, siano fondamentali per lo sviluppo dell'editoria, e che le case editrici dovrebbero forse costruire una specie di ponte virtuale per aiutarli ad attraversare il vasto mare agitato della tentata pubblicazione. Voi a tale proposito come la pensate?
D'accordissimo con quanto dici. Se traspare talvolta una certa quale insofferenza nei confronti degli aspiranti scrittori, è perché la lettura dei moltissimi dattiloscritti che quotidianamente arrivano alle case editrici è un lavoro molto gravoso e talvolta frustrante: mediamente, meno di uno su cento può aspirare alla pubblicazione, e la percentuale di quelli effettivamente pubblicati è ancora minore. E tutto ciò per un'opera prima di un autore sconosciuto che, nel mercato italiano, se va bene può arrivare a vendere un paio di migliaia di copie.
La Vostra posizione sul fenomeno oramai tanto diffuso della Pubblicazione con Contributo o a Pagamento?
Quella per me non è editoria.
Una volta deciso di investire su un particolare autore, quali sono i meccanismi di promozione che adottate per incentivare l'iniziativa?
In una casa editrice medio-piccola, come la Marsilio, il budget per la promozione non è molto grande. Quando si può, si fa qualche pubblicità su giornali e riviste, e magari si producono materiali promozionali come cartoline ecc.; fondamentalmente si organizzano presentazioni e si cerca di interessare critici e giornalisti. E poi ci si ingegna, io per esempio curo un blog sulla mia collana (www.marsilioblack.tk).
Capita invece che qualche nuovo autore, dopo la prima opera, Vi proponga un nuovo lavoro per la pubblicazione, e che Voi vi troviate a rifiutarlo a causa dei risultati non soddisfacenti di vendita finora ottenuti? Vi trovate a volta a dover dire di no a un Vostro pupillo?
Può capitare, se il primo libro è andato particolarmente male o se il secondo è particolarmente poco convincente.
Nell'economia generale del Vostro catalogo quanto puntate sulle opere degli autori esordienti?
Molti dei titoli stranieri che abbiamo pubblicato finora erano opere prime.
Rimane ancora vero che il sogno di ogni editore è quello di creare un autore, e dunque un nuovo fenomeno editoriale?
Non è lo scopo principale di Black che, nel campo della letteratura di genere, è piuttosto una collana sperimentale e di nicchia. Certo che se capitasse di vendere centinaia di migliaia di copie di uno dei nostri titoli, non ci metteremmo le mani nei capelli…
Parliamo di percentuali, su centinaia di manoscitti inviati a una casa editrice quanti sono ragionevolmente proponibili e quanti di quelli accettabili giungono poi alla pubblicazione? Insomma su che numeri viaggia la selezione di un nuovo autore? I nostri lettori sospettano che la probabilità di riuscire sia paragonabile alla vincita dell'Enalotto, è davvero così?
Sono stime a occhio, perché calcoli veri non ne ho mai fatti, ma l’uno per cento scarso potrebbe ambire alla pubblicazione, e uno su quattro o cinquecento viene effettivamente pubblicato. Da un punto di vista meramente statistico, pubblicare un libro è dunque molto più facile che vincere all’Enalotto. Ma mentre giocando all’Enalotto tutti hanno le stesse probabilità di vincere, per quanto riguarda la letteratura entra in campo il talento di ognuno: così per qualcuno pubblicare sarà relativamente facile, mentre molti altri non ci riusciranno mai.
Non dovreste essere Voi a cercare gli autori, e non essere viceversa sottoposti da questi ultimi a un costante ed asfissiante corteggiamento?
Non c’è una regola. Gli editori cercano autori validi, e gli aspiranti scrittori cercano un editore. Ogni tanto l’incontro avviene e ne nasce un libro.
Quali sono le opere che prediligete? E in base a quali criteri progettate le collane editoriali? Successo di pubblico, o passione per il genere letterario prescelto?
Per Black, quello che io cerco sono romanzi noir originali e innovativi di nuovi autori di talento, capaci di coniugare la leggibilità con lo spessore e la qualità letteraria. La collana nasce dalla mia passione per questo tipo di testi, più che da calcoli o ragionamenti commerciali. Ovvio che poi, se vuole continuare a vivere, qualsiasi iniziativa editoriale deve almeno raggiungere il pareggio tra spese e guadagni.
Come fa un autore a sapere che sorte ha avuto il suo manoscritto inviato in lettura presso di Voi?
Deve armarsi di santa pazienza, e prepararsi ad aspettare fino a sei mesi. Dopo quella data, se non ha ancora ricevuto una risposta – come per quanto mi riguarda nella maggior parte dei casi avviene – può considerare non accettato il suo dattiloscritto.
La politica editoriale non è mai incentrata su un solo libro, ma è rivolta generalmente alle potenzialità dello scrittore, ma come si può con un esame frettoloso di poche pagine di ogni manoscritto individuare non solo il valore letterario di un'opera ma anche le capacità di sviluppo di chi scrive e che potrebbe diventare un buon autore?
A parte i casi estremi in cui l’inadeguatezza dell’autore è talmente lampante che bastano poche righe per accertarla, l’esame a cui vengono sottoposti i dattiloscritti non è né frettoloso né limitato a poche pagine. Può anche capitare che un dattiloscritto venga letto da più persone – colleghi della casa editrice, consulenti esterni – prima che venga presa una decisione definitiva. Ciò non toglie che poi ci si possa sbagliare, ma come ho detto in questo campo sbagliare è facile, e bisogna avere l’umiltà di riconoscerlo.
Investimento sul libro ma soprattutto sull'autore, quale sono le modalità che applicate e le forze che mettete in campo per motivare un buon autore a rimanere nella Vostra scuderia? In poche parole i Vostri meccanismi di fidelizzazione.
Marsilio può offrire la grande cura, passione e attenzione che dedica ai libri che pubblica e in cui crede, ma purtroppo non può competere con i ricchi anticipi che i grandi colossi editoriali sono in grado di offrire. Per questo in passato è capitato che autori scoperti e lanciati da Marsilio, come per esempio Susanna Tamaro, Margaret Mazzantini o Gianni Farinetti, a un certo punto siano passati ad altri editori. Ma non sempre poi sono stati soddisfatti.
Ultimamente molte collane dedicate al Giallo e Noir tendono a sconfinare nel Pulp o nello Splatter. Qual è la Vostra posizione in proposito?
Io non ho niente contro la violenza, anche estrema, in letteratura, basta che non risulti fine a se stessa, che sia necessaria per raccontare quella determinata storia.
Le vecchie e nuove collane editoriali dedicate al genere Giallo, Thriller e Noir, con qualche coraggiosa puntata verso il genere Horror, si stanno rivelando una scelta vincente.
In realtà meno di quello che si crede, almeno da un punto di vista squisitamente commerciale. Quello che vende molto è il thriller, o il giallo con tanto di tradizionale commissario (alla Maigret). Il noir vero e proprio fa un po’ più fatica, sotto questo aspetto (quello che forse è il più grande autore noir vivente, James Ellroy, non credo sia praticamente mai entrato nella top ten dei libri più venduti). Ma secondo me è la scelta vincente perché è il genere in questo momento più vitale da un punto di vista letterario e più capace di raccontare il mondo che ci circonda.
Quali sono i motivi di questo fenomeno di pubblico?
I motivi sono semplici, anche se molti cosiddetti letterati con la L maiuscola sembrano fare ancora fatica a capirlo. La narrativa di genere racconta storie capaci di avvincere e appassionare i lettori, ciò che è, o almeno dovrebbe essere, la funzione primaria di un romanzo.
Dicono che il Giallo, con la sua logica rassicurante e matematica, e il Noir, con la sua fredda e impietosa introspezione psicologica, siano in realtà due facce della stessa medaglia che rappresenta efficacemente in fondo la nostra vita reale di tutti i giorni. Allora è questa la vera spiegazione della vitalità tutto sommato insospettata di questo intramontabile genere?
Per quanto giallo e noir continuino a coesistere come i principali filoni della narrativa poliziesca, il noir rappresenta in realtà sotto molti aspetti un’evoluzione del giallo. Io non li vedo come due facce della stessa medaglia: mentre il noir è una forma letteraria viva e in continua trasformazione, il giallo è più statico, legato al passato, in una parola“vecchio”.
I migliori fenomeni letterari del momento in questo particolare genere letterario?
Faccio tre nomi, uno dei quali pubblicato nella mia collana. L’australiano Andrew Masterson (di cui ho pubblicato Gli ultimi giorni e Il secondo avvento), un autore di immenso talento che con Joe Panther ha creato uno dei più originali e affascinanti personaggi della narrativa poliziesca. Il britannico David Peace, la cui quadrilogia del Red Riding Quartet (di cui finora sono usciti in Italia i primi tre volumi, pubblicati da Meridiano Zero e Tropea) è straordinaria e sconvolgente. E infine Joe R. Lansdale, americano, anche lui grandissimo scrittore.
E i mostri sacri che non cesseranno mai di rappresentare un costante punto di riferimento e di comparazione?
Jim Thompson, James Ellroy, Jean-Patrick Manchette, Giorgio Scerbanenco. Ma potrei continuare ancora a lungo.
E infine Voi in persona, cosa preferite leggere?
Nei pochi momenti in cui ho il tempo di leggere per puro piacere, leggo un po’ di tutto, molta letteratura noir, ma anche di altri generi, ultimamente soprattutto fantasy (per esempio Neil Gaiman o China Mièville). E anche ovviamente letteratura non di genere. In particolare, negli ultimi anni apprezzo molto gli autori britannici, Nick Hornby, Jonathan Coe, Martin Amis fra gli altri.
Perchè una collana come la Vostra? Qual è la sua collocazione attuale?
Uno dei più grandi difetti della narrativa di genere, in particolare poliziesca, è la tendenza alla ripetitività (vedi la serie infinita di romanzi sui serial killer che ha seguito il successo de Il silenzio degli innocenti di Thomas Harris, anche grazie al film di Jonathan Demme). Marsilio Black si rivolge a tutti quegli appassionati del genere che però non ne possono più di leggere sempre le stesse storie trite e ritrite.
Le collane editoriali in genere sono qualcosa di misteriosissimo, difficile da comprendere per i non addetti ai lavori. A volte non è facile differenziare le case editrici in base alla tipologia di pubblicazione da loro trattata. Qual è il modo migliore per farsi un'idea rapida e chiara in proposito?
Non è poi così difficile, basta consultarne attentamente i cataloghi, e leggere i libri che vi vengono pubblicati. Tenendo però presente che esistono collane “di progetto“, con una linea editoriale precisa e definita, e collane-contenitore in cui viene pubblicato un po’ di tutto, sulla base di logiche più commerciali che di ricerca letteraria.
Una nota dolente, quanti autori ai quali avete concesso la Vostra fiducia, hanno poi pubblicato la loro seconda opera con altre case editrici?
Per ora non è successo, ma Black è una collana giovane, con solo tre anni di vita.
Il sodalizio tra autore ed editore quanto è importante nei rapporti futuri lavorativi e professionali? Insomma credete che sentirsi coperto alle spalle da una casa editrice che lo sostiene o lo incoraggia possa aiutare un autore nella sua attività di scrittore, lasciandolo libero da pressioni e da incertezze?
Credo sia estremamente importante. Ma putroppo anche il denaro ha la sua importanza, e capita che anche i più solidi sodalizi tra editore e scrittore si rompano perché una casa editrice concorrente può offrire molti più soldi.
Come mai le presentazioni degli autori in libreria vanno spesso pressappoco quasi deserte? La gente ha paura di aggregarsi, di farsi coinvolgere, di rapportarsi personalmente con un autore, famoso o meno che sia?
Me lo chiedo anch’io, anche se bisogna dire che quello della presentazione è un “format” vecchio e con poco appeal. Insomma, le presentazioni spesso sono piuttosto noiose (anche perché non tutti gli scrittori dal vivo “rendono”). Bisognerebbe forse inventarsi delle forme nuove e diverse di incontro tra gli autori (e i libri) e i lettori. Certo che poi uno vede fenomeni in clamorosa controtendenza come il Festival di Mantova e non sa più cosa pensare.
Come spiegate il grande successo editoriale delle opere allegate in vendita in edicola con quotidiani e periodici settimanali? Forse la gente ha paura di entrare in una libreria?
Le librerie sono in effetti luoghi spesso intimidenti, e oltre al prezzo basso e al fenomeno del collezionismo, credo che ciò che attira tanto nei libri allegati ai quotidiani è che evitano all’acquirente di dover decidere lui cosa comprare, gli risparmiano “l’imbarazzo della scelta”.
Parlando delle basse medie di lettura del nostro paese, si assiste invece a un forte incremento degli aspiranti scrittori, forse perché è più facile essere un abile scrittore che un buon lettore?
Questo è un fenomeno che effettivamente si nota. Il problema è che mentre si dà per scontato che per poter suonare o dipingere bisogna prima studiare, tutti credono di saper scrivere, trascurando il fatto che tra l’uso “comunicativo” del linguaggio che facciamo nella vita quotidiana e l’uso “espressivo” che se ne fa in letteratura c’è un abisso.
Diceva Oscar Wilde che non esistono libri “buoni” e libri “cattivi” ma molto più semplicemente libri scritti “male” o scritti “bene”. Fondamentalmente è una grande verità, ma ancora assistiamo al fenomeno, francamente preoccupante per il nostro panorama letterario, di assoluti sconosciuti scrittori “famosi” in qualche altro campo che si cimentano con la scrittura. Al di là degli indiscussi ritorni economici dovuti a una sensazionale campagna promozionale, come si può ragionevolmente ritenere che comici, attori, calciatori, cantanti e uomini politici si possano cimentare validamente con la scrittura? E’ come se un meccanico decidesse di emulare Rembrandt, tanto per fare un esempio, senza mai essersi cimentato prima con un’analoga esperienza artistica.
Verissimo. La logica che c’è dietro queste operazioni editoriali è puramente commerciale. Se metti un nome famoso in copertina, magari di un personaggio televisivo, un tot di copie le venderai anche se il libro è una totale boiata. Non è bello, ma così va il mondo.
L’ultimo rapporto italiano sulla lettura dipinge il nostro paese come un grosso animale indolente e pigro, da che cosa deriva secondo Voi questo fenomeno? Colpa delle scuole, della cultura, dell’educazione, della mancanza delle istituzioni o delle strutture che non riescono a sostenere come dovrebbero e a incrementare la lettura nell’età scolare?
Deriva da un’infinità di fattori. La loro parte di colpa ce l’hanno la scuola, la famiglia, le istituzioni, i media, la critica, gli editori e anche gli scrittori stessi. Ma il problema più grosso è che alcuni di questi fattori sono strutturali e che il calo degli indici di lettura è sotto molti aspetti irreversibile. La lettura, semplicemente, è un’attività sempre meno compatibile con i ritmi e le modalità della nostra vita, e il romanzo come medium per la fruizione di storie subisce la concorrenza di altri media più efficaci (dal cinema alla TV, da Internet ai videogiochi). Il che non toglie che in Italia, che ha indici di lettura più bassi di quelli per esempio di Francia, Germania, Gran Bretagna, ci sono molte cose che si potrebbero fare per migliorare la situazione.
Sabina Marchesi
Guida Giallo Noir
per l'intervista integrale:
(guide.supereva.com/giallo_e_noir/interventi/2005/02/198728.shtml)
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