Di nuovo il guaritore di maiali…
A dir la verità il primo libro Il guaritore di maiali l’avevo già preso tra le mani (in una delle solite librerie di Siena) e stavo per leggere l’incipit quando fui attratto, mi ricordo, da una copertina più sfiziosa. Questa volta niente distrazioni. Ho catturato Il mistero degli incurabili di Lorenzo Beccati, Kowalski 2008 e, dopo averlo assaggiato in qua e là, me lo sono portato a casa.
“Genova. Anno del Signore 1589. Strani avvenimenti scuotono le mura dell’ospedale degli Incurabili, dove sono rinchiuse povere anime che Dio sembra aver dimenticato mentre gli uomini le ricordano solo con il nome della malattia di cui soffrono: il furioso, il sifilitico, il melanconico, l’epilettico, lo storpio. In quegli stessi giorni un demone si aggira per i carruggi seminando il terrore. Tre ragazzi spariscono e i loro cadaveri vengono ritrovati grazie alle visioni di una maga”.
Chi indaga, su invito dei Dodici Protettori di Genova, è Pimain, il Guaritore di maiali, già soldato con incarichi, appunto, di indagatore. Uomo concreto, intelligente, dotato di buon senso. Cervello e braccia che interagiscono fra loro. Ha un cane di nome Mat. L’assassino, dopo avere effettuato il suo sporco lavoro, lascia un biglietto “Tutti i folli moriranno. Resterà solo il più folle” ed insieme al biglietto un nodo da marinaio sempre diverso.
Pimain si dà da fare, osserva, scruta, chiede, gira e rigira per la città di Genova, tra i suoi quartieri, le sue strade, le sue piazze, i suoi palazzi, il suo porto. Sempre pronto a mettere insieme i fatti, a valutarli, a soppesarli, a ricavarne possibili soluzioni.
La scrittura è piana, semplice, quasi elementare. Ne viene fuori una umanità viva, colta nei suoi gesti quotidiani, ora credulona, ora cinica e sghignazzante, ora umile e devota, ora quasi animalesca. E vengono fuori anche certi aspetti infamanti del Medioevo, soprattutto le cure assurde e terribili inflitte ai malati di mente, o la situazione difficile degli ebrei e quella, peggiore, delle streghe (e via discorrendo…).
Certe descrizioni minute e precise mi hanno fatto ricordare i quadri di Bruegel, altre ironiche e grottesche quelli di Bosch. Quasi tutte caricaturali. E’ una prosa che si apprezza appieno solo dopo un po’, come quelle persone all’apparenza incolori che rivelano spunti e aspetti interessanti con una certa frequentazione. Una ironia garbata e leggera ( non mancano spunti mordaci) si insinua nelle pagine in un modo naturale attraverso semplici annotazioni sugli uomini, le cose e gli animali. Qualche esempio: “Una sanguisuga cade rotolando dalla schiena del melanconico. L’assistente del medico la osserva e la getta in un angolo priva di vita. E’ morta d’ingordigia”, “Un asino raglia in faccia alla luna piena, e non smette fino a che una nuvola pigra la copre” (inizio capitolo), “Ora l’asino raglia per abitudine perché la luna s’è rintanata e non esce più” (fine capitolo). E non c’è da dargli torto. Questo asino lo ritroveremo anche in seguito. Raglia ancora ma la luna “vezzosa” si fa aspettare (un po’ civetta, dico io).
Anche un episodio che riguarda gli scacchi. Un automa, il “Turco”, al cui interno è nascosto un nano che sa muovere Re e Regine, sfida i passanti. Il trucco viene smascherato da un ragazzino curioso e allora si assiste ad una scena divertente. Il nano che insegue il monello a sua volta inseguito dal padrone che non vuole certo perdere l’unico sostentamento della sua vita. In effetti il marchingegno fu creato dal barone Wolfgang von Kempelen nel 1770.
Non mancano flashback per meglio conoscere la storia di Pimain e di un altro personaggio chiave della vicenda. Capitoletti brevi, ottima orchestrazione dell’intreccio, individuazione del/i colpevole/i non impossibile, qualche trucchetto lessicale (vedi la “lingua”) e la classica creazione di suspense con l’”Ombra” diabolica. Nel complesso un bel libro. Lorenzo Beccati è riuscito a crearsi uno stile particolare (può piacere o non piacere). Senza dubbio facilmente riconoscibile. E non è poco.
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