Se è vero che tutti nasciamo con un preciso destino cucito addosso, a Vanni Visco la sorte ha assegnato il ruolo di campione, anzi campionissimo, del calcio. Peccato che lui desiderasse tutt'altro: nonostante il talento naturale, manifestato fin da ragazzino, a Vanni piacciono i libri, la cultura, l'odore delle biblioteche e le chiacchiere sui testi più amati con chi sa capirlo e assecondare la sua vera personalità. Ma la famiglia ha pensato altrimenti: perché sprecare un dono simile? Così, senza volerlo, è diventato l'idolo degli stadi, ha fatto una montagna di soldi e tutti gli invidiano tanta fama e fortuna. Nessuno immagina che dietro la facciata smagliante c'è invece un uomo scontento, infelice, oppresso da una serie di disgrazie private -come la tragica morte del fratello per overdose, la mesta scomparsa della madre e la demenza del padre - e incapace di avere con le donne un rapporto sereno e autentico. A infondergli energia per andare avanti sono solo i brani dei romanzi e delle poesie predilette che lui ripete nella sua testa a memoria, come tanti mantra, nel tentativo di conciliare, almeno dentro di sé, quello che la società sembra giudicare inconciliabile: lo sport e la cultura, la gloria del fisico e quella della mente, la sensibilità d'animo e il cinismo del mondo del calcio. Tutto questo ce lo racconta lui in prima persona, all'inizio della prima partita di campionato... che, lo ha deciso, sarà anche l'ultima. Ma in che senso?
Nato nel corpo sbagliato. Questo sembra essere il destino di Vanni Visco. Essere nato nel corpo sbagliato. Lui che sin da giovanissimo mostra una grande passione per i libri, per la cultura e la poesia, suo malgrado non riesce a nascondere un’altra propensione naturale: un talento maledetto per il calcio. Un talento che vira verso il "genio". La mira da cecchino, la capacità di scivolare dentro le difese avversarie come un'anguilla nelle insenature più strette, la dote di sapere sempre come sono disposti i suoi compagni anche senza guardarli, la velocità felina e il fiuto assassino per il gol, sono tutte abilità non comuni, che rendono Vanni Visco un vero fuoriclasse. Un campione. Uno di quelli che nascono solo ogni cinquant'anni. E un talento del genere è difficile da nascondere. Troppo difficile. Così, non appena i suoi parenti si rendono conto del "potenziale commerciale" di quel figlio timido, solitario, con la testa sempre immersa nei libri, lo spingono verso il calcio, senza nemmeno chiedergli un parere. Quel ragazzino timido non riesce neanche a ribattere. È un bravo ragazzo e fa ciò che gli dicono i genitori. E inoltre sarebbe un vero stupido a rinunciare al calcio. Altri per avere il suo talento venderebbero l'anima, dicono. Così Vanni abbassa il capo e fa ciò che gli chiedono. Ma ben presto si rende conto che il calcio è qualcosa di molto diverso da uno sport. Il calcio è business. Lui stesso, i suoi piedi fatati, sono business. Quando se ne rende conto, però, è ormai troppo tardi. È divenuto un campione invidiato e osannato da tutti. Le sue giocate sono poesia, ma a lui non gliene importa nulla. Lui non vorrebbe quel maledetto talento. Lo cederebbe volentieri in cambio di un'esistenza tranquilla, fatta di letture, di librerie e biblioteche, e di persone oneste come Gabriele Rocca, il libraio che lo introduce nel mondo della letteratura, con cui condivide passeggiate segrete sulla spiaggia scandite da discussioni letterarie. Ma Vanni non può sottrarsi dal sistema calcio. Esiste solo un modo. Il più drastico. Ma la tristezza che Vanni si porta dentro lo porterà a percorrere quella strada senza ritorno? Quella prima di campionato sarà davvero la sua ultima partita?
Se esiste un Dio, deve aver sputato sui soldi, maledicendoli per sempre. Perché? I soldi rovinano sempre tutto. Non c’è niente da fare. E più ce ne sono, più casini si creano. In un certo senso è come se fossero un virus. Una volta che ti infettano, cominciano a mangiarti l'anima. Alcune persone sono immuni per natura, e in loro il virus non riesce a incubare. Queste persone sono davvero poche. Nelle altre, il virus dei soldi infetta qualsiasi principio, qualsiasi traccia di moralità. Corrode. Trasfigura. Cambia. Ed è quello che accade negli stadi, come dimostra questo romanzo. I genitori di Vanni l'hanno spinto verso il calcio non perchè vederlo giocare fa venire i brividi. No. L'hanno fatto giocare per i soldi. Dei suoi dissidi interiori, delle sue vere passioni, dei suoi aneliti, non gliene frega nulla, nonostante sia loro figlio. Vedono Vanni come una macchinetta sputa soldi. Tutto qui. E allora via i libri, che il ragazzo sarà costretto a leggere di nascosto. Nessuna cura per la mente, sovrastata invece dal culto per il corpo, per il vincente. Lo stadio diviene un'arena, e Vanni Visco, suo malgrado, un gladiatore. Il migliore. Poco importa se non è quello che vuole. Lo show deve andare avanti. Ma i soldi non infettano solo il calcio. Infettano anche la passione di un piccolo libraio, soverchiato dalla potenza economica dei grandi magazzini, dove i libri quasi te li regalano. E posando sui piatti della bilancia la passione per i libri e la cultura e i conti da far tornare a fine mese, il risultato è sempre impari e triste, così come lo sguardo del libraio.
Ultima di campionato è il più letterario tra i lavori di Francesco Abate. Anche il più introspettivo. Lo scrittore cagliaritano scandaglia l'anima graffiata del protagonista, giungendo a profondità che rasentano
la poesia. Le sue parole ti entrano sotto la pelle come brividi e ti fanno provare lo stesso tormento che prova Vanni. Abate è abile a regalare al lettore, per qualche ora, un'immedesimazione totale nella vita del campione tormentato, costretto a nascondere le sue vere passioni e a confrontarsi con delle tristi vicende, che l'hanno colpito negli affetti più cari, cambiandolo. Ogni pagina è sorretta da una finissima sensibilità. A tratti commuove, a tratti fa sorridere, ma non lascia mai indifferenti. Francesco Abate è così: scalfisce l'anima. Costringe il lettore a una profonda riflessione sulla società odierna, dove tutto è mercificato. Anche le passioni più pure, più innocenti. Anche quello che dovrebbe essere un gioco.
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