Il primo maggio, a Verona, cinque balordi legati agli ambienti di estrema destra hanno aggredito Nicola Tommasoli, 29 anni, riducendolo al coma perché aveva rifiutato una sigaretta. Il ragazzo aggredito è morto ieri, 5 maggio, all'ospedale Borgo Trento di Verona. Un fatto sconvolgente, ma non nuovo a questa zona che i servizi segreti italiani indicano con la "più alta densità di militanti naziskin del Paese".
Lo scrittore e giallista padovano Massimo Carlotto, intervistato da Piero Colaprico sulla Repubblica del 5 maggio, dichiara che "quando parli di fucili, qualcuno può decidere di usarli", e non si limita a riferisti a questo o a quel partito politico, ma estende la causa del problema violenza a "un’intolleranza più vasta".
Un problema ormai vecchio che, nell’indifferenza dell’opinione pubblica e delle istituzioni continua a proliferare come una malattia cronica, veicolate da "gang che, inspiegabilmente, per dieci anni, nessuno dal ministero dell’Interno ha cercato davvero di contrastare". Organizzazioni radicate sul territorio, con tanto strutture militaresche e tesserati. In definitiva, un fenomeno non circoscritto al solo Veneto, ma diffuso in tutta Italia, con picchi di adesioni anche nella Lombardia e nel Lazio.
La speranza è che eventi tragici come questo non finiscano nel dimenticatoio, chiusi a chiave da sterili e strumentali polemiche politiche. Il problema c’è, è grosso e va risolto, una volta per tutte.
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