Due libri per raccontare la storia di quella che a buona ragione può essere definita una leggenda del ciclismo italiano. Una leggenda che inizia a nutrirsi di un'ascesa folgorante, apparentemente inarrestabile, ma che, dopo il 5 giugno 1999, giorno in cui Marco Pantani viene escluso dal Giro d'Italia, si alimenta anche della caduta, irrefrenanile e sempre più rapida, di un uomo che aveva fatto sognare i tifosi. I libri, usciti a poche settimane di distanza, sono Gli ultimi giorni di Marco Pantani, scritto dal giornalista francese Philippe Brunel, ed Era mio figlio, realizzato da quattro mani dalla madre del ciclista, Tonina Pantani, e da Enzo Vicennati, caporedattore centrale della rivista Bicisport.
Non si sovrappongono, questi due volumi, nel raccontare la storia dello sportivo di Sala di Cesenatico, provincia di Ravenna, ma presentano aspetti complementari di una medesima vicenda. Che non è solo una sfortunata parabola conclusasi in un anonimo residence di Rimini il 14 febbraio 2004 con la morte del campione romagnolo. È anche un resoconto dal dietro le quinte dello star system sportivo: un ambiente fatto sì di grandi soddisfazioni, ma anche di invidie, di denaro abbondante e di trucchi sia da parte degli sportivi che di coloro che dovrebbero evitarli, questi trucchi.
Nello specifico della vicenda Pantani, sembrano essere tre gli elementi che vanno a incastrarsi determinando la condanna del ciclista. Uno riguarda le antipatie che si sono diffuse negli ambienti sportivi per chi stava vincendo tutto, tra Giri d'Italia e Tour de France, e che non sembrava farsi arrestare da incidenti o infortuni. In secondo luogo - e più determinante - la confusione che ancora regnava nella caccia all'Epo, farmaco utilizzato per aumentare l'ossigenazione dei tessuti: fino al 1999, l'unico parametro considerato per bollare di disonestà gli atleti era l'ematocrito e negli esami effettuati il 5 giugno 1999 Marco Pantani risultò fuori norma. Per una percentuale minima rispetto il valore massimo, ma tanto bastò per farlo escludere dal Giro. Solo che a questo proposito ci sono alcune considerazioni da fare: può in concreto darsi che quegli esami non seguirono i protocolli e furono viziati da irregolarità procedurali tali da metterne in dubbio i risultati e dunque anche la non conformità di Marco Pantani; inoltre si sospetta che il dispositivo utilizzato per misurare i valori del sangue fosse stato tarato male (risultati difformi si riscontrarono anche in altre competizioni); infine l'anno successivo l'indagine medica venne modificata e all'ematocrito vennero affiancati anche altri parametri, come l'emoglobina: se nel 1999 fosse stato utilizzato il nuovo test, Pantani sarebbe risultato in regola.
Ma c'è un'ulteriore ombra che si addensa sul siluramente del ciclista romagnolo: quello delle scommesse clandestine e a raccontarlo è Renato Vallanvasca, ex bandito milanese rinchiuso nel carcere di Opera. Il quale, qualche giorno prima della tappa di Madonna di Campiglio, venne avvicinato da un altro detenuto. Il quale gli consigliò di puntare su un qualsiasi ciclista che non fosse Pantani perché non sarebbe arrivato alla fine del Giro d'Italia. Impossibile, pensò Vallanzasca, che ironizzava sostenendo che, per fermare il Pirata, occorreva sparargli. Non si arrivò alla violenza fisica, ma guarda caso il romagnolo si vide escluso dalla competizione.
Questi sono alcuni - quelli iniziali e più devastanti - degli elementi che hanno contribuito a distruggere il campione. Il quale, vedendo bruciati anni di sacrifici e la sua dignità di sportivo, scivola, non riesce a riprendersi e inizia a far uso di droga. L'ambiente che lo circonda non lo aiuta, chi - come la sua manager - dovrebbe responsabilizzarlo invece lo copre e si assiepano intorno a lui gli spacciatori che, attirati dal suo conto bancario, lo usano "come un bancomat". Brunel e Vicennati inoltre non usano mezze parole quando si rivolgono agli inquirenti: se i traffici di stupefacenti sarebbero sempre stati tollerati lungo la riviera romagnola, anche le indagini successive al ritrovamento del corpo di Pantani provocano le loro critiche e perplessità. A loro parere - e a parere anche della famiglia - ci sarebbero elementi sottovalutati, testimoni reticenti e contraddittori, ricostruzioni lacunose quando non inesatte. Adombrano il sospetto dell'omicidio sostenendo che l'overdose sarebbe stata indotta, non un incidente nella vita di un tossicodipente. E chiedono che la vicenda venga rivista e rivalutata.
Al momento non si sa ovviamente se ciò avverrà. Quello che invece rimane è una stella dello sport che, dopo aver fatto sognare appassionnati e aver suscitato simpatia anche in chi non segue il ciclismo, cade in solitudine tra l'impotenza della famiglia e la compiacenza di un entourage interessato. E in proposito scrive ai genitori lo stesso Pantani nel giugno del 2001:
Con grande sofferenza sono diventato un uomo, con tutte le mie innumerevoli convinzioni e le speranze. E ho sempre giocato il medesimo gioco, rispettando tutte le regole del mio sport e della mia vita.
Ma oggi sono passato dalla parte del torto con l'ingiustizia della falsità, della truffa che mi hanno fatto. Chi sia stato non si può sapere, però sono più sincero di quanto la mia faccia da ombroso faccia trasparire.
Gli ultimi giorni di Marco Pantani di Philippe Brunel (Rizzoli, 2008) — 303 pagine — € 16,00 — ISBN 9788817022927
Era mio figlio di Tonina Pantani ed Enzo Vicennati (collana Ingrandimenti, Mondadori, 2008) — 286 pagine — € 16,50 — ISBN 9788804574156
(Questo testo è rilasciato con licenza Creative Commons.)
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