Lavoravo ormai da diversi anni nell’agenzia investigativa Arturi di Firenze, quando il principale mi convocò nel suo ufficio.
– Marco Carboni, poi non mi venire a dire che non ti voglio bene – fece Domenico Arturi porgendomi la foto di una trentenne bionda munita di due occhi verdi che ti fissavano con uno sguardo che avrebbe spezzato una lastra di granito.
– Non male – dissi – È la sua nuova fidanzata?
– Magari! – rispose il capo. – Eccoti una scheda con tutti i dati. È la moglie di Ennio Borselli, un industriale pratese che ha venti anni più di lei.
– Cornuto?
Domenico Arturi indicò la targa dove era inciso il motto dell’agenzia: “lo scopriremo solo vivendo”. Poi aggiunse: – me lo saprai dire entro trenta giorni al massimo – e mi fece cenno di uscire.
Me ne tornai nella mia stanza, rimirai ancora la foto e studiai la scheda con i dati del caso. Ana Kurtikova era russa e Borselli l’aveva conosciuta in un viaggio di lavoro a Mosca. O, almeno, questa era la versione ufficiale. Più probabile che l’industriale l’avesse conosciuta in una trasferta rigenerante a Montecatini, nota colonia di altissime figliole sovietiche che, insieme alle terme, sollevano il morale e il fisico degli anziani, e anche dei meno anziani, frequentatori della famosa località toscana. Ana e Borselli erano sposati da due anni. La ragazza svolgeva le tipiche attività delle mogli giovani dei ricchi industriali; ovvero: passava le giornate tra palestre, piscine e centri benessere. In più, la Kurtikova, con un tocco di classe, aggiungeva l’equitazione.
Il marito aveva iniziato a sentirsi formicolare il cranio avendo notato che da un paio di mesi la moglie rientrava in casa spesso e volentieri “con quello sguardo languido che lei ha dopo aver fatto all’amore”; così recitava testualmente la scheda predisposta dall’Arturi. Seguiva un altro appunto del capo: “rapporti sessuali cinque o sei volte la settimana e di lunga durata, riferisce il cliente; ma forse Borselli si sta bullando.” Poi c’era aggiunta un’altra riflessione: “Non mi torna. Se davvero B. non facesse altro che zifonarsi la moglie, come racconta, allora la poveraccia avrebbe tutti i motivi per andarsene sempre a giro con lo sguardo languido! Sarebbe in trance postcoitale continua. Per me B. è grassa se gliene ammolla una volta la settimana, la domenica mattina.”
Lo scopriremo solo vivendo, pensai.
Il pedinamento della bella Kurtikova si rivelò più difficoltoso del previsto, data l’attitudine della signora a frequentare posti oltremodo esclusivi.
Il lunedì pomeriggio andava al centro ippico migliore di Prato. Non c’era verso di superare lo sbarramento di custodi e di addetti alla sicurezza che presidiavano l’ingresso. Mi informai un po’ e quindi telefonai all’Arturi.
– Per entrare nel Circolo e sorvegliare da vicino l’obbiettivo, occorre che mi iscriva al Club. Per far questo c’è bisogno di ottomila euro e di una raccomandazione della curia vescovile.
– Nessun problema per la raccomandazione, ma gli ottomila scordateli. Fatti assumere dal Circolo.
Trovai buona l’idea, ma cambia opinione dopo le prime quattro ore passate a spalare escrementi equini. Mi licenziai e me ne andai a casa a farmi una tripla doccia.
Il martedì la Kurtikova passava tutto il giorno al centro benessere migliore di Prato, con palestra, piscina, sauna e massaggi di ogni tipo. Il posto mi pareva molto promettente ai fini della nostra indagine, quindi mi informai un po’ e telefonai all’Arturi.
– Per iscrivermi mi occorrono cinquemila euro e una raccomandazione del Sindaco o di quattro Consiglieri comunali, di maggioranza.
– Nessun problema per le raccomandazioni – bluffò ancora una volta l’Arturi, anche se non ne sono certo – ma i cinquemila te li sogni. Fatti prendere come uomo delle pulizie.
– Ma porca miseria! A James Bond gli spesavano tutto.
– E tu fatti assumere dai servizi segreti inglesi.
Mandai il mio curriculum al Secret Intelligence Service e divenni, nel frattempo, pulitore di cessi e pavimenti nel Centro benessere. Girai per i locali con un secchio e uno spazzolone in mano senza far niente per un paio d’ore, poi si accorsero della mia scarsa propensione per i lavori manuali e mi cacciarono a calci. Avevo però fatto in tempo ad apprezzare una fugace visione di Ana in costume da bagno e me ne tornai a casa contento.
Il mercoledì è un giorno da cani, come diceva il noto film di Sidney Lumet, e infatti la Kurtikova lo dedicava a fare volontariato in un canile. In particolare, riceveva quelli intenzionati ad adottare una bestiola e, con gli occhioni che aveva (lei, non la bestiola) rifilava infallibilmente a tutti i maschi che passavano di lì i cani più scarsi e improponibili.
Quel giorno fu molto più facile avvicinarmi ad Ana, anche se poi mi ritrovai con in macchina un incrocio tra un sambernardo e un barboncino, con una gamba sciancata. Abbandonai quell’enorme massa di pelo nel cortile di una scuola elementare e me ne andai a dormire.
I giorni successivi furono più o meno simili ai precedenti: di nuovo il Circolo ippico e il Centro benessere. La Kurtikova riuscii a vederla pochissimo. La mercedes con l’autista-guardia del corpo usciva direttamente dal garage con la moglie del Borselli già a bordo e la sera si rinfilava a tutta birra nell’ampio parcheggio sotto la villa dell’industriale. La ragazza la scorgevo solo per alcuni brevi momenti quando scendeva dall’auto nel Centro ippico o nel Centro benessere o al canile.
Venerdì pomeriggio Domenico Arturi mi convocò nel suo ufficio.
– Il Borselli mi ha telefonato che tutte le sere vede sua moglie entrare in casa dall’ingresso interno del garage con quello sguardo languido e lui sta impazzendo. Vuole sapere se abbiamo qualche novità.
Lo resocontai nei minimi dettagli su tutta quella mia deludente settimana investigativa.
Lui mi ascoltò con attenzione, poi sollevò il capo e batté tre volte il pugno sul tavolo.
– Studiare! Studiare! Studiare! Per fare bene questo mestiere bisogna studiare! Quante volte te l’ho ripetuto.
Annuii sconsolato.
– E, come ti ho detto mille volte, qual è il nostro libro di testo?
– Novella 2000.
– Bravo, ma non ti sei applicato, vedo. Come sempre tocca fare tutto a me. Anche questa volta la soluzione me la sono dovuta trovare da solo.
– La soluzione?
– Certo! Sentiamo: cosa hanno in comune Diana, Stephanie di Monaco e Madonna?
Ebbi un momento di smarrimento. Poi azzardai:
– Essere discrete, anche se, in realtà, se esaminate nel dettaglio, nessuna di loro pare avvicinarsi troppo al modello maschile di perfezione fisica femminile.
– Se veramente un tonno, Marco. Vieni, andiamo a trovare il Borselli e le sue corna.
Quando arrivammo alla villa il caso però si era già risolto da solo, se così si può dire. C’erano ambulanze e macchine della Polizia con i lampeggianti accesi. Gli agenti ci fermarono al cancello, ma l’Arturi vide nel cortile il Commissario Federici, un suo vecchio amico, che ci fece entrare.
– Che ci fai qui, Domenico? – chiede il poliziotto.
– Delitto d’onore, vero? Nel garage?
Il Commissario lo squadrò strano. – Nel garage – rispose – ma non è esattamente un delitto d’onore. Il marito ha sorpreso la mogliettina russa che si stava trastullando con la guardia del corpo nel garage...
– Sì, lo facevano tutti i fine pomeriggio, quando rientravano in casa – disse l’Arturi.
– Uhm… una sveltina al giorno leva il medico di torno – chiosò Federici.
– Sì, ma alla fine fa arrivare i becchini – disse il mio capo. Poi chiese: – Borselli li ha uccisi tutti e due?
Il Commissario scosse la testa. – Borselli ha sparato per primo. La guardia del corpo ha risposto. Decisamente con più precisione. È l’industriale quello che è finito sotto il lenzuolo bianco.
– Porca miseria! Mi sa che sarà dura incassare la mia parcella – fece l’Arturi. – Sicuro che la cosa sia andata così?
– Le prime ricostruzioni confermano il racconto dei due. C’è anche una domestica che ha visto Borselli andare nel garage con la pistola e ha ascoltato le urla.
– Quindi l’autista se la caverà con poco e Ana Kurtikova è divenuta una vedova molto ricca – disse Domenico.
– La guardia del corpo… – mormorò il Commissario accendendosi una sigaretta. – Come Diana e Stephanie di Monaco.
Arturi mi guardò e fece: – vedi Carboni, da cosa si riconosce un vero professionista; lui sì che ha studiato e conosce il mestiere.
– Anche Madonna – dissi.
Federici mi guardò incuriosito.
Orgoglioso, spiegai: – Anche Madonna, nel 1992, ebbe una storia con la sua bodyguard, James Albright.
Sergio Calamandrei vive e lavora a Firenze. Ha scritto il romanzo L'unico peccato pubblicato da Zona ed. nel 2006 e diversi racconti segnalati in premi letterari (Maremma Mystery, Orme Gialle) o pubblicati in antologie (l'ultima è Ucronie per il terzo millennio, Liberodiscrivere).
Il suo sito è calamandrei.it, a cui si è affiancato un blog, calablog.splinder.com/.
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