Romanzo breve o racconto lungo? L’uomo che rubava manoscritti di Giacinta Caruso si distacca notevolmente dai precedenti Il Giardino delle delizie, Il triangolo di Rembrandt e Il quadrato magico di Durer.
Si tratta di una storia poliziesca ambientata nella Londra contemporanea in cui la “persona offesa”, giuridicamente parlando, è Lise, giovane sceneggiatrice alla ricerca della sua prima grande occasione per farsi conoscere. Intorno a lei si muove un mondo underground di tossici, giovani sceneggiatori e tecnici di montaggio, spesso malpagati e talvolta scippati del loro lavoro e soprattutto dei loro sogni di trovare un loro posto nel mondo del cinema. C’è un finto cattolico fervente, titolare di un’agenzia cinematografica che nasconde turpi commerci e c’è la prima vittima, un personaggio squallido che vive di espedienti. Lise indaga dopo la sua morte per cercare un lavoro che aveva consegnato alla vittima per avere dei consigli e che invece l’uomo non le ha mai voluto restituire.
Parallelamente alla storia moderna ne viene narrata un’altra ambientata negli anni Trenta, il progetto di un film sulla vita “maledetta” del pilota automobilistico Achille Varzi, eterno rivale di Nuvolari.
Come in ogni thriller che si rispetti, il colpo di scena finale è assicurato. Non convince troppo la molla che fa da propulsore all’intera vicenda, cioè la ricerca spasmodica e a qualsiasi costo da parte della protagonista del proprio lavoro, vissuta come un passaggio per raggiungere il successo.
La scrittura è molto scorrevole e la struttura collaudata. Raffinatissima la copertina, un bellissimo profilo femminile in bianco e grigio.
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