Si dice che l'assassino ritorni sempre sul luogo del delitto. E in effetti Augusto Giraldi ci tornava sempre sul luogo dei suoi delitti, perché era un nostalgico e gli piaceva rivisitare i posti dove aveva ammazzato qualcuno. Finalmente poteva goderseli, quei luoghi, in uno stato d'animo disteso, senza più il batticuore, le tensioni, per altro giustificate, che si accumulano quando uno si appresta a compiere un omicidio.
Giraldi però non ci tornava da solo sul luogo del delitto. Aveva l'abitudine di portarsi appresso tutta la famiglia, moglie e figli, suocera compresa, e anche il suo yorkshire terrier, nonché, in via eccezionale, la signora che ogni mercoledì gli faceva le pulizie in casa. Se poi il crimine era avvenuto all'aperto, dentro un bosco o in un parco pubblico, Giraldi ci tornava più volentieri, perché lì, all’aperto, poteva organizzare un picnic. Prima di iniziare il pranzo, chiamava tutti a raccolta e illustrava in modo dettagliato la dinamica dell’assassinio.
Qualche volta organizzava dei veri e propri pellegrinaggi sul luogo del delitto, portandosi dietro un bel po' di gente. In questi casi prendeva a noleggio dei pulmini e adoperava un megafono perché tutti sentissero bene la ricostruzione del delitto, e non avessero a lamentarsi della gita.
Fin da piccoli i figli del Giraldi si divertivano un mondo a sentire le storie delittuose del padre. Il fatto poi di sentirsele raccontare sul luogo in cui erano accadute, li eccitava moltissimo. Così protestavano se qualche volta Giraldi manifestava segni di stanchezza e voleva prendersi una pausa. "No, papà, non fermarti", lo riprendevano spalleggiandosi l'uno con l'altro, "raccontaci ancora una volta di come hai ucciso quel postino di Verona. Su, fai il bravo, non farti pregare".
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