Sono Sergio, Sergio Gualandi e “faccio” (che John Ford mi perdoni…), recensioni cinematografiche” su Thrillermagazine. Se il mio nome mi piace? Bah, è che lo uso da un po’, sai com’è… comunque per tanti anni il barbiere di cui ero cliente mi ha chiamato Stefano. Non gli ho mai detto nulla (poi ho scoperto che secondo lui avevo la faccia da Stefano…vai a capire…). Soprannomi? Mhh, per un certo tempo “siluro” per via della fronte spaziosa (calvizie incipiente, niente a che fare con l’intelligenza…). Adesso niente più soprannomi. Parolacce tante (gli altri a me, io non le dico…), ma niente soprannomi…
Vivo a Roma, che attraverso per raggiungere quella sala dove fanno quel film che se è adatto finirà recensito (bene o male difficile a dirsi…) su Thrillermagazine.
Ci vivo bene, ma vivrei bene ovunque ci fossero sale cinematografiche, librerie, parchi.
Di cosa vivo? Mhh, la domanda è complicata…Vivo di lavoro, ammesso che abbia capito bene la domanda “di cosa vivi…”
Lavoro in un’Azienda ora privata una volta pubblica. Il lavoro è impiegatizio tendente al fantozziano. Si potrebbe definire come un tipo di lavoro assimilabile a quello che si svolgerebbe in un fantomatico, ma pur sempre possibile, “Ufficio falsificazioni pratiche”, quello dove, tanto per dire, si apporrebbero firme false su documenti veri e firme vere su documenti falsi così da essere “parati” sempre e comunque…
Vivo con una compagna. Frequentazioni non moltissime, faccio vita appartata, coltivo la sparizione più che l’apparizione anche se qualcuno avrebbe da ridire sul fatto che “scrivere” svela un’insana voglia di apparire. Tanto per chiarire: a un’obiezione del genere non saprei né come né cosa rispondere... Resto convinto di essere un introverso, schivo, un po’ timido…
Sperando di non equivocare sulla domanda “Sogni?” azzardo la risposta intendendo per “sogno” l’attività onirica notturna”, il sonno REM insomma. Sogno regolarmente, con grande divertimento ma anche con altrettanto rimpianto. Il perché è presto detto: sogno spesso film che non vedrò mai più (questo è il rimpianto), inventati là per là nel corso del “lavoro onirico” (come diceva Freud…). Recentemente è capitato di sognarmi in una sala, immaginaria, a vedere un film che non esiste. Accanto a me il Nobel per la pace Muhammad Yunus, l’inventore del microcredito. Tempo qualche notte ed è giunto Stanley Kubrick al quale mi offrivo come assistente tuttofare, forse perché ero reduce dalla mostra su di lui…sapete come vanno queste cose, i cosiddetti “residui diurni” (ancora Freud…). Comunque mi rimane il dubbio di aver equivocato sul reale significato della domanda “sogni”…
Nel tempo libero butto giù impressioni sui film che ho visto. Poca TV, più che altro sotto forma di telegiornali. Sport sotto forma di Formula Uno (tifoso MacLaren, Ferrari no per carità!!). Leggo solo un quotidiano (la mazzetta di giornali magari gratis è il sogno di una vita…) che quasi immancabilmente è La Repubblica. È uno di quei rituali ai quali non potrei rinunciare al punto che alcune volte sono stato tentato, in occasioni di festività o di scioperi, di cambiare la data del giornale per illudermi di avere il quotidiano del giorno stesso (recentemente mi sono imbattuto in una frase di Hegel secondo il quale la lettura dei giornali “è la preghiera dell’uomo moderno”. Concordo in pieno, guai a disturbare il lettore che si accinge a sfogliare la prima pagina del suo giornale, e soprattutto guai a leggerlo prima di lui…).
Il binomio lettura del giornale-mezzo pubblico ha fatto di me una strana creatura capace non solo di contorsioni fisiche complicatissime pur di continuare a leggere il giornale in mezzo al più affollato dei vagoni, ma anche abilissimo nel piegare il giornale fino alle minime dimensioni sempre per poter continuare la lettura…
Il mangiare: mangio rigorosamente alla larga dalla mensa aziendale (colpa di Fantozzi e della sua crocifissione in sala mensa raro esempio di come unire cibo e senso di colpa…). Scrittura solo sottoforma di “rece”, anche se Mauro vorrebbe qualche articolo sul cinema ma non ci riesco “quasi” mai perché mentre il film ti rimane dentro (anche quello brutto…), le notizie spariscono alla velocità della luce, quindi niente poesie, niente racconti, niente romanzi, un monomaniacale insomma, anzi un “monotematico”.
Nel tempo libero cammino a lungo, anche se non è che sia molto, visto che il lavoro le sue belle otto ore se le prende…
La scrittura è “troppo” per me, visto che ”scrivere” recensioni, per quanto uno ci metta o almeno tenti di metterci tutto quello che è e nonostante qualche volta si raggiunga un risultato apprezzabile, come attività non può essere apparentata allo “scrivere” o alla “scrittura”. Inutile nasconderlo: le recensioni sono in fin dei conti pallide creature parallele al mondo del film. Al contrario un racconto (inventato di sana pianta quindi…), crea un mondo ex novo che prima non esisteva, il che ne fa una cosa, a mio avviso, assai diversa.…Vero è che è appena uscito un libro scritto a sei mani (io e altri due colleghi di recensioni…) e quindi per un terzo ne sono l’autore, ma anche in questo caso lo considero, per la mia parte, una serie di recensioni più larghe (comunque il libro è sulla figura dei Bad Boys cinematografici e su TM è già pronto un articolo Grazie Mauro!! notizie/6017/). Soddisfatto? Soddisfattissimo, non chiedo di più (è vero!!).
Cosa si deve fare per essere notati nel campo dell'editoria? Come ci si deve comportare?
Semplice: si deve scrivere un libro che venda…diciamo 1.000.000 di copie (ma ne possono bastare anche tra le 45.000 e le 200.000, più 200.000 che 45.000…)
A me non è successo.
A thriller magazine ci sono arrivato grazie a un amico che me l’ha segnalato.
Esperienze con altri siti, sempre recensioni…
Mai lavorato con l’editoria
Cosa mi piacerebbe fare meglio e di più?
Risposta secca: recensioni, recensioni, ancora recensioni…stipendiato? Certo che sì (anche solo un rimborso spese, anche minimo…)
Del thriller mi intriga il meccanismo che poi si finisce col ritrovare anche in film che non necessariamente appartengono al genere codificato come thriller, meccanismo che mi aspetto il più perfetto possibile, le coincidenze apparenti che invece non sono, le cose buttate là apparentemente per caso e che soltanto alla fine si rivelano per ciò che sono. Qualche esempio: la scoperta del contenuto del pacco recapitato in mezzo al deserto al terzetto composto da Brad Pitt, Morgan Freeman e Kevin Spacey in Seven, la natura del legame che unisce Oh Dae-Su a Mido in Old Boy (vera e propria “agnizione” per usare un termine appropriato…), la risposta alla domanda “Cosa succede ai cloni creati dalla macchina del teletrasporto? in The Prestige, il magnifico twist ending di The Others (dove prendiamo atto che per una volta non sono i morti a disturbare i vivi ma l’esatto contrario), ecco cosa mi intriga del thriller!!
Purtroppo è diventato oramai difficile imbattersi in un film che riesca a sorprenderti da cima a fondo…
La scrittura è un po’ il mio hobby, ma come ho già chiarito solo in relazione al cinema, anzi è il cinema ad essere il mio hobby e la scrittura un suo derivato…Ciò non toglie che col tempo ci si accorge che esistono alcune linee guida alle quali ci si attiene, linee guida che per certi versi potrebbero somigliare a ciò che per uno scrittore è “lo stile”, il proprio stile. Per esempio nel preparare una recensione ci sono alcune condizioni che mi rendo conto cerco sempre di soddisfare. La prima condizione riguarda il giudizio sul film che cerco di esprimere nel modo più netto (le stellette aiutano ma non sono tutto…). La seconda è cercare, attraverso la descrizione di un momento particolare del film, una scena per esempio, di cancellare qualsiasi dubbio nel lettore riguardo al fatto di aver visto il film. Per quanto mi riguarda sono uno di quelli, per dirla con Rino Gaetano, che “non ha mai recensito un film senza prima, prima vederlo”. Terza condizione è quella per cui siccome nessun film è un isola (al pari di un uomo…), ogni qualvolta mi è possibile cerco di stabilire delle connessioni tra il film in esame ed altri film, o per via tematica, o attraverso quelle che ritengo siano citazioni palesi di altre pellicole.
La lettura è un discorso a parte, in un certo senso un momento al quale ad un certo punto il cinema si è affiancato, qualcosa che c’era prima di iniziare a cimentarmi con le recensioni. Leggere è più semplice perché non sei tu che scrivi, anche se in ogni caso, sia che tu legga o che scriva, inevitabilmente verrà quel momento in cui finirai col trovarti di fronte l’inevitabile paragone con chi scriverà sempre meglio di te e che magari è stato, è, e sarà sempre un lettore più onnivoro di quanto tu non sarai mai…
Dedico alla lettura, purtroppo ritagli di tempo, non è una cosa sistematica, un po’ perché spesso mi trovo in sala al buio… comunque non scrivendo altro che recensioni devo dire che sono abbastanza al riparo del blocco dello scrittore …oddio, ogni tanto capita quel tipo di film che mentre lo stai vedendo pensi con un pizzico di timore “cosa mai scriverò su ‘sto film?”, magari perché non offre appigli o spunti di alcun genere, ma nulla a che vedere (penso…) con il terrore che assale lo scrittore quando si misura con il famoso “blocco”. Riguardo alla lettura le ore preferite sono quelle serali durante i giorni cosiddetti “feriali” e il fine settimana (il che vale anche per la scrittura…).
È una passione che è uscita fuori col tempo, prima non ci pensavo proprio…
La mia esperienza nel mondo dell’editoria è pari allo zero.
Penso che nella vita in generale non sopporto i discorsi impiantati sui luoghi comuni (i discorsi da sala d’attesa per intenderci…), le generalizzazioni, l’arroganza e la prepotenza. Non sopporto nemmeno quelli che si piazzano alle spalle del giornalista per farsi inquadrare dalla telecamera e fanno ciao con la manina…
Riguardo alle sensazioni che provo nello scrivere, non essendo uno scrittore di romanzi ma partendo sempre dal dato concreto rappresentato da un film e non da una semplice idea attorno alla quale costruire un mondo, queste sono paragonabili a un saliscendi continuo. Tensione che va a salire mano a mano che la costruzione della recensione procede, uno stato di soddisfazione quando lettura dopo lettura senti che la “rece” va bene, sensazione di perdita quando la recensione è pronta per andare on line e in un certo senso non ti riguarda più, ormai è andata ed è il momento di pensare ad altro, cioè a un’altra recensione…
Scelgo i libri da leggere un po’ per il passaparola, anche se confesso che se un libro mi viene consigliato difficilmente va a finire che lo leggo. Alla base forse un po’ di presunzione, nel senso che preferisco di gran lunga consigliare che essere consigliato. Sugli affetti più cari, un nome su tutti: P.K. Dick. Credo di aver letto tutto quello che è uscito in italiano (grazie Fanucci…). Ho iniziato con La svastica sul sole, la più classica delle distonie ma quello che “mi ha cambiato la vita” è stato prima Ubik (“Saltate nel pisciatoio e mettetevi capovolti. Sono il solo ancora vivo, voi siete tutti morti…”), poi ovviamente Un oscuro scrutare, anche se per leggerlo ho dovuto aspettare diversi anni perché è stato pubblicato con molto ritardo. Credo sia la migliore descrizione di una mente tossicodipendente che abbia mai letto. Adesso sono letteralmente invaghito di Cormac McCarty, davvero il più grande scrittore americano vivente. Prendete Cavalli selvaggi e fatemi il piacere di andare a pag. 66. C’è scritto così: “In lontananza fra i nuvoloni neri balenavano lampi silenziosi che sembravano saldature incandescenti tra fumo di metallo fuso. Pareva che riparassero un guasto nell’oscurità metallica del mondo”. Ecco un’immagine di enorme fascino che la dice lunga sull’abilità di chi li l’ha pensata. Sono arrivato a McCarty dal cinema, come accade spesso. È oramai risaputo che Joel ed Ethan Coen hanno tratto il loro ultimo film No country for old men dal libro omonimo di McCarty il che ha consentito loro di portarsi a casa quattro Oscar. Il libro si legge d’un fiato ma lascia parecchi dubbi sulla possibilità di farne una trasposizione cinematografica all’altezza, cosa che a mio modesto avviso si è puntualmente verificata. Ho la certezza che l’opera di McCarty non sia adatta a essere trasposta per lo schermo perché troppo complessa. Un tentativo precedente a quello dei Coen è stato fatto da Billy Bob Thornton con Cavalli selvaggi, film che non ho mai visto per cui non posso giudicare (a proposito del grande Billy, se non l’avete visto procuratevi il suo esordio cinematografico Sling Blade, ne vale la pena…).
Altro grande interesse è quello nei confronti di Fred Vargas, figura credo ben nota ai lettori di TM. Ho iniziato a leggerla dalla fine, da Nei boschi eterni per intenderci, e pian piano sto rileggendo tutto quello che uscito. Ho terminato da poco Chi è morto alzi la mano, gran titolo, senza dubbio!!. Ovviamente apprezzo in particolare la figura del commissario Adamsberg (L’uomo al rovescio, Parti in fretta e non tornare). Ho un ottimo giudizio anche sul un’altro francese, cioè J. P.Manchette. Impossibile non citare la fine di Posizione di tiro: “In notti come queste Terrier dorme in silenzio. Nel sonno si mette in posizione di tiro a terra.” L’idea che questo killer nonostante sia orami ridotto pressoché allo stato vegetale continua a ricordare il suo vecchio “lavoro”, è triste e inquietante allo stesso tempo. Più secco della Vargas, meno fronzoli, più crudele. A seguire in ordine sparso e casuale altri interessi da segnalare sono stati Freud e Jung (per motivi di studio), James Ellroy, Steven King, Michel Houellebecq, Elmore Leonard, Kurt Vonnegut, Edward Bunker, Raymond Carver, Charles Bukowski e tanti, tanti altri…
Purtroppo il vizio di leggere “tutto” quello che un autore ha pubblicato espone automaticamente al rischio di rimanere anche in questo caso “orfani” (come quando si è terminato di scrivere una recensione o un libro…) perché quando hai letto tutto e il tuo autore preferito è oramai passato a miglior vita oppure è vivo ma è anziano0 e ovviamente tu leggi molto più in fretta di quanto lui scrive, che fai? (chiedo scusa, non volevo finire l’intervista co’ sta botta di tristezza…)
Il lavoro di adesso per vivere, solo per vivere, il lavoro che verrà, se mai verrà, per soddisfazione, solo per soddisfazione…
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