È l'estate del 2000. Anno di giubilei, di olimpiadi, di campionati europei, di festeggiamenti per l'imminente millennio... e della tragedia del Kursk. Il sottomarino russo, che divenne una bara d'acciaio per i marinai che vi erano rimasti imprigionati, diventa il punto d'inizio di questo indefinibile "oggetto narrativo" che è Un corpo sul fondo del bravo Pietro Spirito.
Perché "oggetto narrativo"? Fondamentalmente perché qualsiasi altra definizione gli andrebbe stretta. Non è propriamente un romanzo, anche se vi sono raccontate vicende fittizie, ci sono dei personaggi inventati e c'è uno sviluppo di caratteri (ma anche un finale molto aperto, o meglio, solo parzialmente disciolto). Non è nemmeno propriamente un'opera di saggistica, per quanto vi sia un evidente intento documentaristico nel raccontare una vicenda tutta italiana, e nel partire da questa per immergersi (letteralmente) nelle profondità del mito sottomarino. C'è del giornalismo (dell'ottimo giornalismo: tanto di cappello) ma c'è anche dell'allegoria, perché l'infermiera Vera - agognata ma mai completamente raggiunta dal protagonista - pare talvolta un'incarnazione terrena della Verità.
La voce narrante di Un corpo sul fondo è un giornalista, per molti versi simile all'autore stesso, che dopo la tragedia del Kursk scopre che un altro sommergibile italiano aveva avuto una vicenda del tutto simile durante la Seconda Guerra Mondiale. La curiosità del reporter diventa dapprima un esercizio di filantropia (il giornalista si mette sulle tracce della storia del Medusa per soddisfare un anziano reduce della Decima Mas), poi un'ossessione, e infine un vero e proprio abisso, fatto di rimandi e coincidenze (realmente accadute), avvenimenti tangenziali e intrecci personali. Come a dire: quando ci si immerge, non si sa mai quanto a fondo si arriverà. In questo pozzo di suggestioni trovano allora spazio le interrogazioni parlamentari sull'onore da rendere ai caduti, il mito di Ventimila leghe sotto i mari, la storia del primo Medusa (anch'esso affondato nello stesso tratto di mare ma stavolta durante la Prima Guerra Mondiale), il diario sottomarino del matematico Giulio Rosich, le vicende balcaniche della ex Jugoslavia narrate dall'amico Marko e molto altro ancora.
Si riemerge dalla lettura di questo oggetto narrativo con l'impressione di avere intravisto qualcosa di importante, anche se non si sa bene cosa. La testa gira un po' - che sia la carenza di ossigeno? - ma resta la certezza di volersi tuffare nuovamente in quell'abisso, incerti se si tratti di quello sottomarino o non, piuttosto, di quello dell'animo umano.
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