Tenete d'occhio Gianluca Morozzi, se ancora non lo conoscete. Tenetelo d'occhio perché vi stupirà, al di là delle etichette con cui si potrebbe cercare di etichettarlo - ora scrittore giovanilista, ora ammiccante al mondo della musica o al thriller venato di noir (suo il folgorante Blackout - vedi libri/25).
Con Il vangelo del coyote Morozzi scrive una graphic novel talmente trascendente i generi da rendere superflua l'enumerazione degli aggettivi con cui classificarla. Siamo, semplicemente, di fronte a una storia. Anzi, due.
La prima è quella di due ragazzine, Skoda e Liù. Non pestifere: criminali. Non disagiate: sociopatiche. Tanto da aver scelto come hobby quello della tortura sadica ai danni degli inermi.
L'altra storia è quella di un professore di scuola dagli inquietanti segreti nascosti in una cantina dalle pareti imbottite.
Due storie le quali, più che intrecciarsi, si motivano e si rispecchiano l'una nell'altra, proiettandosi reciprocamente ombre di morte.
Il passaggio tra queste due storie, entrambe molto crude ma dai toni diversissimi, è affidato a due disegnatori dal tratto altrettanto differente: Giuseppe Camuncoli e Michele Petrucci. Il risultato è un altalenare continuo fra incubi sempre più allucinati, con un taglio e un montaggio che non sembra errato definire cinematografici. Una graphic novel visionaria e coinvolgente, capace di donare più di un brivido ai suoi lettori.
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