Un malloppone di 479 (quattrocentosettantanove) pagine questo La quinta vittima di Antonio Invernici, Baldini Castoldi Dalai 2007. Voi sapete che odio i mallopponi. E allora perché l’ho preso? Per due motivi. Abbiamo una nuova detective lady e una scrittura ben visibile con caratteri abbastanza grandi da permettere una lettura non faticosa. E’ Milano, ma potrebbe essere una qualsiasi altra città: sono Simona, Giovanna, Marzia e Valeria, ma avrebbero potuto essere altre quattro donne. Niente le accomuna - non l’estrazione sociale, non l’età, né lo stile di vita - a parte la solitudine in cui ciascuna si sente sprofondare e il feroce destino che le rende vittime in pochi giorni dello stesso carnefice: un seduttore per corrispondenza che, offrendo loro uno spiraglio di luce, le attrae a sé per lasciarle, una dopo l’altra, esamini sul luogo del primo incontro. Anche il serial killer sembra sfuggire a qualsiasi tentativo di classificazione, sia nel modus operandi, sia nella logica della sua follia.
E’ a partire da questi labili indizi che Anna Gilardi, il sostituto procuratore, insieme a un nutrito pool formato da poliziotti, carabinieri e due agenti dell’Fbi, è chiamato a condurre le indagini sul caso”.
Le vittime vengono narcotizzate e poi strangolate. Nel fondo della loro vagina l’assassino inserisce una moneta da un euro.
E vediamo questa Anna Gilardi: intanto ha una figlia diciassettenne, Francesca, con la quale è in serio conflitto. A un certo punto la colpisce con uno schiaffo di estrema violenza. Dalla stessa Francesca si viene a sapere che è stata lasciata dal marito “Sto contando i giorni e poi me ne andrò come ha fatto papà”. Poi divorziata. C’era da immaginarselo. Sniffa la droga (per essere più precisi cocaina). E questo era più difficile da immaginare. All’occorrenza pasticche di Tavor. Porta gli occhiali. Ha avuto una storia con il futuro commissario Alberto Gropello “Anna sorrise. Era contento di vederlo. Di ritrovare uno dei pochi uomini capaci, almeno per qualche mese, di placare quella sensazione d’inadeguatezza, che dai tempi del divorzio le aveva impedito di avviare una qualsiasi relazione”. Dopo un po’, però, cambia idea “Lo sguardo di Anna era gelido. Tutte quelle allusioni sessuali davanti alla morte le erano sembrate oscene sulle labbra dell’uomo con cui qualche anno prima aveva fatto l’amore”. Rapporto ormai finito anche se lui tenta di rinnovarlo. Il lavoro la fortifica, la tonifica, le dà la forza di andare avanti. Vista da Carmelo Brusca, un suo sottoposto “Gli piaceva quella donna. Era intelligente, determinata e soprattutto aveva l’impressione che fosse profondamente onesta. A volte era dura, persino scostante, ma era sicuro che quello non fosse che un vestito, la maschera che doveva indossare per affrontare la difficoltà della sua professione che la costringeva a comandare, la parola “coordinare” lo faceva ancora sorridere, colleghi maschi spesso più vecchi di lei”. Simpatia ricambiata per il marito di una delle vittime. Allora riprende un po’ di fiducia “Lo specchio le restituì un volto che le piacque e che non rivedeva da qualche tempo. Segnato dalla tensione forse ma ancora interessante”. Ricordi della separazione. Rivolta a Francesca “Tu avevi appena compiuto due anni. Non so se avesse ragione, l’ha fatto e basta… Avrei voluto odiarlo ma non ci sono riuscita. E’ stato un buon padre e un ex marito corretto. Neppure quella soddisfazione mi ha lasciato”. Fregata dai superiori che le vogliono togliere l’indagine. Vendicativa e poi pentita verso il violentatore di sua figlia “Voglio che venga lasciato un paio di settimane in carcere insieme a detenuti comuni” e in seguito “Anna si sentiva a terra, svuotata di ogni rispetto per se stessa”. Ricordo dei genitori che le hanno instillato i valori del rispetto, dell’obbedienza e del sacrificio. Un giorno sarebbe stata giudicata da Dio. Ora non ci crede più. Non esiste alcun ente supremo “…e se qualcuno la fa franca qui sulla terra, eludendo la giustizia degli uomini, se l’è cavata definitivamente”. Uccide freddamente l’assassino a colpi di pistola.
Sul libro. L’idea di nascondere il vero delitto all’interno di una successione di assassini senza senso apparente ( “Le ha uccise tutte lui. Dalla prima all’ultima ma solo una di loro aveva un motivo per morire. Le altre tre hanno funzionato solo da tragica cortina di fumo”) è vecchia come il cucco. Basta ricordare La serie infernale di A. Christie ripresa in seguito a piene mani. La storia si sviluppa da molte (troppe) angolazioni e sembra cucita con il filo di altre storie prese di qua e di là. Una specie di rappezzo come si dice dalle nostre parti. Anche certi cambiamenti psicologici non mi paiono convincenti. E poi le solite frasette in corsivo. In premio la mia pensione a chi le fa sparire.
Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it
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