L’agente 47 è un killer professionista appartenente ad una misteriosa organizzazione. Ricevuto l’incarico di eliminare Belicoff, candidato alla presidenza della Russia, accetta il compito senza sospettare che in realtà dietro l’incarico si nasconde una trappola. Portato a termine il compito, infatti, si ritrova braccato dall'Interpol, dai servizi segreti russi nonché da tre killers della sua stessa agenzia…
Qualcuno s’arrabbia se “un qualcuno” dice che Hitman – L’assassino di Xavier Gens (pupillo di Luc Besson autore di un horror dal titolo Frontière(s) del quale si parla un gran bene…) trascinato fuori dal mondo dei videogiochi dove ha spopolato lascia il tempo che trova, cioè “coperto con nubi in aumento e precipitazioni sparse”? Sarà perché stavolta la “sospensione” non avviene e quindi si rimane increduli non abituandosi mai veramente all’idea che uno che per mestiere sarebbe meglio che passasse inosservato se ne va in giro rasato e con un codice a barre tatuato sulla nuca? O sarà magari perché immagine dopo immagine ci si rende conto di come nell’imbastire la storia quest’ultima risulti “bastarda” senza nulla ma proprio nulla di nuovo? La messa in scena annovera sparatorie furibonde con l’agente 47 in veste di macchina ammazzacattivi e una pistola per mano, tanto i prelievi (o i furti?) dal cinema di Hong Kong non fanno più notizia, un combattimento a “lame nude” molto modesto, un ”quadriello” (con doverosa plongée sui quattro…) visto e ri-visto, un combattimento a due in uno spazio ridottissimo visto pure questo con Jet Li protagonista. Timothy Olyphant, l’Agente 47 (il villain cui si contrapponeva Bruce Willis in Die Hard – Vivere o morire) sguardo fisso e andatura da robot, ogni tanto si sdilinquisce per Nika, la bella di turno che risponde al nome di Olga Kurylenko.
Tranquilli, prima o poi qualcuno porterà sullo schermo un racconto che inizia così “Era inverno e scendeva la notte. Un vento gelido, che proveniva direttamente dall’Artico, soffiava sul mare d’Irlanda, spazzava Liverpool, sibilava attraverso la pianura del Cheshire (dove i gatti reclinavano le orecchie per il freddo, quando lo sentivano sbuffare nel camino) e, infilandosi attraverso il vetro abbassato, andava a colpire gli occhi dell’uomo seduto nel furgone Bedford. L’uomo non batteva ciglio” e si chiude così “In notti come queste Terrier dorme in silenzio. Nel sonno si mette in posizione di tiro a terra”.
Nel frattempo ci guardiamo quel che passa il convento…
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