L’ormai famoso magistrato torna in libreria con il suo terzo romanzo, atteso con impazienza dai suoi lettori.

Chi, però, conosce già le opere precedenti dell’autore, non deve assolutamente partire con aspettative o pregiudizi, infatti il nuovo lavoro di Carofiglio è completamente diverso dai precedenti.

Non si tratta di un legal thriller, il protagonista non è l’avvocato Guerrieri, bensì l’autore si cimenta per la prima volta in un - come lui stesso lo definisce - romanzo di formazione, dove la trama passa leggermente in secondo piano per lasciare maggior spazio alla riflessione.

Giorgio è un ragazzo di 22 anni, la cui vita sembra, agli occhi di tutti, perfetta: è un ottimo studente, sta per laurearsi in giurisprudenza, ha una fidanzata, una vita sociale, ma nel momento in cui incontra Francesco tutto cambia, il suo equilibrio si spezza ed egli crede di aver trovato la vera direzione da dare alla sua vita, fatta, fino a quel momento di nulla.

Francesco è un coetaneo di Giorgio, molto differente, però, da lui e, grazie al suo forte ascendente misterioso ed oscuro, lo trascina in un’avventura che segnerà per sempre la vita di entrambi.

Francesco si guadagna da vivere barando a poker e fa di Giorgio la propria spalla, convincendolo a partecipare a partite ed avventure sempre più estreme.

La loro storia si intreccia poi con quella del tenente Chiti, costretto ad indagare su uno stupratore seriale, che terrorizza la città di Bari.

Il romanzo si può definire una riflessione sul bene e sul male, sul labile confine che li separa, sulle scelte che ognuno è costretto a fare nel corso della propria esistenza. E senza dubbio si può dire che questa è la parte predominante del romanzo.

L’autore svolge questi temi attraverso il racconto della vicenda e attraverso i personaggi che diventano simboli e personificazioni, ovvero i mezzi che gli permettono di esprimere le proprie idee.

Proprio per l’interesse particolare di Carofiglio per la riflessione si può dire, senza ombra di dubbio, che la trama passa in secondo piano. L’autore impiega meno cura nella costruzione delle vicende, rispetto ai due romanzi precedenti, e viene meno il concatenarsi di eventi che portano alla soluzione del caso e alla conclusione della vicenda. Questo potrà forse essere un difetto per chi ama i veri “gialli” e per chi conosce l’autore dai due lavori precedenti, ma il lettore attento saprà guardare oltre la trama vera e propria per andare a fondo verso il messaggio veicolato.

In conclusione in Il passato è una terra straniera, Gianrico Carofiglio ci accompagna in una necessaria e catartica discesa all'inferno, senza perdere l'ironia e l'immediatezza che rendono fluida e gradevole la sua scrittura e piacevole la lettura.