trovò il corpo bruciato del fabbro con un coltello piantato in mezzo al petto e con la testa fracassata fuori il gatto non finiva di miagolare ed era davanti alla porta dove si rintanava la vedova immersa nel buio non rischiarata dalle luci delle fiaccole solo gli occhi verdi luminosi della bestiola bucavano il buio ma presto venne l’alba si ricostruì il locus delicti si capì cosa fosse successo mancava però il colpevole l’autore di tale scempio furto indubbiamente furto si indagò per giorni finché dopo un altro sopralluogo si scoprì un pezzo di dito bruciacchiato proprio sotto la mensola tra le cenere dei libri quel pezzo non apparteneva alla vittima ma al carnefice e si iniziò a controllare tutte le persone della zona del Palazzo Guinigi la vedova si impaurì lei non l’avevano ancora interrogata e un venerdì di notte uscì di casa con l’intenzione di fuggire da Lucca ma un maledettissimo gatto nero con gli occhi verdi luminosi miagolò destando l’attenzione di un paio di guardie della Repubblica che videro la donna fuggire la seguirono la fermarono la arrestarono ci volle poco all’ufficiale per comprendere le prese la mano sinistra era anche mancina il pollice era menomato ecco l’assassina! e Caterina confessò sotto tortura fu processata condannata a morte e il ventotto gennaio dell’anno milleseicentonovantanove fu condotta sopra un carro nella piazza di San Frediano strisciando per terra come una serpe tra due ali di folla che la insultava puttana! assassina! strega! mostro! all’inferno! all’inferno! fu fatta inginocchiare le mozzarono la mano sinistra poi la mannaia fece il resto il corpo fu bruciato e il capo appeso a una forca bene in vista sul baluardo delle mura di San Frediano.