L'esordio alla regia di un lungometraggio di Nicole Kassell è un film apparentemente rischioso, vicino a tematiche delicate, condotto però con mano tanto cauta da risultare in definitiva addirittura dimesso. Perfettamente allineato, stilisticamente e tematicamente, alle tendenze di un certo cinema indipendente americano, The Woodsman racconta la storia di un pedofilo che, scontati quattordici anni in carcere, fa ritorno alla propria città natale e trova impiego nel locale deposito di legname. Prevedibilmente, scoperto il segreto Walter (un Kevin Bacon estremamente controllato), i colleghi fanno di tutto per allontanarlo dal posto di lavoro, mettendo in atto quel meccanismo della segregazione che tanto sembra affascinare i nuovi autori americani. Perché, a ben vedere, più che un film sulla pedofilia e sulle necessarie implicazioni morali ad essa connesse, quella della Kassell pare essere una riflessione sulle dinamiche dell'emarginazione. Tutto intorno a Walter tende alla sua esclusione dalla società; l'alloggio in affitto, desolato e polveroso, rivela la propria natura di limbo tra il “fuori” e il “dentro” nel momento in cui vi entra un tavolino di ciliegio, un vezzo, che costituisce una tragica dissonanza nell'ambiente altrimenti assolutamente asettico di una prigione senza sbarre. E poi gli altri, un magma compatto che Walter non riesce a penetrare e dal quale non può farsi accogliere; anche Vickie (Kyra Sedgwick), personaggio, ad onor del vero, tagliato con la proverbiale accetta, che davvero ce la mette tutta, esce sconfitta dall'assalto alla corazza inespugnabile di Walt. La Kassell non gira male; la aiuta, è vero, una fotografia interessante anche se decisamente lontana dall'essere originale (l'effetto è quello, stra-visto, della “provincia grigia”), ma ciò che meno convince del film è un montaggio volutamente disordinato, una scelta stilistica che pare non avere alcuna funzionalità rispetto ad una storia che, come già detto, è condotta con cautela addirittura eccessiva. Forse nel tentativo di evitare ogni retorica, The Woodsman, fatta salva una sequenza piuttosto forte verso il finale, non colpisce, non emoziona, rimane sospeso tra un rigore stilistico che si perde quasi interamente nel montaggio frastagliato ed una volontà di raccontare che fatica ad emergere. Pellicola comunque discreta, soprattutto se si considerano le attenuanti ascrivibili ad un esordio assoluto, che avrebbe potuto essere più coraggiosa e più incisiva, se solo fosse stata condotta con mano più ferma ed una più netta determinazione a scavare nelle pieghe di un racconto interessante perché imbevuto nel mistero indissolubile dell'istinto umano.