- Chiudi la porta e vai in camera tua. Non sono discorsi per te questi.
Il corridoio è buio e dalla cucina arrivano aria e vapore. Sugo e caffè prendono lo stomaco. Anche oggi non riuscirò a mangiare.
Mi sdraio per terra, le ginocchia strusciano sul pavimento freddo con le strisce nere. Stendo il braccio, mi allungo. Il mangiadischi rosso che avevo nascosto sotto il letto è andato a finire in fondo e non ce la faccio a prenderlo. Resto stesa e sporca, la gonna blu a pieghe si arrotola sopra le mutande. Afferro il manico con la punta delle dita e sto per strisciare fuori.
Gabriella apre la porta e ride - Che ci fai infilata là sotto?
Poi vede me che mi alzo con il mangiadischi stretto in petto e non aspetta la risposta. Smette di ridere - Che hanno da dire là dentro?
Guardo mia sorella e annuso il suo odore che mi fa quasi venire fame. Alzo le spalle e mi giro. Sento lei che fruga nella borsa - Sì, beh, chi se ne frega. Fammi da palo che mi fumo una sigaretta sul balcone.
Premo il pulsante che fa uscire il disco, perché Gabriella comincia a cantare. Poggia la sigaretta sul bordo di un vaso, solleva la scamiciata e si aggiusta le calze. Il tipo che abita di fronte applaude. Lei non lo vede o fa finta e continua. Mi vergogno, ma sono anche ammirata. Gabriella infila mezza sigaretta spenta tra le foglie di una felce e rientra - Ma non ti rompi di sentire dalla mattina alla sera la stessa storia? ’Sta Sirenetta mi ha stonato, hai undici anni. Non vuoi crescere tu?
- No, non voglio crescere. E poi con le storie lo sai che mi fisso. Quando mi sono scocciata, cambio disco e comincio da capo.
Mia sorella mi fa una carezza veloce, le sue mani sono grandi e leggere.
Dalla stanza dei miei arrivano voci agitate. Gabriella sposta i capelli di miele da un lato e attacca l’orecchio al muro, si guarda le unghie e sbuffa - Parlano ancora di Valeria e di Mario, il suo fidanzatino aguzzino. Che sfinimento. Ora finisce che mangiamo per le tre e io faccio tardi. Mi passa a prendere Massimo.
- Che significa aguzzino? Anche Massimo è un aguzzino?
- Non troppo. Non sempre - tira giù la fodera del vestito - E poi, io, sorellina, non sono una vittima facile.
Le chiedo di Valeria e perché io non devo sapere. Lei dice che non devo sapere perché sono grande per fissarmi con la Sirenetta, ma sono piccola per gli imbrogli di amore e sangue. Parla con metà sorriso sulla bocca.
Non vorrei insistere. Mi piacerebbe sdraiarmi sul letto e ripetermi in mente un pezzo di disco a memoria, oppure ritagliare figure o restare chiusa in bagno a chiave. Non vorrei insistere, ma lo faccio lo stesso e nel modo migliore, mentendo - Tanto so tutto, me lo ha detto Vanna. Lo sai lei com’è: non ce la fa a tenersi i segreti, però li cambia un poco. Volevo solo sapere cosa ne pensavi tu. Ma il fatto di nostra cugina lo so e anche bene. Io li conosco già gli imbrogli di amore e sangue.
Gabriella mi abbraccia e mi bacia sui capelli, sul collo, sulla fronte - Hai capito, la dritta. Tu non sarai come le donne di casa, tonde e morbide per gli sguardi dei maschi. Tu sarai come un ragazzo: quelli svelti, con gli occhiali e i sorrisi taglienti. Il sangue tuo sarà appena una macchia e parlerai con gli uomini solo come gli altri uomini sanno fare. Avrai fianchi stretti e parole di fuoco, altro che sirene o fatine. Ma per il momento sono ancora più avanti di te. E il fatto di Valeria non te lo dico.
Stiamo per un poco a guardarci, poi mi prende la mano e mi porta sul tappeto tondo a strisce concentriche. Sfila la Sirenetta dal mangiadischi e al suo posto mette Angie. Stese, testa contro testa, aspettiamo che cominci, mentre la puntina consumata graffia il silenzio.
Intanto Mario aspetta Valeria nei giardini brutti dietro lo stradone. Il respiro non è più suo.
Il filo di nylon robusto, che tende a scatti nelle mani, suona la musica vecchia di amore e sangue.
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