- Giorgino? Arriva la tua ciccina.

- Micia, vieni qui. - Un soffio sottile. Una voce roca che si fa piccolina.

Suonano alla porta.

- Uffa… arrivo subito tesoro, vedo chi è e lo mando via. - Certo che non lo chiudono mai il portone, pensa.

- Scì. - L’uomo si allunga rapido verso il comodino e prende la pistola, con lui non si scherza.

Michela va alla porta e apre decisa. Non ha timore di nulla e di nessuno: - Gino? - nemmeno di lui.

- Ciao, Michela.

- Che fai qui, Gino. - Lo sa bene che lo manda Cesidio.

- E’ che… devo controllare…- come dirglielo?

- Senti, ho qualcuno di là. Se vuoi riposarti un po’ c’è il divano. - Lo sa che lo manda Cesidio ma è meglio non fare nomi, se no Gino si agita. - poi, se vuoi, quando mi sveglio nel pomeriggio, ti vengo a salutare, eh?

- Scì ma… chi c’è di là? - stringe il coltello nella mano. Michela non porta clienti in casa. Chi c’è di là?

- Gino, Gino, cosa fai, sei geloso? Dai, entra. - gli tocca il naso con il dito curato, smaltato di nero e chiude la porta con un movimento elastico del corpo. La camicetta si apre ed il seno sfiora lo sguardo di Gino. - Avrai freddo, tesoro. Ti prendo le coperte, sistemati di là. - Gli indica il salotto. La camicetta si apre di nuovo sul seno morbido. Gli occhi scivolano cremosi sul triangolo nero ricamato.

- Scì, Michela, ho tanto sonno… è un cliente?

Michela prende due coperte da un armadio e gliele dà: - Sì, è un cliente. - Mente. Lo sanno tutti e due che mente. - Sei contento? - poi con uno scatto è al suo fianco e sollevandosi sulla spalla di lui, in punta di piedi, gli dà un piccolo bacio leggero sulla guancia ispida.

Si sta bene lì, è così tiepido quel bacio, ne sente la saliva sulla guancia… così calda la stanza: - Michela, ma poi… vieni da me? - come si può dormire? Il sangue adesso scorre più rapido e ha già cacciato via il freddo dalle ossa.

- Nel pomeriggio, tu adesso riposa, piccino. E poi devo dormire anch’io un pochino, che dici, caro?

- Scì - sì, ti aspetto, sì. Sul divano al calduccio.

- Io vado, eh? Buon riposo. Ah, chiudi la porta del salotto, così riposi meglio.

- Scì, tesoro.

- Ciao, piccino - gli manda un altro soffio di bacio dal cuore delle labbra e sgattaiola via. Sollevando la camicia sopra i glutei nudi separati dal filo nero e sottile del tanga. S’infila felina nella camera da letto lasciandosi sfuggire un sospiro.

- Ma chi è? - bofonchia Giorgio sollevandosi su un gomito e scoprendo il petto nudo. Nell’altra mano stringe la rivoltella.

- Niente, Giorgino, un amico. L’ho sistemato a dormire in salotto.

- Un amico?

- Giorgino, non ci pensare, ci sono io qui. - Poggia un ginocchio sul letto e gli fa arrivare l’alito caldo sul viso.

- Ciccina mia. - Un odore profondo lo assale. La rivoltella ritorna sul comodino.

- Sì, amore.

- Scì. - Giorgio: moglie, tre figli, negozi che aprono e chiudono, falliscono, rispuntano come funghi, tra bar, ingrossi, scarpe abbigliamento, un piccolo racket di droga. Chissà cos’altro… e Michela. Soprattutto Michela.

Gino si sistema sul divano, si stende e si tira su le coperte. Ah, Michela. Che dolce. Dolce Michela. Finalmente può riposare al calduccio e poi, nel pomeriggio, dopo che Michela si sarà svegliata, farà finta di dormire per essere svegliato da lei, col caffè caldo e tanto, tanto profumo di lei

Chiude gli occhi e la vede. Soffio di labbra. Unghie sottili. Carezze, carezze, carezze… Michela.

Cesidio spegne l’ennesima sigaretta.

Ma perché mi devo ridurre così, pensa. Pensa e si rode. Si mastica il cervello. Che c’entra Gino? Me la devo vedere io con lei. Le faccio vedere chi sono. Non mi può trattare così. Al freddo. Qui al freddo come un cretino…

Prende la pistola dal cruscotto, sbatte la portiera dell’auto e comincia a salire le scale di corsa.

Per fortuna, Michela ha anche una brandina pieghevole da sistemare, volendo, in cucina.

Se tutto va bene.