Chiudo gli occhi e provo a rivedere la distesa di cemento delle case soffocate una dall’altra che vedevo da lontano passando con il treno appena partito da Guayaquil, in mezzo ai negri che andavano a lavorare al porto per scaricare tonni, alle cassette di frutta, ai peperoncini che incendiano il palato, alle donne con scialli e bombette... Incomincio a pregare, e Franz ritorna.
“Forza Garcia, che mi devi raccontare la tua storia. Diamanti… ma tu pensa il morettino che bel tipo. Da dov’è che arrivi? Perù? Ecuador… da uno di quei paesi dove volano i condor nel cielo, o mi sbaglio?… - Si siede al tavolino e tira fuori un’arancia da un sacchetto, senza neanche farmi rispondere. – Avessi mai avuto un diamante tutto per me, uno di quelli come dico io… forse non sarei qui… dai siediti anche tu, e mangiati una di queste che ti fanno bene. Contengono le vitamine.”
Incomincia a sbucciarne una e il suo profumo si spande nell’aria. Per la prima volta riesco a sentire un odore in quella cella dalle pareti grigio scuro in basso e più chiaro verso l’alto. Un odore buono.
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