Bello il titolo di questo romanzo di José Pablo Feinmann. Un insieme di parole tutte da esplorare, nel pieno spirito del filosofo che permea il libro.
L'ombra di Heidegger può riferirsi infatti alla presenza quasi ingombrante del pensatore tedesco Martin Heidegger nella vita del protagonista del libro (anzi, dei protagonisti, come vedremo dopo). Ma "l'ombra" può riferirsi anche a uno dei quesiti-chiave del secolo scorso, quello relativo a un'onta indelebile nella storia del pensiero. Com'è stato possibile che una delle menti più sottili dell'intera filosofia abbia potuto cedere al nazismo e diventare - incredibilmente e imperdonabilmente - colluso con un tale sistema di morte?
Feinmann è il primo a provare a rispondere a questo nodo per tramite della finzione narrativa. Ecco quindi questo romanzo, costituito per la maggior parte da una lunga lettera-diario lasciata da Dieter Muller, allievo di Heidegger, al figlio. Muller vive all'ombra - per l'appunto - di Heidegger, o forse sarebbe meglio dire nella luce della radura di pensiero rappresentata dall'eminente filosofo tedesco. È una storia che mostra impietosamente e senza scusanti la società tedesca degli anni Trenta, l'avvento implacabile del nazismo, e soprattutto come sia facile anche per il filosofo più importante del Novecento cadere vittima delle contingenze. Ma si è trattato proprio di una vittima, o il nazionalsocialismo era già strettamente connaturato alla filosofia heideggeriana? E gli eventi di sangue, morte e tradimento che vive Muller sono il riflesso di un pensiero messo all'angolo, o piuttosto il frutto indesiderato di un sistema che finisce per consumare se stesso?
A questi quesiti, anni dopo, tenterà di dare una risposta il figlio di Muller, che dall'America latina tornerà in Germania proprio per un ultimo confronto diretto con Martin Heidegger.
Non dà risposte facili e preconfezionate, Feinmann, ed è un bene. Con uno stile che rende merito alla prosa ostica di Essere e tempo senza per questo rendere necessario studi filosofici per apprezzarlo, il romanzo riesce nel difficile compito di inquadrare un'epoca, una nazione e un pensatore, prima ancora che un pensiero. Alla fine si resta con più domande che risposte; e questo è forse l'indizio migliore del fatto che ci troviamo di fronte a un'opera che, a modo suo, riesce a fare essa stessa dell'ottima filosofia.
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