Mentre ero seduta a parlottare con l’Alex girai per caso la testa e restai di stucco. Davanti a me c’era un ragazzo con il cazzo in mano bello duro - dio, quanto mi garbava, ora, dire le parolacce - che mi ammirava e se lo menava. L’Alex era imbarazzatissimo, lui era una persona molto nota, e anche se eravamo lontani da Lecce temeva sempre di incontrare qualcuno che conosceva. Era il sindaco, no? In pochi minuti si creò un capannello di una ventina di uomini che si menavano guardandomi. Oh, che meraviglia, non capii più niente… mi tolsi il vestito e restai in tanga e reggiseno per farli arrapare di più. Be’, preferii non spogliarmi completamente, non era il caso, in fondo era gente che non conoscevamo. Immaginando quale sarebbe stato il seguito di quella faccenda cominciai a sentirmi fuori come un terrazzo. Tutti quei cosi duri da sbattermi nella fregna, che bello… Ma l’Alex non era arrapato. Era lì, serio, incazzato e preoccupato.

Improvvisamente mi disse: «Vestiti. Andiamo via.»

«Eh? Proprio ora che questi stanno per concludere tutto l’Ambaradan?» risposi

«Sì» disse l’Alex. «È pericoloso. Se qualcuno mi dà una botta in testa e a te ti violentano chi dobbiamo andare a ringraziare?» Mi rimisi addosso il vestitino, una cosa che provocò un coro di rabbia da parte di quei tizi, uomini di cui almeno tre erano così rossi in faccia che immaginai fossero sul punto di venire. Il locale ci ridiede i quattordici euro e venti dell’entrata - be’, eravamo stati l’attrazione della serata - e ci avviammo verso l’uscita, quando fummo raggiunti da uno dei segaioli - grazie Alex per avermi insegnato a chiamare le cose col loro nome - un uomo sui sessanta.

«Scusate» disse con garbo.

«Sì?» rispose l’Alex.

«Sono un oncologo di Modena e un voyeur di professione. Posso chiederle il piacere di toccare la signorina per potermi masturbare?»

L’Alex mi fissò, lo fissai. «Okay, ma spicciamoci» disse. «Io guardo, però.» L’altro assentì, contento.

L’oncologo di Modena si rivolse alla ragazza del bar: «Andiamo cinque minuti nella White Room.» Una volta nella Sala Bianca, una stanzetta minuscola e puzzolente e col pavimento di plastica un po’ corroso, l’oncologo se lo tirò fuori mentre io, sorridendo, lo guardavo negli occhi e mi abbassavo il vestito. Con la sinistra iniziò a sfiorarmi il seno mentre con la destra si lavorava da solo. L’Alex guardava in silenzio. Il suo respiro era aumentato, ma non se lo tirò fuori. Nonostante la scena gli piacesse, non riusciva a eccitarsi, dio. All’oncologo di Modena feci un servizio extra, perché glielo presi in bocca guardando l’Alex, e lui niente. Ma il mio oncologo preferì fare da solo e mi inondò la faccia. All’Alex non venne neanche duro. Forti, gli oncologi, però. Pensavo che a forza di girare per grotte con baschetto giallo e torcia l’affare non gli servisse più, e invece…

Insomma, ne avevamo avute di avventure in quei pochi mesi, io e l’Alex.

Cominciai a stancarmi di quella vita, però.

Non ce la facevo più.

Col passare delle settimane avevo cominciato a rendermi sempre più conto che l’unico immenso assoluto desiderio che avevo era stare con l’Alex.

Non mi andava più di fare la troia con gli altri, io… io l’avevo fatto solo perché piaceva a lui, ecco. Sì mi piace il sesso ma, non lo so, anch’io ho un’etica, no? Non sono mica davvero quella puttana che tutti hanno sempre creduto. Certe volte fare sesso mi era servito, non lo nego, ma non campo solo per quello.

E poi volevo stare con lui. Magari per parlare di cinema – me ne intendo, io, mi piacciono i film di Natale di De Sica e Boldi, non me ne perdo uno, e anche quelli di Aldo, Giovanni e Giacomo sono forti – e non solo per prenderlo in bocca a gente sconosciuta. Mi piace la letteratura, anche. Il migliore scrittore italiano in assoluto è quello che ha scritto ‘Ho voglia di te’, Moccia. E insomma, un po’ di romanticismo, no, Alex? Te li faccio sempre i lavoretti che ti piacciono, ma un fiore mai? In quel periodo piangevo spesso, per questo. Soffrivo, soffrivo, soffrivo, maledizione!

Cominciai a dargliela sempre di meno, fino al punto di restare per giorni senza fare l’amore. Ma lui continuava ad amarmi. Mi amava anche il giorno in cui mi disse: «Non possiamo più stare insieme, Monica.»

«E perché?» risposi con gli occhi che iniziavano a bruciare.

«Non posso lasciare sole mia moglie e Asia. Mia moglie è malata, devo esserle vicino, in questo periodo» disse.