L’Alex disse: «Sei pazza?»
E io: «Dai, guardali. Mi stanno mangiando con gli occhi?» Quando mi alzai per andare dai ragazzi a farmi palpare un po’ lui mi fermò. Respirava forte, era imbarazzato, di quei giochi aveva paura, in fondo. Certo, gli piacevano, ma non sapeva quali conseguenze avrebbero potuto avere. Più tardi finimmo sulla spiaggia, dove lo feci divertire con la bocca, visto che la patatina non la potevo usare, quella sera. Eh Alex, Alex… Eri impazzito immaginandomi nuda in mezzo a quei ragazzini, vero? Se tu fossi stato più spudorato quella sera mi sarei fatta bagnare da loro. Pazienza, ci sarà pure un’altra occasione.
Un pomeriggio di primavera stavamo passeggiando sulla spiaggia di Otranto. Non c’era nessuno e andammo a guardare il mare da vicino. Non era il lago di Como, ovvio, ma non era poi tanto male. Lui mi aveva fatto mettere una maglietta bianca senza niente sotto e mi si vedevano i capezzoli. Ce l’ho piuttosto appuntiti, io, e sempre belli duri duri. Mi guardano tutti quando sto senza reggiseno. A un certo punto c’è un ragazzo marocchino, o indiano, non so, che me ne frega, tutti uguali questi Vucumprà, fanno bene a sbatterli fuori. Insomma quando il caffellatte mi guarda le tette l’Alex gli fa: «Ti piacciono, queste?»
Lui fa ‘sì’ con la testa. Dai, come avrebbe potuto dire di no?
«Toccale, allora» disse l’Alex. Gli prese la mano e gliela portò sotto la mia maglietta. Sulla pelle sentivo la sua mano ruvida e sudata, e sul viso il fiato puzzolente di sigaretta. Era emozionato, forse non aveva mai toccato una donna in vita sua. Gli sorrisi come so fare io, poi guardai l’Alex. Come ipnotizzato, dio. Arrivò gente, però, e il marocco dovette togliere la mano dal pandoro. Peccato, me lo sarei cucinato alla grande, quello. La cosa stava iniziando a farmi eccitare.
Quando tornammo a casa l’Alex mi fece delle foto con la digitale in tutte le pose, gli piaceva immortalarmi. La cosa che preferiva di me era il viso. Diceva che avevo ‘una faccia da troia’. Be’, c’è modo e modo di amare una donna. Questo era il suo, no? Almeno non era melenso, non era uno di quelli che ti dedicano le canzoni di Baglioni. No, l’Alex quando ti amava ti sputava in faccia e ti prendeva con forza. Un macho.
Al bar veniva spesso un ragazzetto di quindici anni che mi spogliava con gli occhi. Un giorno in cui l’Alex era in settimana bianca con la sua graziosa famigliola di becchi, chiesi al Giorgio, il ragazzo, se mi poteva fare il piacere di portarmi a casa un acquisto che avevo fatto in un negozio, perché io non avevo tempo per passarci. Prima che lui arrivasse preparai la telecamera, la nascosi in un angolo e pochi minuti prima del suo arrivo la accesi. Mi feci trovare dal Giorgio in reggiseno e gonna. Dissi: «Scusa, ma devo cambiarmi in fretta, non è che ti offendi se sto così? Sai, il dentista…»
Lui, immobile, mi guardava. «Che c’è?», gli chiesi, «ti piacerebbe toccarmi?» Fece ‘sì’ con la testa, aveva lo sguardo di un bambino. Mi chinai su di lui e dolcemente gli portai una mano sul seno. Mi tolsi la gonna e gli misi l’altra mano sui glutei, belli sodi perché è una vita che li alleno con certi esercizi che mi avevano insegnato a Garbagnate e che si possono fare anche a casa senza spendere troppo.
«Ce l’hai duro, eh?» dissi al Giorgio sorridendo, mentre la videocamera nascosta riprendeva tutto. Non rispose. «Non ti vergogni alla tua età a guardare così da vicino una fighetta come la Monica? Se ti va puoi farti un seghino, sai? Mi fa solo piacere» dissi. Se lo fece.
Quando l’Alex tornò dalla montagna gli feci vedere il video e lui si infuriò.
«Ma, pezzo di cretina, non lo vedi che è un minorenne, cazzo?» disse. «Che, vuoi finire dentro per pedofilia?»
«Oh, calmino, eh!» risposi. «Ma lo sai che l’ho fatto per te?»
Quando si acquietò, si mise sul divano davanti alla tv, fece partire il video del Giorgio e si tirò fuori il salsicciotto. Quando la sua mano iniziò a fare un su e giù, io mi misi dietro di lui, gli massaggiai la schiena con le tette, infilai la lingua nell’orecchio sinistro – lo preferiva, nel destro si eccitava di meno – e con le mani libere gli solleticai i capezzoli. Venne in pochi secondi.
Quando più tardi gli chiesi: «Mi ami, Alex?», lui rispose: «Immensamente, piccola. Ma ora devo tornare a casa, c’è Asia che sta poco bene.» Vaffanculo, Alex. ‘Sta bambina, ‘sta Asia. Mi fece delle foto di sedere e poi in reggiseno e poi durante uno strip e poi di faccia, la cosa che gli piaceva di più.
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