Al Vince piaceva rifare i film dopo averli visti. Portava i dvd più spinti a casa sua, un bell’appartamentino riservato in un palazzo di dodici piani di Usmate Velate, lo vedevamo tre volte e dopo voleva che rifacessi le stesse cose delle pornostar. È stato così che ho imparato a fare le facce. Basta saperlo guardare, un uomo. Non serve mica altro. Basta guardarlo con gli occhi più spenti che puoi, quasi da tossica, accennargli un sorriso cattivo al punto giusto e passarti la lingua sulle labbra.

Io sono multiorgasmica, posso venire anche sette, otto volte in due ore. Perciò se il mio lui tiene, in centoventi minuti possiamo andare anche alla media di un orgasmo ogni quarto d’ora. Chiaro, dopo sono a fette. E… mi piace essere schiaffeggiata mentre godo. Mi vergogno un po’ a dirlo ma che devo fare? Se uno non ha mai provato il dolore durante l’orgasmo non capisce. È una cosa devastante. Certo, se ti fanno male prima o dopo la venuta provi solo un male della madonna, ma se ti schiaffeggiano trenta secondi prima dell’orgasmo, allora senti un’ondata di caldo che dal punto in cui ti stanno picchiando arriva fino in mezzo alle gambe e il dolore si trasforma in un piacere mostruoso. Divino. Ovvio, non è che ti devono rompere le ossa, sennò finisci in ortopedia e non se ne parla più. Dev’essere un dolore localizzato in una zona ben definita della pelle, come gli schiaffi sulle guance o le pinzette sui capezzoli strette forte forte. Adoro bere il succo di un uomo, e vorrei vedere!, e non ho alcun problema a spogliarmi in mezzo agli altri, anzi mi eccita. Sono capace di fare tutto, con un maschio. Anche se all’inizio sono tesa poi carburo subito, mi accendo e chi s’è visto s’è visto, ciao, Monica! Quando mi infuoco non capisco più niente. Potrei fare quelle cose lì anche con un plotone di soldati turchi, basta siano ben dotati, come diceva mio zio Ciccillo quando mi spiava mentre prendevo il sole nella piscina di Limbiate.

Fatto sta che, insomma, il dottor Marolla, quel bastardo di Mediaset con cui ero uscita, dopo essersi divertito per sei ore con le mie tette si rivestì e fece per andarsene.

«Allora?» dissi io.

«Allora che?» fece lui.

«La televisione, ci vado a lavorare o no?»

«Passa dalla mia segretaria e di’ che sei la Monica. Lei ti trova un lavoro» rispose.

Lo guardai felice. «Grazie, e in che programma? Mi piacerebbe Striscia, sai?»

«Ma che Striscia e Striscia» fece lui. «Vai a ordinare i camerini degli ospiti del Costanzo Show serie ventotto.» Mi arrabbiai e gliene dissi di tutti i colori, a quello.

E lui: «Senti, bella. Sei una porca e sei fatta bene, ma sei alta un metro e un cazzo e quindi non puoi fare quelle robe lì tipo la velina. Là devi essere almeno uno e settantacinque. Sei bassa, tu.»

Bassa? Uno e sessantuno, e col tacco arrivo a uno e sessantasette. Bassa? I maschi fanno la fila per me, gli dissi.

Lui rise: «Lo so, piccolina, ti vogliono ciulare tutti. Ma questo non significa che sei giusta per muovere le tue chiappettine dentro il piccolo schermo.» Se ne andò dicendomi che secondo lui ero come un maxihardiscount del sesso. C’era tutto e quello che c’era era buono, ma era roba che costava poco, non avrei mai potuto essere un Cityper. Carino.

Mica ho avuto tanto dalla vita, io, ma almeno il fisico ce l’ho e me lo tengo, anche se per colpa della statura mi scartarono a miss Italia, a miss Padania, a miss Lago Maggiore, a miss Lecco, a miss Cinema Ieri Oggi Domani, a miss Trasimeno, a miss Radio 1010, che non ho mai capito che c’entrasse una radio con le miss che in tv ci sono le immagini ma in radio no. Mi iscrissi perfino a miss Sud, ma anche là niente, sempre la solita storia, come se poi loro, i meridionali, fossero alti. Dove vai con un metro e sessantuno?, mi dicevano.

Le proposte di cene e seratine di un certo tipo fioccavano. Ne ho accettate due, ma gli altri li ho mandati a fare la cacchina. Sono una signora, io.

Quando fui un po’ in là con gli anni pensai che fosse arrivato il momento di mettere la testa a posto e che, in attesa di sfondare nel mondo Mediaset, qualcosina la dovevo pur guadagnare, per campare. Avevo ventun anni quando un’amica mi disse che un bar di Lecce, il ‘Las Palmas’, cercava una barista carina. Era un posto molto trendy, a metà di via Umberto primo. A me piacciono le cose trendy, anche io mi sono sempre sentita trendy. Mi piacciono perché io sono davvero una che fa tendenza, non perché sono una montata. Mi presentai al titolare del locale, Mimmo, con una mini e un po’ di scollo e mi prese subito. Lì non serviva essere alte.