Cazzo, perdere tempo in questa maniera. Mi chiedo cosa ne pensi la gente. Speriamo bene... Mugugna tra sé Erika. - Alle maestre piacciono i tuoi disegni?
- Sì. Ma io non finisco, mi piace disegnare, ma mi stanco.
Una smorfia. – Come non finisci?! E gli altri bambini finiscono?
- Sì. Ma io sono stanco.
- Devi portare a termine quello che cominci, sennò non combinerai un ca... cavolo nella vita, bambino mio. Devi fare dei bellissimi disegni. La tua mamma lo sa che puoi farli più belli degli altri.
- Sì, però...
- Il tuo papà è bravissimo a fare i disegni. Chiedi a papà che ti mostri, questa sera, i disegni che faceva da ragazzo. - In realtà, Erika aveva sempre odiato quegli orribili soggetti che Marco definiva fantasy, e che a lei parevano proprio stupide fiabe per bambini, con qualche tetta a stento coperta qua e là. - Va bene?
- Ma papà arriva tardi, e dobbiamo giocare. Lui mi manca.
- Invece giocherete ai disegni.
- Però mi ha anche promesso di leggermi un libro...
- I disegni, Daniele!
- Ok, mamma.
- Daniele, hai quasi cinque anni! Sei grande adesso.
- Sono medio.
- Sì certo, voglio dire che sei cresciuto.
- Sono più alto, sì?
Uno sbuffo spazientito, seguito da un cambio di rotta.
- Mi raccomando, in asilo fai il bravo con gli altri bambini, aiuta i più piccoli e soprattutto non farti mettere i piedi in testa dai grandi. Non mi piacciono tanto i tuoi compagni, soprattutto quello nero. Fa troppo casino.
- Thomas è buono, mamma. E' mio amico.
- Beh, tu vedi di non copiarlo. E non so se è tuo amico davvero. Pensa a Pierguglielmo. Lui è un ottimo esempio da seguire. Lui è bravo.
- Pierguglielmo mi fa male.
- Non è vero.
- E' vero.
- Non dire le bugie – ammonisce la donna, risoluta e convinta dell'anima menzognera del figlio.
- Non dico le bugie.
- Ascolta, non credere che io non sappia quello che combinate là dentro! - Accidenti, devo mordermi la lingua, o mando tutto a ‘fanculo! - Ecco la macchina. Accidenti, quel fot... quel vigile ci sta per appioppare la multa. Corri presto!
Daniele si mette a correre, trascinato per la mano, quasi con sollievo. Purtroppo, il tragitto in macchina fino a casa sarà lungo…
Perché mai avranno cambiato asilo, quest’anno?
* * *
- Ahia!
In risposta all’espressione di dolore del piccolo Daniele, il moccioso in Lacoste azzurra esibisce un sorrisino sadico, degno di un Dracula in erba, con quel accenno di canini appuntiti che fanno capolino dalle labbra sottili. Spalanca il gelo dei suoi occhi azzurri, scuote l’impeccabile caschetto biondo e parte con un ennesimo calcio. La punta della Geox nuova fiammante raggiunge per la seconda volta lo stinco destro di Daniele che, a causa del sussulto di riflesso, colpisce il piatto con la mano e rovescia metà brodo.
- Daniele! Vuoi stare fermo e mangiare, per piacere?! – lo richiama all’ordine Svetlana, quella bidella che, a guardarla dal basso delle seggioline dell’aula mensa, sembra non finire più. Certo che è alta, Svetlana! E bella. Sembra una di quelle della pubblicità. Non è bella come la mamma, però. E non è simpatica come la Franca, la bidella del vecchio asilo. Era piccola, quella. Però sorrideva sempre. Nonostante i denti storti.
- E’ stato Pier che mi ha dato un calcio – si difende timidamente Daniele.
- Non è vero, Svetlana. Daniele mente.
- No, tu mi hai dato un calcio. No, tre calci.
- Non si dicono bugie – predica con posa adulta e odiosa Pierguglielmo, quasi sei anni di arroganza ma anche di istintiva arguzia. Di cattiveria in erba.
- Io non…
- Ok, bambini. Lasciamo perdere – interviene perentoria la maestra Luisa. – Mangiamo, ora.
Pieguglielmo sfodera il suo più vampiresco ghigno alla volta di Daniele, che a stento trattiene la rabbia repressa, e qualche lacrima conseguente.
* * *
- Eh, no, accidenti, questo non è giusto! – esclama, contenendo la dentiera ballerina, Adelma, 77 primavere e un autunno avanzato, gradita ospite dell’ospizio Casa Odoacre Vorinetti.
Sente, nel suo piccolo, di dover fare qualcosa.
Di agire, o meglio reagire. Nella sua vita non ha combinato molto, la vecchiaia è giunta troppo veloce, punendola per non essersi concessa un cacchio se non lavoro, lavoro, lavoro. Certo, si è fatta una bella casa, ma suo marito non ha fatto in tempo a godersela, e poi l'appartamento era troppo grande per lei sola, mentre sua figlia, il matrimonio, poi il nipotino...
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