- Com'è andata oggi?
- Bene.
- Hai mangiato il pranzo?
- Sì.
- Tutto?
- La minestra poco. La verdura poco. Ma ho mangiato il pollo e il pane. Possiamo mangiare il pane solo se mangiamo il primo.
La donna emette un grugnito soffocato, che istintivamente il bimbo interpreta in modo corretto. La mamma è contrariata.
Si sente un po' fiacco, Daniele: è stata una bella giornata, oggi, lui e i bambini hanno giocato a lungo in giardino. Fa quindi fatica a sostenere le decise e nervose falcate della madre, intenzionata a raggiungere il più rapidamente possibile il Frontera parcheggiato in sosta vietata un paio di isolati più in là.
- Stai composto quando mangi? - esordisce lei, dopo qualche secondo.
- Sì.
- Mi raccomando, Daniele...
- Sì, mamma.
- Quest'anno, all'asilo, sei un bambino medio, e devi comportarti bene. L'anno scorso passi, ma avevi tre anni, ora ne hai quattro e mezzo. Quindi, devi comportarti bene.
- Sì, mamma. - Sua madre, però, alla festa di fine estate dell'anno scolastico precedente, svolazzava ronzante di genitore in genitore come un'ape di fiore in fiore, tessendo elogi sperticati alle qualità del suo bambino con tutti gli adulti presenti alla festa. E a Daniele, per quanto a modo suo, queste immagini sono rimaste in mente.
Ma forse la mamma lo faceva perché è buona, perché mi vuole tanto bene. Forse diceva le bugie, quella volta. Per difendermi. Però, le bugie non si devono dire mai... Si sente confuso, Daniele. Sarà la stanchezza.
- Ti piace l'asilo, vero?
- Sì-i.
- Bravo il mio bambino.
- Però...
- Però?! - Il tono della madre non piace per niente a Daniele. Gli pare di avvertire una contrazione minacciosa celata nella domanda, pur cantilenata con aria accomodante, da genitore sereno e comprensivo. Quello che lei - Daniele non lo sa, o non vuole capirlo - purtroppo non è.
Esita, il bambino, prima di rispondere. - Però era più bello l'altro asilo, quello dove andavo quando avevo tre anni. Perché adesso mi porti in questo asilo, mamma? E' tanto lontano. E il giardino è più piccolo. Ha tanti più giochi, sì, ma non ci sono alberi grandi e veri.
- E' per il tuo bene tesoro.
- Ah. E' perché mi vuoi bene, giusto?
- Giusto, piccolo mio. Questo asilo...
- Però si dice scuola materna, lo sai mamma?
- Sì, certo, amore: scuola materna. Dicevo, questo asilo è più migliore di quello dell'anno scorso.
- Papà mi dice sempre che non si dice "più meglio". Però "più migliore” si può dire?
- No, in effetti ho sbagliato - ammette lei stizzita. - Ascoltami, tu lo sai che oggi come oggi, nel mondo odierno, alla luce dei fatti, lo dicono gli esperti, cioè anche tutti alla TV, e anche i giornali e...
- Anche nei cartoni, mamma?
Il quesito viene ignorato, accantonato per la sua “puerilità”. - Insomma, l'as... la scuola materna è una componente basilare nell'educazione di un figlio, un fondamento della sua crescita. Questo è un dato di fatto che ogni genitore è tenuto a tenere nella dovuta considerazione se ha a cuore la corretta crescita del proprio figlio, per gettare le fondamenta di un adeguato inserimento nel… nel… nel tessuto sociale moderno.
Perché mamma dice tante parole difficili, oggi? si chiede Daniele. Non ci ha mica capito molto. Decide di ammetterlo. - Mamma?
- Uh?
- Non ti arrabbi?
- Certo che no, mio caro…
- Sicura che non ti arrabbi?
- Ho detto di no! – Il tono si alza, s’increspa di palpitante irritazione.
- Non ho capito quello che dicevi prima. Erano parole difficili, scusami.
La fronte della donna si corruga sotto le ciocche finto-ribelli della chioma rosso ribes. Pare preoccupata. - L'asilo è molto importante per la tua crescita.
- Diventerò più alto?
- No, diventerai più colto!
- Cosa vuol dire colto?
- Più... più... intelligente. Sì, insomma, saprai tante cose. Potrai fare l’imprenditore.
- Ah. – Imprenditore? Cos’è? Io vorrei essere un pompiere, però.
- Forse, se tutti i genitori saranno d'accordo, verrà anche una nuova maestra, che insegnerà l'inglese anche a voi bambini medi. E’ importante l’inglese, gli americani parlano inglese. Sapere l’inglese è de-ter-mi-nante. Ed è bene che vi dedichiate allo studio. Giocate troppo, in asilo. Le maestre vi lasciano giocare troppo.
- Non giochiamo tanto, mamma. Facciamo i disegni. E dopo, le lettere e i numeri. Poi facciamo l'art attack con la colla e i colori. Poi giochiamo. Un poco.
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