Lamezia, 29 dicembre 2004        

Guardo una mosca affogare nel bicchiere di bourbon e penso che così, completamente ubriaca, stia facendo tutto sommato una bella morte: indolore.

Con questi pensieri, l’angoscia cronica che mi affligge si triplica. A quadrupicarla ci pensa la solita telefonata di Mr. Smocovich

Jacopo De Michelis. Marsilio Black. Sbrigati.

Resto per un attimo in silenzio: il Gran Capo sta diventando sempre più criptico. Tra poco non mi telefonerà più, manderà un piccione viaggiatore che si autoditruggerà dopo aver consegnato il messaggio.

Lui urla – Oh!?

- Eh...

- De Michelis. Marsilio...

- Ok, ok, ho capito. Ciao – per una volta la cornetta in faccia la sbatto io. Oggi sono proprio preso male. Così preso male che non ho la minima intenzione di muovermi da qui.

Contatto il buon De Michelis Jacopo e lo invito a casa. Chiacchierata informale - spiego. In realtà lo aspetta una bella torchiatura. 

Il giorno dopo

Il De Michelis Jacopo si presenta davanti al portone di casa. Suona il campanello. Apro. Lui saluta. Io no. Lo squadro attentamente.

Scuoto la testa contrariato

– Non hai portato nulla?

- E che dovevo portare?

- Un regalino per compiacermi...

- Eh?

Mi incazzo – Sbevazzo etilico, liquame liquoroso, ALCOL... conosci?!

- Ve... Veramente non ho portato nulla.

Segue qualche secondo di silenzio, carico di pathos.

- Fa niente (assolutamente falso) – biascico - entra.

Poi penso – questo lo strizzo a dovere, lo strizzo. Lo faccio accomodare su uno sgabello mentre, prima di stravaccarmi sulla poltrona, metto su un disco di Mino Reitano, tanto per creare un'atmosfera tesa e cupa per angosciare l’ospite. 

Dov’eri la sera del 24 dicembre 1923?

Io… Non ero ancora nato, temo. 

Non mi convinci... Comunque, conosci la collana Marsilio Black?

Be’, direi proprio di sì, è una collana di narrativa noir, e so… 

E tu cosa c’entri?

Come stavo dicendo, sono io che la curo per la Marsilio, ormai da tre anni. Non è illegale, vero? 

Ancora no...

Mentre fisso Jacopo con aria truce e accendo la mia pipa (si sa, il fumo aumenta la pressione psicologica), sentiamo entrambi un ticchettare insistente alla finestra. Mi alzo per andare a vedere. È Roger, il volatile 007 che pago a suon di mangime lisergico. Mi si poggia sulla spalla e spiffera qualcosa nel mio orecchio.  

Un uccellino mi ha detto che alla Marsilio Black avete una politica editoriale volta alla ricerca e alla sperimentazione. Dove volete arrivare?

In effetti, quelli che pubblichiamo sono noir abbastanza sperimentali, che partono dal genere per battere nuove vie narrative, esplorare territori letterari ancora vergini, tanto che il sottotitolo ideale della mia collana sarebbe Ai confini del noir. Dove vorremmo arrivare – se ci stiamo riuscendo non sta a noi dirlo – è a riuscire ad abbozzare un’immagine di quello che sarà la narrativa noir del nuovo millennio. L’ambizione è insomma di proporre all’interno della collana quella che si potrebbe definire l’avanguardia del noir.  

Nella pratica, chi avete pubblicato per perseguire i vostri obiettivi?

Per esempio l’australiano Andrew Masterson, il cui blasfemo personaggio Joe Panther, lo spacciatore e messia già protagonista di Gli ultimi giorni e Il secondo avvento, si è guadagnato anche qui da noi un piccolo culto di fervidi devoti. E il tedesco Georg Klein, che con Libidissi ha saputo fondere insieme John LeCarrè, William S. Burroughs e Franz Kafka. E anche il talentuoso americano Tim McLoughlin, di cui abbiamo pubblicato il romanzo di esordio Via da Brooklyn.

Oppure Enzo Fileno Carabba, che sta mietendo consensi con Pessimi segnali, un noir toscano sospeso tra David Lynch e Roberto Benigni. Ma non perdetevi neppure Baciami, Giuda di Will Christopher Baer (www.willchristopherbaer.com), un noir estremo e innovativo, al tempo stesso cupissimo e romantico, in uscita ad aprile 2005. 

Sento parecchi nomi stranieri... e gli italiani?

Be’, a parte Carabba, quest’estate proporremo Anche una sola lacrima del romano Franco Limardi, che riprende la tradizione classica del noir americano, da Jim Thompson a David Goodis, calandola perfettamente nella realtà italiana con la storia di una sanguinosa e tragica rapina a un centro commerciale. Ma trovare degli autori italiani adatti alla linea editoriale di Black non è facilissimo. 

Che opinione hai del “Giallo italiano”?

La migliore possibile. Penso che molti tra i libri più interessanti, vitali e capaci di raccontare la realtà che ci circonda usciti negli ultimi anni nel nostro paese siano proprio riconducibili al genere giallo-noir. Dal mio punto di vista, potrei al massimo rimproverargli di essere un po’ troppo “giallo” (o al limite “thriller”), dato che non sono poi moltissimi gli autori di genere italiani che si cimentano nel noir in senso stretto. 

Con che criteri selezionate gli autori da pubblicare?

Originalità, qualità, impatto, consonanza con lo spirito della collana (con qualche piccola eccezione rispetto a quest’ultimo punto dovuta a innamoramenti particolarmente intensi del sottoscritto). 

Gli autori raccomandati esistono veramente o sono un’invenzione degli invidiosi?

Mah, non posso escludere che i grandi editori, che pubblicano centinaia di libri all’anno, possano permettersi di stampare qualche libro per fare un favore a Tizio o a Caio, ma in generale l’editoria è un’attività a così basso margine di reddito che pubblicare boiate invendibili solo perché chi le ha scritte è raccomandato sarebbe folle e autolesionista. Poi, certo, capita che di boiate invendibili ne escano comunque, ma – e forse è peggio – di solito chi le ha pubblicate ci puntava davvero, per un motivo o per l’altro. Del resto, l’editoria è un settore difficilissimo, in cui l’errore di valutazione è sempre in agguato. 

Suona il telefono. Gli intimo – resta lì – e rispondo. Prendo carta e penna e appunto quanto mi viene dettato. È sempre Roger. Dice che sta telefonando da una cabina e che sta per finire i soldi. Riesco a terminare l’appunto appena prima del cinguettio di saluto troncato dalla linea ormai caduta. Ho un attimo di debolezza e, piangendo, dico – Roger mi ha dettato un comunicato stampa che recita: “Marsilio Black pubblicherà romanzi appassionanti e avvincenti, ma non semplicemente di intrattenimento ed evasione.

Nella collana verranno cioè inseriti testi che non si propongano unicamente di divertire e distrarre il lettore, ma anche di turbarlo, disturbarlo, spiazzarlo.

Che non rinuncino a trattare temi importanti, impegnativi, scomodi, anche in modo aggressivo e provocatorio.

Black privilegerà quei testi capaci di gettare sulla realtà lo sguardo lucido, impietoso e tagliente che è proprio del migliore noir, di mettere in evidenza le tensioni e le contraddizioni del mondo in cui viviamo, di portarne alla luce il lato oscuro, la parte d'ombra, di riflettere e indagare sui mutamenti sociali, culturali e di costume della nostra inquieta e turbinosa contemporaneità.”  

Propositi ammirevoli. Confermi quanto dettatomi da Roger?

Co… confermo. Però questa più che un’intervista mi sembra sempre di più un interrogatorio… 

E chi ha mai parlato di intervista? Terzo grado all’editoria: mica caramelline all’anice. Proseguo:

Credi che una parte più o meno abbondante del noir sia, come dire, “poco propositiva”? Se sì, quale?

Be’, uno dei più grandi difetti della narrativa di genere è la sua tendenza alla ripetitività, ovvero a riproporre ad oltranza gli stessi schemi e formule, già abbondantemente codificati. Vedi per esempio la serie infinita di romanzi sui serial killer usciti negli anni passati sull’onda del Silenzio degli innocenti. E ora sta iniziando l’invasione dei thriller storico-esoterici ricalcati sul Codice Da Vinci. Una delle cose che Black si sforza di fare è al contrario di proporre storie e personaggi sempre nuovi. 

Il mercato, con le sue leggi e indagini, e quindi anche il gusto del pubblico, sono una sorta di censura ante litteram?

A rigore, la censura è quella imposta dall’alto e dall’esterno; non credo che autonome scelte editoriali che rispondono a logiche interne, come per esempio quelle commerciali, giuste o sbagliate che siano, possano definirsi censura. Certo è però che quella del “mercato” rischia di diventare una presenza sempre più invadente e oppressiva nell’editoria, che pur essendo anch’essa un’attività commerciale, produce “merci” di tipo particolare, che non possono essere ridotte al loro valore meramente economico. 

Progetti nell’immediato futuro?

Continuare a proporre libri che riteniamo significativi e in cui crediamo fortemente, e cercare di allargare sempre di più la nicchia dei lettori che seguono e apprezzano il nostro lavoro. 

In conclusione, vuoi aggiungere qualcosa?

Sì, questo… 

De Michelis si alza di scatto, allunga una mano e mi artiglia le guance con una forza insospettabile in un tipo così gracilino e con quell’aria intellettualoide. Nell’altra mano gli compare un coltellino a serramanico. La lama scintilla un istante, prima di infilarmisi a fondo in una narice.

– Mha coscia fahi… - riesco a biascicare - poi la lama mi squarcia la narice strappandomi un urlo lancinante.

– L’hai riconosciuta?

E’ una citazione da Chinatown di Polanski, un capolavoro del cinema noir.

E la prossima volta che intervisti qualcuno, porta più rispetto… - urla Jacopo riempiendomi la faccia di sputacchi di saliva rabbiosa.

Cado a terra come una pera insanguinata mentre lui scappa via.

Mentre le mie papille gustative si vampirizzano a furia di sangue, dico – Non... era... una... intervista... Terzo grad...

Prima di svenire dal dolore, penso - ma guarda tu... Che ingrato! Mi stava diventando pure un po’ simpatico: tutta quella storia sull’avanguardia noir...

E dire che volevo mostrargli il Moscibecco che mi regalò un tempo il mio compagno di sbronze Zio Billy Burroughs (riposi in pace) e che custodisco gelosamente in cantina. Tzè, Chinatown... tutti st’intellettuali con la mania del citazionismo postmoderno...