Fast Food Nation, apparentemente ineccepibile sul piano etico (lo sfruttamento della mano d’opera a basso costo proveniente dal Messico da impiegare nei mattatoi per la fabbricazione degli hamburger e lo scarso controllo sulle qualità igieniche del prodotto una volta finito…) ma sempre a un passo dal pericolo che pare essere il peccato originale di film così, quello cioè di non far altro che sfondare le “solite porte già aperte” mentre il problema pare essere non tanto più quello della denuncia quanto quello delle soluzioni (che il film Richard Linklater, autore dell’interessante A Scanner Darkly, si guarda bene dal proporre…).
Come film, perché di un film si tratta e non di un documentario come viene lasciato credere, è poca cosa, un po’ perché nonostante la storia sembri promettere bene, storia che ha inizio allorquando i vertici di una fantomatica multinazionale degli hamburger iniziano a preoccuparsi perché nel loro prodotto di punta, il Big One, iniziano a essere rinvenute tracce di coliformi fecali (m…da insomma…), si perde ben presto per strada (riguardo all’inquinamento della carne, ad esempio, volontaria trascuratezza o sabotaggio…?), un po’ per il tratteggio assolutamente trascurabile dei personaggi, il che consente in compenso a Bruce Willis di fare una figura magistrale dando vita, tra un boccone e l’altro (di un Big One, of course…) a un ultra cinico direttore della multinazionale stessa che paradossalmente sembra l’unico ad aver ragione, l’unico ad aver capito come vanno le cose in questa valle di lacrime.
Insomma, se l’America è un mondo a sé, se c’è un motivo per leggere “Se un americano mi chiede “Perché ci odiano” (la Repubblica del 26/07/07 a firma di Mohsin Hamid, scrittore pachistano e musulmano con una infanzia trascorsa negli iùesei…), se c’è una ragione per andare al cinema, se c’è una ragione per tutto questo, be’, allora è meglio scansare Fast food Nation e rivedersi Bubble.
A pensarci bene però alla fine Fast Food Nation qualcosa lo è: uno snuff movie con al centro degli animali; questo sì…
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