Occhi grandi e scuri, fronte spaziosa, mascella pronunciata e una voce inconfondibilmente pensosa, accompagnata da un sorriso gioioso e sempre attento all'altro che lasciava trasparire sempre la grande umanità che lo ha contraddistinto. Franco Cuomo, nato a Napoli il 22 aprile 1938, scrittore e drammaturgo di respiro europeo, si è spento lunedì 23 luglio a Roma.
Per volontà dello scrittore, il suo corpo sarà cremato. Cuomo ha ricevuto l'estrema unzione, come usavano fare i suoi amati templari prima dell'ultimo viaggio, quello incontro alla morte. Il grido di guerra dell'Ordine, 'Non per la mia gloria, Signore, ma per la tua', lo aveva affascinato fin da giovane, da quando il Gran Maestro della ricerca lo aveva baciato in bocca, come usavano fare i guerrieri che difesero Gerusalemme. Allora aveva avuto inizio una vicenda che lo avrebbe portato a indagare su quelle carte sepolte dal tempo fino all'ultimo respiro, quando ha lasciato nel cassetto tre racconti e soprattutto, completato ma inedito, l'ultimo romanzo della saga (dopo Gunther d'Amalfi e Il Codice Macbeth), dedicato al cavaliere Squinn de Floyran il templare che tradì. Di quella vicenda inquieta, Franco Cuomo soleva ripetere che quei cavalieri avevavo "costruito più strade che cattedrali, collegando il mondo e racchiudendolo in un unico grande mistero" che parla di Baphemot, la testa dell'enigma che dispensava cordicelle nella sacra cripta. Ma anche di fedeltà al cuore dell'uomo e al suo segreto nell'abitare il mondo.
D'altronde, come ebbe a dire lo stesso Cuomo nella sua ultima intervista, resa a Edoardo Cicchinelli e pubblicata su 'Agenzia Radicale' del 4 luglio scorso, "esistono due tipi di scrittori, quelli da attico e quelli da sotterraneo". Lui aveva il vizio di andare alle radici, alla storia profonda delle cose. Avvertiva l'esigenza di lasciarsi ogni tanto alle spalle il rassicurante medioevo dei paladini e delle armature lucenti per spingere la ricerca verso piu' inquietanti e crudeli misteri contemporanei. "Poiche' la barbarie non ha tempo - amava ricordare a più riprese - come non ne hanno i grandi enigmi di quel calendario di delitti che l'uomo chiama storia". Il 'suo' medioevo era "dovunque: non è un'epoca, non è un luogo, non è una metafora, ma uno spazio mentale, una condizione esistenziale dalla quale inoltrarsi nelle pieghe più indecifrate della storia. Oltre i limiti della ragione e del cuore". Per compagni di viaggio negli abissi dove nasce il tempo e il pensiero si era scelto i templari, i monaci guerrieri sempre alla ricerca di una luce. Nel capitolo dedicato ai Templari del suo libro Gli Ordini cavallereschi, Cuomo aveva scritto: "Con il rogo del 1314 i templari escono dalla storia ed entrano nella leggenda. La diaspora non interrompe il filo dell'avventura templare, per cui gli adepti sopravvivono segretamente, inserendosi negli altri ordini o mimetizzandosi nel filo dell'esoterismo più occulto".
Attingendo da antichi rituali massonici, ancor oggi in uso nelle alte camere kadosh, dove si segue la via iniziatica templare, Franco Cuomo nel suo ultimo romanzo inedito identifica nel cavaliere Squinn de Floyran il templare che tradì fornendo agli inquisitori di Filippo il Bello le informazioni che portarono alla rovina del Tempio. La ricerca, però, pone interrogativi sulle motivazioni di Squinn, che in qualche modo lo riscattano, anche se negli antichi testi è paragonato a Giuda, l'Iscariota che una notte da Getsemani vendette il Maestro per trenta sicli d'argento. L'inchiesta di Cuomo, al solito fondata in anni di studio intenso, mette in luce un fitto intrico di rapporti e di sordide vicende bancarie, che pongono in evidenza il degrado dell'Ordine del Tempio al ritorno dalla Terrasanta, la disillusione dei suoi cavalieri, coinvolti in operazioni finanziarie nelle quali si rasentava l'usura, e soprattutto un insieme di intrighi volti a recuperare ciò ch'era andato perduto del tesoro templare.
"Volevo arrivare a una rappresentazione del male, ma non fine a se stessa. E indicare che in fondo al buio c'è sempre una via d'uscita", diceva Cuomo all'Adnkronos il 25 febbraio scorso raccontando il suo nuovo romanzo Anime perdute. Notturno veneziano con messa e fantasmi d'amore (Baldini Castoldi Dalai editore). E' il racconto di uno scrittore di razza, che dopo Il tatuaggio (2001) dove in odio alla donna un tempo amata, un uomo si fa tatuare sotto la pianta del piede il ritratto di lei per poterla calpestare all'infinito, ci tiene ancora inchiodati alla pagina con una storia noir che cuce insieme il passato e il presente, gli errori di sempre e gli slanci che fanno nutrire una speranza di umana, troppo umana ricerca dell'alba dopo la notte oscura. Il romanzo indica però anche un altro aspetto della postmodernità: la paura.
Da qualche parte ora, in cielo o in terra, Franco Cuomo forse starà vedendo quel Graal che lo ha tenuto inchiodato allo studio per tutta la vita. Scortato nella marcia della verità dai suoi templari persi nell'infinito di mille battaglie che restano.
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