Alza le spalle. Tira avanti.
Ah. Poi Gabriella ride. Guarda ‘sta scena, è da morire!
Sì, dice. Si appoggia al bracciolo del divano. Le accarezza i capelli. Si china a baciarle il collo. Le sfiora una guancia col naso. Sono molto stanco.
Sì, dice Gabriella. Lui appoggia lo sguardo tra le pieghe della maglietta, la pelle olivastra che segna le curve del seno. Sente improvvisamente un odore strano, non familiare. Sarà qualcosa che ha mangiato, un odore che le è rimasto addosso, pensa senza pensarlo.
Sì, vado a letto, dice rialzandosi. Domani devo svegliarmi presto.
Come vuoi. Finisce ‘sto film e arrivo anch’io.
Davide torna in bagno, apre il rubinetto, si lava le mani, si sciacqua il viso, prende il dentifricio e lo spazzolino. Distende una piccola striscia di dentifricio sulle setole dello spazzolino; si lava i denti. Si sciacqua, mette via tutto. Si asciuga a lungo, si fissa ancora. Va in camera. Dice ad alta voce: Buonanotte, si mette sotto le coperte. Spegne la luce.
Il cellulare di Gabriella trilla. Davide muove un poco la testa. Arrivo!, esclama lei dal salotto. La sente sciabattare fino alla camera, accendere la luce e prendere il telefono dalla borsetta. Sorride. Chi cazzo è a quest’ora? fa lui.
Niente, un collega.
Ah. Davide si volta verso il muro. Digli di non rompere più i coglioni a quest’ora.
Sìsì, dice lei. Intanto si morde il labbro inferiore, e posa il cellulare sul comodino, poi ci ripensa, lo porta in salotto con sé.
Davide rimane a guardare il muro buio. Non vede molto più in là del suo naso, la luce del salotto arriva debole e sciancata fino alla loro camera. Rimane a fissare il muro. Cerca di tenere aperti gli occhi, ma li chiude, sfinito.
Quando percepisce dei movimenti accanto a lui apre gli occhi. Sa che è Gabriella. Non si dicono niente. Richiude gli occhi. Lei spegne la luce. Si distende, sospira, sistema le coperte. Passa un minuto, ne passano due. Poi si gira verso di lei, apre gli occhi. È buio, non si vede nulla. Sente che lei si muove, ha voltato la testa verso di lui. Amore, sei ancora sveglia?
Hm, borbotta lei. Respira forte dal naso.
Davide dice, Sai che Silvia, quella volta, non c’è stata con Enrico perché le piacevo io?
Gabriella non risponde.
E in tutti questi anni non lo sapevamo, e ne abbiamo pensate tante.
Ah sì?
Sì. E sai, la cosa più divertente, da un certo punto di vista, è che a me lei piaceva un sacco.
Gabriella non dice niente. Poi: E perché non c’hai combinato niente?
Be’, era la ragazza che piaceva a Enrico. Enrico era un mio amico. Il mio migliore amico. Cosa avrei potuto fare?
Ma avresti voluto.
Sì. Dieci anni fa, eh. Però era tanto una bella ragazza.
Gabriella non si muove. Poi si muove sul letto, accende la luce. Cosa mi vuoi dire, Davide?
Strabuzza gli occhi all’improvvisa luminosità. Che cazzo, dice. Cioè?
No, dico, è un caso che tu mi stia dicendo questo la stessa sera in cui sei uscito con una ragazza che – lo scopro solo oggi – sei andato vicino ad una storia?
Be’, ma anche io l’ho saputo oggi, eh, dice lui. E poi è successo dieci anni fa, cazzo, mica ieri.
Davide, non iniziare.
Lui scrolla la testa. Iniziare a fare cosa?
Gabriella scuote la testa. Incrocia le braccia e fissa il muro davanti a sé, l’incisione che hanno comprato a Berlino. Lo sai. Rimane zitta ancora, poi gira la testa e lo guarda. Cos’avete fatto?
Davide segue lo sguardo fino all’incisione. Chi?
Lo sai. Tu e Silvia.
Cos’abbiamo fatto? Stasera? Sorride. Amore, non abbiamo fatto niente. Abbiamo parlato un po’. Eravamo sull’argine, abbiamo p
Lei l’interrompe. Sull’argine? In macchina sull’argine? E mi vuoi dire che non avete fatto niente?
Ma sì, non abbiamo fatto niente, perché
Perché se penso a quello che abbiamo fatto noi sull’argine, capirai, mi viene un po’ da pensare.
Davide appoggia la testa sul cuscino, si porta la mano alla fronte. Sbuffa. Amore, ascolta, Silvia e io non abbiamo un... una relazione. Anzi, fino a stasera erano dieci anni che non ci vedevamo.
Ha la voce vestita di sarcasmo, Gabriella. E guardacaso lei se ne viene fuori con una frase così, no? Dal niente, no?
Gabri, onestamente non ti seguo. E non capisco che bisogno ci sia d’incazzarsi così, a quest’ora. Per una cosa da niente, poi.
Sì, come no. Gabriella si ridistende, allunga una mano verso la lampada; la spegne. Ne riparliamo domani. Lui allunga una mano. Lei gliela toglie svelta. Buonanotte, dice. Dura.
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